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venerdì 17 ottobre 2008

Un autunno caldo per i diritti per il lavoro e la democrazia

Un autunno caldo per i diritti per il lavoro e la democrazia

di Ugo Boghetta, Responsabile nazionale Lavoro Prc-Se

Lo sciopero generale del sindacalismo di base di oggi è un passaggio importante nella costruzione dell’opposizione al governo reazionario di Berlusconi. Ancora una volta il governo delle destre caratterizza il proprio operato con l’attacco sistematico al lavoro. È un governo di classe che della distruzione delle condizioni materiali e dei diritti il fondamento della sua azione. Nel mandato precedente c’era stato il libro bianco di Maroni, l’attacco all’articolo 18, la legge 30 che ha reso totale la precarietà e la condizione normale. Oggi da Sacconi a Brunetta, dalla Gelmini a Maroni che praticano sistematicamente un attacco articolato agli ultimi baluardi delle conquiste del mondo del lavoro. Per un verso la scuola diventa funzionale ad un’economia basata sul basso costo del lavoro ( e delle politiche di apartheid) dall’altra la riforma della contrattazione abbassa le difese del salario e dell’occupazione e procede verso l’obiettivo, attraverso la contrattazione in unità sempre più piccole, del rapporto individuale fra lavoratore e padrone.

Così è per l’ennesimo attacco al diritto di sciopero, alle modifiche del processo del lavoro in cui il giudice certifica solo la legittimità degli atti. Così come è in previsione un ulteriore aumento dell’età della pensione sia per uomini che per donne La crisi del neoliberismo speculativo e finanziario non solo ha bruciato i sudati risparmi ma sta avendo effetti pesanti: aumenta a dismisura la Cassa Integrazione. L’aumento dei prezzi incide sempre più sui bilanci delle famiglie che sono costrette ad indebitarsi a fronte di tassi sempre più alti. La precarietà pervade tutta la vita. L’aumento dell’orario di lavoro come necessita risposta alla diminuzione del salario trova una letale conseguenza negli incidenti del lavoro rispetto ai quali si stanno versando lacrime di coccodrillo poiché è evidente che queste non possono essere ridotte se non si eliminano le cause di fondo: l’esigibilità dei diritti sindacali, le più complessive condizioni di lavoro, nonché lo scaricare sui migranti i problemi dell’insicurezza.

Contemporaneamente l’attacco ai lavoratori prosegue con lo smantellamento dello stato sociale preparato dalle campagne di Brunetta sui "fannulloni", al fine di perseguire la privatizzazione di beni e servizi che dovrebbero essere pubblici. Operazione che verrà ulteriormente completata dal cosiddetto federalismo fiscale. E ciò proprio nel momento in cui fallisce clamorosamente e rumorosamente l’ideologia e la politica delle liberalizzazioni. Ormai non si contano più i singoli provvedimenti che vanno in questo senso: dai disabili alla cancellazione del diritto acquisito ad essere assunti di decina di migliaia di precari. È un progetto complessivo di società che vanno perseguendo, cui è necessario rispondere con la difesa del lavoro, del salario, dei diritti dentro e fuori il lavoro, per un modello produttivo di qualità basato sul lavoro, qualità dei prodotti, tutela ambientale. Se il lavoro diventa un accessorio del mercato e dell’impresa è necessario ricostruire, contro la frammentazione contrattuale e di sito produttivo, i legami sociali, l’essere comunità e il senso di appartenenza ad una classe contro il lavoratore atomo.

Passaggio ineliminabile è la sconfitta del sindacato "complice", collaborazionista. È importante in questo senso la tenuta della Cgil, sul tema del modello contrattuale, dalle pressioni che provengono da ogni dove (anche dal Pd). Ma è altresì necessario svoltare verso un modello sindacale democratico ed autonomo dal mercato, dalle logiche d’impresa e dai vari quadri politici. Senza una uscita in basso a sinistra sul piano sindacale e politico, non è praticabile la riconquista di salari e pensioni decenti, un orario che tuteli lavoro e ampli l’occupazione, la cancellazione della legge 30 e norme affini, la sicurezza sui luoghi di lavoro, uno stato sociale veramente tale. In fondo è la lotta che i lavoratori hanno da sempre ingaggiato per la democrazia e la difesa della Costituzione. È la lotta di classe che la Marcegaglia aveva decretato terminata dopo le elezioni del 13-14 aprile. Le lotte della scuola, le resistenze dei lavoratori Alitalia, gli scioperi per il rinnovo dei contratti, le lotte contro le discariche abusive del governo, la manifestazione dell’11 ottobre, lo sciopero generale di oggi, lo giornata contro la Gelmini del 30, la manifestazione europea indetta contro la direttiva dell’orario di lavoro dimostrano che la lotta di classe è ancora viva.

Ora serve lo sciopero generale come passo ulteriore e necessario ad unificare tutti i lavoratori, per far fallire la trattava sul modello contrattuale e imporre un diverso programma incentrato sugli interessi dei lavoratori. Marcegaglia e Berlusconi, siamo ancora qua!

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