(ASCA) - Roma, 14 apr - ''Il reale numero di precari dell'INGV e' 231. Per 'precari' intendiamo quei ricercatori che avevano i requisiti richiesti dalle leggi finanziarie 2007 e 2008 per essere considerati 'stabilizzandi'. Gli 'stabilizzandi', secondo la circolare Nicolais n. 5 dell'aprile 2008 , dovrebbero essere mandati via il 31 dicembre 2009 se non sono stati assunti sulla base della copertura finanziaria e della disponibilita' della pianta organica, previa autorizzazione della Funzione Pubblica''. Lo dichiara in una nota il presidente dell'Istituto, Enzo Boschi, precisando relativamente ad alcune notizie stampa. ''L'intervento successivo del Ministro Brunetta (atto Senato n. 1167) - prosegue - migliorerebbe la situazione: innanzi tutto consentirebbe di accelerare le procedure concorsuali riservate garantendo agli aventi diritto la possibilita' di estendere i contratti fino all'assunzione. Inoltre garantirebbe agli aventi diritto la riserva dei posti del 40% per il triennio 2009 - 2011. L'INGV e' un ente ''virtuoso'' : spende solo il 65% del suo budget ordinario per stipendi e quindi rispetta una delle due condizioni attualmente richieste per le nuove assunzioni. Purtroppo la sua pianta organica, gia' molto povera, e' gia' piena. L'eta' media dei dipendenti INGV e' molto bassa (sotto i 40 anni) e quindi solo pochissimi posti si libereranno nei prossimi anni. Pertanto e' necessario un semplice ampliamento della pianta organica per risolvere il problema. In questa direzione da parte del Governo c'e' un impegno formale, preso in Senato durante la discussione della conversione in legge del cosidetto Decreto Milleproroghe. Inoltre - conclude Boschi - abbiamo ricevuto un forte sostegno finanziario dal Ministro della Ricerca Mariastella Gelmini''.
LA PETIZIONE DA FIRMARE
martedì 14 aprile 2009
ISTITUTO NAZIONALE GEOFISICA: BOSCHI, I PRECARI SONO 231
(ASCA) - Roma, 14 apr - ''Il reale numero di precari dell'INGV e' 231. Per 'precari' intendiamo quei ricercatori che avevano i requisiti richiesti dalle leggi finanziarie 2007 e 2008 per essere considerati 'stabilizzandi'. Gli 'stabilizzandi', secondo la circolare Nicolais n. 5 dell'aprile 2008 , dovrebbero essere mandati via il 31 dicembre 2009 se non sono stati assunti sulla base della copertura finanziaria e della disponibilita' della pianta organica, previa autorizzazione della Funzione Pubblica''. Lo dichiara in una nota il presidente dell'Istituto, Enzo Boschi, precisando relativamente ad alcune notizie stampa. ''L'intervento successivo del Ministro Brunetta (atto Senato n. 1167) - prosegue - migliorerebbe la situazione: innanzi tutto consentirebbe di accelerare le procedure concorsuali riservate garantendo agli aventi diritto la possibilita' di estendere i contratti fino all'assunzione. Inoltre garantirebbe agli aventi diritto la riserva dei posti del 40% per il triennio 2009 - 2011. L'INGV e' un ente ''virtuoso'' : spende solo il 65% del suo budget ordinario per stipendi e quindi rispetta una delle due condizioni attualmente richieste per le nuove assunzioni. Purtroppo la sua pianta organica, gia' molto povera, e' gia' piena. L'eta' media dei dipendenti INGV e' molto bassa (sotto i 40 anni) e quindi solo pochissimi posti si libereranno nei prossimi anni. Pertanto e' necessario un semplice ampliamento della pianta organica per risolvere il problema. In questa direzione da parte del Governo c'e' un impegno formale, preso in Senato durante la discussione della conversione in legge del cosidetto Decreto Milleproroghe. Inoltre - conclude Boschi - abbiamo ricevuto un forte sostegno finanziario dal Ministro della Ricerca Mariastella Gelmini''.
UN SEGNALE DI FIDUCIA
A partire dall’ultimo decennio, forse anche da prima, nei paesi cosiddetti avanzati, compreso il nostro, si va registrando una crescita demografica a saldo zero, se non addirittura negativo, originata soprattutto dal diffuso fenomeno della denatalità. Ciò, nonostante le imponenti masse di immigrazione da aree tutt’altro che avanzate, diciamo “giovani”. La scarsità di cicogne viene messa in relazione con problematiche diverse, ma sostanzialmente fondate: penuria di case, lavori precari, stipendi insufficienti, esplosione dei prezzi, incertezza nel futuro. Sennonché, pur spettatore consapevole di siffatti scenari globali, mi è appena capitato di cogliere uno spunto - non importa se, forse, occasionale e isolato - che sembra suonare note meno pessimistiche, come una sorta di incoraggiamento. Qualche giorno addietro, passeggiando per il centro cittadino a tramonto incipiente, in un brevissimo tratto di strada, si o no una ventina di metri, mi sono difatti imbattuto, in sequenza, in ben quattro giovani donne in evidente stato di gravidanza, tre delle quali verosimilmente alla prima maternità, la restante già accompagnata da una bimbetta. Non c’è che dire, personalmente ho interpretato tali incontri alla stregua di auspici favorevoli per il tempo a venire, dal momento che, bisogna riconoscerlo, alla decisione di mettere al mondo un figlio, concorrono, indubbiamente, anche sentimenti di fiducia. Ed è stato bello il particolare che, mentre ero intento a gustare i quadretti di tali incontri, nutriti stormi di rondini volteggiavano sul mio capo all’altezza dei tetti del magico centro storico di Lecce, dando l’impressione, con i loro festosi garriti, di giocare e divertirsi.
Terremoto /Abruzzo: l'ISPRA manda geologi, geofisici, topografi e cartografi
L'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, struttura operativa del Servizio Nazionale della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito dell'evento sismico che ha colpito l'Abruzzo, è stato chiamato a svolgere attività emergenziali e post emergenziali.
In particolare, il Dipartimento Difesa del Suolo ha coinvolto geologi, geofisici, topografi e specialisti di cartografia; il Servizio Interdipartimentale Emergenze è stato incaricato di assicurare il coordinamento di tutte le attività connesse a questa emergenza e tra le differenti strutture interne dell'ISPRA, in raccordo con il MATTM, per l'individuazione delle attività e delle risorse umane, logistiche, operative e strumentali da mettere a disposizione in questa prima fase di emergenza.
In raccordo con il Ministero dell'Ambiente è stata Istituita presso la sede dell'Ispra un'apposita Sala Emergenza quale punto di contatto dell'Istituto per assicurare il flusso delle comunicazione durante la fase dell'emergenza.
Al momento sono attivi sul territorio interessato dal sisma 9 unità di personale, suddivise in 4 squadre.
Già nel primo pomeriggio del 6, una squadra di personale geofisico si è recata in Abruzzo per l'esecuzione di misure sulle stazioni della rete di monitoraggio GPS nell'area limitrofa all'epicentro del sisma (settore SE).
I sopralluoghi sono effettuati in collaborazione con il Servizio Sismico e l'INGV.
Successivamente altre tre squadre di esperti, sono partite da Roma alla volta de l'Aquila per eseguire rilievi degli effetti geologici e ambientali del terremoto quali: frane, fratture, crolli di materiali, variazioni portata sorgenti, sia nell'area epicentrale che nella porzione di territorio a Nord Ovest de L'Aquila, dove sono in corso studi sulla pericolosità dell'area per frana.
I sopralluoghi sono svolti in coordinamento con il Servizio Sismico e Dipartimento di Protezione Civile.
Le verifiche nell'area di Onna, particolarmente colpita dal punto di vista dell'edificato, hanno evidenziato una modesta quantità di effetti geologici, limitati a frane di crollo, fratture del manto stradale, danneggiamento degli argini del fiume Aterno nei pressi del ponte lesionato tra Onna e Fossa.
Anche nell'area di Barete e Pizzoli, a Nord Ovest dell'Aquila, gli effetti sul territorio sembrano, stando alle prime valutazioni, di modesta entità.
Le osservazioni sugli effetti ambientali, di carattere preliminario, confermano gli esperti, in questa fase risultano in linea con quelli attesi in relazione all'entità del sisma.
Ulteriori sopralluoghi, richiesti direttamente dalla Protezione Civile alle squadre sul posto, sono in corso di svolgimento nell'area delle Gole di San Venanzio, dove un crollo di massi ha interrotto la SS5 Tiburtina Valeria.
E 400 sismologi rischiano il posto per colpa del decreto del ministro Brunetta
La denuncia dei precari dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Nel clima di tragedia e di "terremoto continuo", che colpisce l'Abruzzo e le regioni confinanti, suscita allarme (e anche indignazione) la notizia che - per effetto del decreto Brunetta contro l'assunzione dei precari - quelli che studiano vulcani e terremoti (e accorrono sui luoghi del sisma, com'è accaduto anche all'Aquila per monitorare l'evolversi delle scosse) rischiano il licenziamento in tronco.
A nulla è servita, finora, la lettera inviata dal governo dal professor Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Speriamo che quanto è accaduto in Abruzzo induca il ministro Brunetta (e il governo di cui fa parte) a un ripensamento.
La notizia appare ora sul sito dell'Osservatorio vesuviano, che vi riportiamo integralmente: "Il monitoraggio dei vulcani attivi del sud Italia viene messo a rischio a causa di una proposta di decreto legge che prevede il licenziamento del personale precario entro 120 giorni dalla sua entrata in vigore.
Questa proposta di legge continua il testo - che mira ad eliminare il lavoro precario presso tutte le pubbliche amministrazioni, coinvolgerebbe anche il personale in forza a tutti gli enti di ricerca.
L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e la sua sezione di Napoli, "Osservatorio Vesuviano" sarebbero duramente colpiti in quanto circa la metà del personale ha un contratto di natura precaria.
Il Vesuvio, i Campi Flegrei e Stromboli abbandonati senza monitoraggio
L'Osservatorio Vesuviano, oltre alle attività di ricerca in campo geofisico e vulcanologico, svolge attività di sorveglianza H24 sui vulcani attivi ad elevato rischio quali Vesuvio, Campi Flegrei e Stromboli.
A tale scopo sviluppa e gestisce una fitta rete di strumenti per la rilevazione di terremoti, deformazioni del suolo, variazioni termiche e di composizione dei fluidi. I dati registrati da queste reti sono di fondamentale importanza per definire lo stato di pericolosità dei vulcani ai fini della protezione delle popolazioni a rischio.
Personale con contratto a tempo determinato
La gran parte delle attività di monitoraggio, sorveglianza e manutenzione delle reti viene attualmente garantita da personale con contratto a tempo determinato, i cosiddetti precari. Senza il contributo di questi, tali attività verrebbero seriamente compromesse con conseguenze facilmente immaginabili sulla sicurezza dei cittadini in caso di crisi eruttive.
Il ricorso al personale a tempo determinato è stato necessario vista l'impossibilità di assumere nuove unità. Nel frattempo i precari hanno assunto un ruolo fondamentale per i fini istituzionali dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia contribuendo alla crescita scientifica e tecnologica dell'ente. Con questo decreto si cancellerebbero istantaneamente centinaia di professionalità che lavorano tutti i giorni, a volte in emergenza, senza orari di lavoro definiti e spesso in condizioni di pericolo.
Una domanda inquietante
In un Paese particolarmente esposto alle catastrofi naturali la perdita di questo personale qualificato, o peggio la loro necessaria fuga verso l'estero, è a tutti gli effetti la perdita di una inestimabile ricchezza sia in termini economici che di conoscenze ed esperienze acquisite. Cosa accadrebbe, quindi, se tutto il personale precario dell'Istituto venisse licenziato?".
E' una domanda davvero inquietante.
Nel clima di tragedia e di "terremoto continuo", che colpisce l'Abruzzo e le regioni confinanti, suscita allarme (e anche indignazione) la notizia che - per effetto del decreto Brunetta contro l'assunzione dei precari - quelli che studiano vulcani e terremoti (e accorrono sui luoghi del sisma, com'è accaduto anche all'Aquila per monitorare l'evolversi delle scosse) rischiano il licenziamento in tronco.
A nulla è servita, finora, la lettera inviata dal governo dal professor Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Speriamo che quanto è accaduto in Abruzzo induca il ministro Brunetta (e il governo di cui fa parte) a un ripensamento.
La notizia appare ora sul sito dell'Osservatorio vesuviano, che vi riportiamo integralmente: "Il monitoraggio dei vulcani attivi del sud Italia viene messo a rischio a causa di una proposta di decreto legge che prevede il licenziamento del personale precario entro 120 giorni dalla sua entrata in vigore.
Questa proposta di legge continua il testo - che mira ad eliminare il lavoro precario presso tutte le pubbliche amministrazioni, coinvolgerebbe anche il personale in forza a tutti gli enti di ricerca.
L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e la sua sezione di Napoli, "Osservatorio Vesuviano" sarebbero duramente colpiti in quanto circa la metà del personale ha un contratto di natura precaria.
Il Vesuvio, i Campi Flegrei e Stromboli abbandonati senza monitoraggio
L'Osservatorio Vesuviano, oltre alle attività di ricerca in campo geofisico e vulcanologico, svolge attività di sorveglianza H24 sui vulcani attivi ad elevato rischio quali Vesuvio, Campi Flegrei e Stromboli.
A tale scopo sviluppa e gestisce una fitta rete di strumenti per la rilevazione di terremoti, deformazioni del suolo, variazioni termiche e di composizione dei fluidi. I dati registrati da queste reti sono di fondamentale importanza per definire lo stato di pericolosità dei vulcani ai fini della protezione delle popolazioni a rischio.
Personale con contratto a tempo determinato
La gran parte delle attività di monitoraggio, sorveglianza e manutenzione delle reti viene attualmente garantita da personale con contratto a tempo determinato, i cosiddetti precari. Senza il contributo di questi, tali attività verrebbero seriamente compromesse con conseguenze facilmente immaginabili sulla sicurezza dei cittadini in caso di crisi eruttive.
Il ricorso al personale a tempo determinato è stato necessario vista l'impossibilità di assumere nuove unità. Nel frattempo i precari hanno assunto un ruolo fondamentale per i fini istituzionali dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia contribuendo alla crescita scientifica e tecnologica dell'ente. Con questo decreto si cancellerebbero istantaneamente centinaia di professionalità che lavorano tutti i giorni, a volte in emergenza, senza orari di lavoro definiti e spesso in condizioni di pericolo.
Una domanda inquietante
In un Paese particolarmente esposto alle catastrofi naturali la perdita di questo personale qualificato, o peggio la loro necessaria fuga verso l'estero, è a tutti gli effetti la perdita di una inestimabile ricchezza sia in termini economici che di conoscenze ed esperienze acquisite. Cosa accadrebbe, quindi, se tutto il personale precario dell'Istituto venisse licenziato?".
E' una domanda davvero inquietante.
Precari dell'Istituto di geofisica, a rischio il posto di lavoro
Quelli che possono restare a casa sono circa 180, altri 224 si salvano in quanto «stabilizzandi»
ROMA - Circa 400 lavoratori e ricercatori dell'Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) non hanno un contratto a tempo indeterminato e molti di loro rischiano di perdere il posto di lavoro per effetto della legge Brunetta sulla Pubblica amministrazione, nonostante molti siano stati «precettati» per il terremoto in Abruzzo. Si tratta di circa il 40% dei dipendenti dell'Ingv. Ben il 40% dunque verrebbe spazzato via se il decreto passasse.
POSTI A RISCHIO - Quelli che rischiano veramente il posto sono circa 180 persone, in quanto dei 284 dipendenti con un contratto a tempo determinato, 224 sono «stabilizzandi», ovvero praticamente assunti avendo acquisito con oltre tre anni di contratto a tempo determinato il diritto all'assunzione in base alle precedenti Finanziarie. Quindi di questi sono 60 i non stabilizzandi, ossia che potevano almeno contare sul rinnovo del contratto ma che con la nuova legge non ne avrebbero più diritto. A questi vanno aggiunte 60 persone con assegni di ricerca e altre 60 tra borsisti e dottorandi. Tra i precari vi sono ricercatori, tecnologi, collaboratori tecnici e addetti ai servizi amministrativi e di supporto. La maggior parte non solo rischia di non vedere rinnovato il contratto, ma ha un'anzianità molto alta. Una situazione già più volte denunciata dai sindacati della ricerca e dallo stesso direttore dell'Invg, Enzo Boschi, che il 1° ottobre scorso aveva inviato una lettera al governo per richiamare l'attenzione sulla questione.
ALLERTATI - Appena è scattato l'allarme all'Aquila i sismologi dell'Ingv sono stati subito coinvolti: c'è chi è partito immediatamente dopo la scossa delle 3,32 del 6 aprile per installare la rete di monitoraggio, e chi ha lavorato in sede. Ora sono tutti a disposizione, anche oltre l'orario di lavoro per fronteggiare l'emergenza. L'Ingv esegue infatti il monitoraggio sismico e vulcanico dell'Italia 24 ore su 24 e per 365 giorni all'anno e fornisce alla Protezione civile servizi e consulenza.
CONTRIBUTO - «Da tempo abbiamo messo in luce la necessità di procedere alla stabilizzazione dei precari», ha detto il segretario generale della Flc Cgil, Domenico Pantaleo. «La situazione è curiosa, perché si tratta di lavoratori che, come hanno dimostrato anche con il terremoto in Abruzzo, possono dare un contributo importante. Sono stati i primi che si sono mossi per raggiungere le aeree colpite. Il punto è capire se questi ricercatori servono o meno. Riteniamo sbagliato e ipocrita licenziare questi lavoratori». Sulla stessa linea il segretario nazionale della Uilpa-Ur, Alberto Civica: «La rete sismologica viene garantita soprattutto grazie ai precari, perché l'Ingv è un ente che ha organici molto ridotti. La Protezione civile dà i soldi con il contagocce, il bilancio non è mai consolidato per cui non possono fare assunzioni, non possono aumentare gli organici, e il controllo sismico sta tutto in mano ai precari». Per il segretario confederale della Cisl, Claudio Santini, il terremoto in Abruzzo non fa che «rafforzare la necessità di battersi per la stabilizzazione di questi lavoratori».
POSTI A RISCHIO - Quelli che rischiano veramente il posto sono circa 180 persone, in quanto dei 284 dipendenti con un contratto a tempo determinato, 224 sono «stabilizzandi», ovvero praticamente assunti avendo acquisito con oltre tre anni di contratto a tempo determinato il diritto all'assunzione in base alle precedenti Finanziarie. Quindi di questi sono 60 i non stabilizzandi, ossia che potevano almeno contare sul rinnovo del contratto ma che con la nuova legge non ne avrebbero più diritto. A questi vanno aggiunte 60 persone con assegni di ricerca e altre 60 tra borsisti e dottorandi. Tra i precari vi sono ricercatori, tecnologi, collaboratori tecnici e addetti ai servizi amministrativi e di supporto. La maggior parte non solo rischia di non vedere rinnovato il contratto, ma ha un'anzianità molto alta. Una situazione già più volte denunciata dai sindacati della ricerca e dallo stesso direttore dell'Invg, Enzo Boschi, che il 1° ottobre scorso aveva inviato una lettera al governo per richiamare l'attenzione sulla questione.
ALLERTATI - Appena è scattato l'allarme all'Aquila i sismologi dell'Ingv sono stati subito coinvolti: c'è chi è partito immediatamente dopo la scossa delle 3,32 del 6 aprile per installare la rete di monitoraggio, e chi ha lavorato in sede. Ora sono tutti a disposizione, anche oltre l'orario di lavoro per fronteggiare l'emergenza. L'Ingv esegue infatti il monitoraggio sismico e vulcanico dell'Italia 24 ore su 24 e per 365 giorni all'anno e fornisce alla Protezione civile servizi e consulenza.
CONTRIBUTO - «Da tempo abbiamo messo in luce la necessità di procedere alla stabilizzazione dei precari», ha detto il segretario generale della Flc Cgil, Domenico Pantaleo. «La situazione è curiosa, perché si tratta di lavoratori che, come hanno dimostrato anche con il terremoto in Abruzzo, possono dare un contributo importante. Sono stati i primi che si sono mossi per raggiungere le aeree colpite. Il punto è capire se questi ricercatori servono o meno. Riteniamo sbagliato e ipocrita licenziare questi lavoratori». Sulla stessa linea il segretario nazionale della Uilpa-Ur, Alberto Civica: «La rete sismologica viene garantita soprattutto grazie ai precari, perché l'Ingv è un ente che ha organici molto ridotti. La Protezione civile dà i soldi con il contagocce, il bilancio non è mai consolidato per cui non possono fare assunzioni, non possono aumentare gli organici, e il controllo sismico sta tutto in mano ai precari». Per il segretario confederale della Cisl, Claudio Santini, il terremoto in Abruzzo non fa che «rafforzare la necessità di battersi per la stabilizzazione di questi lavoratori».
Pubblica amministrazione, oltre 33 mila precari
ROMA - "Il personale con contratto di lavoro flessibile e in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente per la regolarizzazione è pari a 15.282 unità, mentre per la Regione Sicilia è pari a 17.986 unità". E' quanto emerge dai dati che il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, ha trasmesso al presidente della Repubblica, ai presidenti delle Camere, al presidente del Consiglio e a tutti i ministri nonché ai presidenti delle Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro di Camera e Senato la Relazione al Parlamento contenente i dati del monitoraggio dei contratti di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni, il cui executive summary è sul sito del ministero (www.innovazionepa.it).
Il monitoraggio deciso da Brunetta ha consentito per la prima volta di analizzare il fenomeno del cosiddetto "precariato" nelle PA sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. La rilevazione è stata effettuata tramite invio on line di un dettagliato questionario a tutte le Pubbliche Amministrazioni e ha avuto una durata di tre settimane.
In conseguenza degli invii fatti, "si può affermare che i dati rappresentino un censimento superiore al 90% della totalità del personale con i requisiti per la regolarizzazione".
Il dato che emerge è che "delle 3.892 amministrazioni che hanno partecipato alla rilevazione (delle quali solo 1.241 hanno dichiarato di avere personale regolarizzabile), le percentuali più significative sono quelle delle Regioni e degli enti pubblici compresi gli enti di ricerca (100%), seguiti dalle aziende sanitarie e ospedaliere (87,3% dei casi) e dalle amministrazioni provinciali (83%). La percentuali di Comuni è pari al 39%.
Il maggior numero di unità di personale in possesso dei requisiti per la regolarizzazione è dipendente delle aziende sanitarie e ospedaliere. La Regione che ha il maggior numero di unità di personale con requisiti per la regolarizzazione nel comparto Sanità è la Puglia, seguita da Sicilia, Campania, Calabria e Marche. Tutte le amministrazioni hanno già provveduto negli anni scorsi a effettuare procedure di regolarizzazione (oltre 2.300 unità in Sicilia e circa 27.000 nel resto del Paese).
L'analisi dei dati consente alcune considerazioni di carattere generale. Il fenomeno del personale con contratto flessibile e in possesso dei requisiti per la regolarizzazione risulta maggiormente concentrato nel Mezzogiorno (72%), fatta eccezione naturalmente per gli Enti di ricerca che hanno sedi nazionali. Il dato è fortemente influenzato dalla Sicilia (che da sola dichiara oltre il 50% del personale regolarizzabile), dove interessa prevalentemente il comparto della sanità e i Comuni di medie dimensioni.
Dall'analisi dei dati emerge che nella grande maggioranza dei casi le amministrazioni con personale regolarizzabile hanno posti in pianta organica e risorse economiche sufficienti ma si devono misurare con complessi strumenti attuativi. Nel 12% dei casi (dati nazionali) le amministrazioni non hanno intenzione di assumere a tempo indeterminato personale che pure possiede i requisiti. Nel complesso il problema risulta pertanto assolutamente nei limiti fisiologici (fatte alcune eccezioni, in particolare quella dei Comuni siciliani). Il personale con requisiti previsti dalle leggi vigenti è mediamente inferiore al 2% degli organici per oltre il 95% della amministrazioni e comunque inferiore al 5% degli organici, anche considerando i contratti di limitata anzianità e collaborazioni.
Il monitoraggio deciso da Brunetta ha consentito per la prima volta di analizzare il fenomeno del cosiddetto "precariato" nelle PA sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. La rilevazione è stata effettuata tramite invio on line di un dettagliato questionario a tutte le Pubbliche Amministrazioni e ha avuto una durata di tre settimane.
In conseguenza degli invii fatti, "si può affermare che i dati rappresentino un censimento superiore al 90% della totalità del personale con i requisiti per la regolarizzazione".
Il dato che emerge è che "delle 3.892 amministrazioni che hanno partecipato alla rilevazione (delle quali solo 1.241 hanno dichiarato di avere personale regolarizzabile), le percentuali più significative sono quelle delle Regioni e degli enti pubblici compresi gli enti di ricerca (100%), seguiti dalle aziende sanitarie e ospedaliere (87,3% dei casi) e dalle amministrazioni provinciali (83%). La percentuali di Comuni è pari al 39%.
Il maggior numero di unità di personale in possesso dei requisiti per la regolarizzazione è dipendente delle aziende sanitarie e ospedaliere. La Regione che ha il maggior numero di unità di personale con requisiti per la regolarizzazione nel comparto Sanità è la Puglia, seguita da Sicilia, Campania, Calabria e Marche. Tutte le amministrazioni hanno già provveduto negli anni scorsi a effettuare procedure di regolarizzazione (oltre 2.300 unità in Sicilia e circa 27.000 nel resto del Paese).
L'analisi dei dati consente alcune considerazioni di carattere generale. Il fenomeno del personale con contratto flessibile e in possesso dei requisiti per la regolarizzazione risulta maggiormente concentrato nel Mezzogiorno (72%), fatta eccezione naturalmente per gli Enti di ricerca che hanno sedi nazionali. Il dato è fortemente influenzato dalla Sicilia (che da sola dichiara oltre il 50% del personale regolarizzabile), dove interessa prevalentemente il comparto della sanità e i Comuni di medie dimensioni.
Dall'analisi dei dati emerge che nella grande maggioranza dei casi le amministrazioni con personale regolarizzabile hanno posti in pianta organica e risorse economiche sufficienti ma si devono misurare con complessi strumenti attuativi. Nel 12% dei casi (dati nazionali) le amministrazioni non hanno intenzione di assumere a tempo indeterminato personale che pure possiede i requisiti. Nel complesso il problema risulta pertanto assolutamente nei limiti fisiologici (fatte alcune eccezioni, in particolare quella dei Comuni siciliani). Il personale con requisiti previsti dalle leggi vigenti è mediamente inferiore al 2% degli organici per oltre il 95% della amministrazioni e comunque inferiore al 5% degli organici, anche considerando i contratti di limitata anzianità e collaborazioni.
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