Il blocco, rilevano i ricercatori, colpirebbe “personale che nella stragrande maggioranza dei casi ha altissima qualificazione e che con il proprio lavoro permette agli enti pubblici di ricerca di mantenere livelli di eccellenza in molti ambiti”. Chiedono quindi di “non disperdere un preziosissimo patrimonio italiano”. L'alternativa, si legge nella lettera, è andare a lavorare all'estero, alimentando la fuga dei cervelli, o “gettare l'esperienza fin qui maturata” e “reinventare una professionalità in altro ambito”. I precari rilevano quindi che “se è vero che la sfida moderna dell'economia è nello sviluppo della ricerca e della conoscenza, un'azione di questo genere determinerebbe uno svantaggio forse incolmabile rispetto agli altri Paesi industrializzati”.