Poco fa abbiamo incontrato il sottosegretario qui sotto a Curtatone. C'era un piccolo gruppetto di precari e non (10-15 persone). Il sottosegretario è stato molto disponibile. A parte le parole di comprensione e di solidarietà, abbiamo registrato che sulla questione c'è chiusura completa. Ha detto che ci sono problemi con il tesoro e funzione pubblica e quindi nienteda fare. Dopo quache minuto è sceso pure La Porta che ha detto (novità!) che c'è una nota del tesoro che dice che non possono fare niente. Inoltre ha detto che i commissari sono sub judicio perchè hanno sforato il tetto del 35% di 400.000 euro. Ha detto inoltre che ci saranno altri posti con il turn over appena passa la norma per quelli con 40 anni di contributi. Il sottosegretario non ha preso nessun impegno. Per quanto riguarda le emergenze immediate (segreterie, personale, etc.) pensano di fare delle selezioni per cococo (?), ma questo significa almeno 3 o 4 mesi di fermo per espletare le procedure presite dal reg. ispra. Sperano molto nel concorso perchè questo gli darà la possibilità di avere oltre ai vincitori anche le graduatorie di idonei da cui attingere in futuro. Ho chiesto espressamente al sottosegretario di sostenere le richieste dei precari e soprattutto che per l'ispra venga fatto uno sforzo straordinario visto che è un ente nuovo e che deve decollare. Del resto l'innovazione e i giovani sono anche nelle politiche del governo.... Nessuna risposta. Insomma grande comprensione ma niente impegni. Solo una blanda promessa a incontrarci e a parlarci, ma molto blanda
LA PETIZIONE DA FIRMARE
mercoledì 8 luglio 2009
POL - Ispra, interrogazioni bipartisan su allontanamento precari
Roma, 7 lug (Velino) - Continua la mobilitazione dei precari dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), dopo l’allontanamento dall’Istituto, il 30 giugno scorso, di 200 lavoratori precari. Sulla decisione della struttura commissariale e i problemi del precariato in Ispra sono state presentate anche due interrogazioni parlamentari: l’interesse politico è bipartisan, visto che sono arrivate sia dal Pdl che dal Pd. Il centrodestra, in particolare, in un’interrogazione a risposta in Commissione lavoro, che ha come prima firmataria la deputata Beatrice Lorenzin, chiede al Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e a quello della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, di occuparsi degli oltre 400 precari (200 già a casa e gli altri in scadenza entro fine anno) dell’Ispra, nata l’estate scorsa dalla fusione di tre enti preesistenti (Apat, Icram e Infs). In particolare, gli esponenti del Pdl sottolineano come siano in servizio nell’Istituto “circa 140 lavoratori a tempo determinato,” quasi tutti vincitori di concorso, che nonostante questo loro status, più volte indicato dallo stesso ministro Brunetta come condizione primaria per lavorare nella Pubblica Amministrazione, sono in procinto di essere licenziati - affermano in una nota i precari dell'Ispra.
Il paradosso - sottolineano ancora in una nota i precari dell'ispra - è che per avere un contratto a tempo indeterminato, come ricorda la Lorenzin, questi lavoratori dovrebbero vincere un altro concorso già indetto da Ispra, nonostante l’articolo 24 del CCNL degli enti di ricerca (già applicato in altri enti) consentirebbe l’assunzione definitiva semplicemente trasformando il loro contratto. In questo modo, i concorsi, con opportune riserve di posti, potrebbero diventare uno strumento per riportare nell’istituto i 200 co.co.co. licenziati il 30 giugno, dopo un servizio nell’Istituto che in molti casi ha superato i dieci anni. Oggi, i sindacati confederali dell’Ispra, Cgil-Cisl-Uil, hanno inviato una lettera unitaria per chiedere un incontro urgente al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al Ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, proprio per affrontare la questione dei precari. In particolare, le organizzazioni sindacali ricordano il mancato intervento a favore dei co.co.co., poi allontanati, nel decreto legge “Anticrisi” del 26 giugno, in cui era stato annunciato un provvedimento ad hoc per tenerli in servizio, e chiedono al governo di “intervenire sulla questione con uno specifico emendamento, come già accaduto lo scorso anno e ancora prima nelle ultime finanziarie, in sede di conversione in legge del “decreto Anticrisi”, ovvero autorizzare una soluzione amministrativa che consenta a Ispra di richiamare in servizio il personale in questione”. Intanto, non si fermano le azioni dei lavoratori, che ieri sono stati invitati alla festa del Partito democratico e hanno proiettato il loro cortometraggio autoprodotto “Non sparate alla ricerca”, partecipando poi a un dibattito col pubblico. Nell’occasione, è proseguita la raccolta di firme (ormai sono tremila) da consegnare al Ministro Prestigiacomo, insieme ad una lettera dove le si chiede di intervenire a favore dei precari. Oggi pomeriggio, una delegazione dei precari Ispra ha poi incontrato l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, anch’egli interessato alle ripercussioni del licenziamento dei ricercatori sul tessuto produttivo della capitale.
"Basta precari, buon lavoro per tutti"
L'Enciclica sociale di Benedetto XVI, spietata analisi della globalizzazione e della crisi della nostra società
No al precariato che, ormai endemico, ostacola i normali percorsi di vita, no alla delocalizzazione che porta allo sfruttamento, no all’abbassamento delle tutele di fronte ad un sindacato indebolito. Mai un Papa era entrato così in profondità nelle dinamiche economiche. L’enciclica «Caritas in veritate», nell’unanime approvazione di partiti e associazioni, stabilisce che Stato e mercato debbono convivere, il profitto non è peccato (ma basta con le disuguaglianze), la crisi finanziaria spinge verso un’autorità mondiale (l’Onu è inadeguata), l’impresa ha grandi responsabilità sociali, il lavoro decente è un diritto (no al precariato). Benedetto XVI sviscera la globalizzazione e proclama che gli immigrati non sono merce ma hanno pieni diritti, la finanza senza Dio causa povertà, l’etica deve vigilare sugli aiuti al Terzo Mondo per ridistribuire ricchezza, la pianificazione eugenetica minaccia l’umanità e l’ateismo ostacola lo sviluppo. «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende d’intromettersi nella politica, però ha una missione di verità per una società a misura della dignità umana», precisa il Pontefice. Insomma, un sistema a tre soggetti (mercato, Stato, società) per una «civilizzazione dell’economia».
No alla giungla
Non va abbassato, dunque, il livello di tutela dei lavoratori. «L’estromissione dal lavoro per lungo tempo oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale», ricorda il Pontefice teologo. Servono una «governance» della finanza globale alla luce della crisi e un’autorità planetaria per impedire che il terrorismo fondamentalista freni lo sviluppo dei popoli. Il Papa è preoccupato dalla diffusione dell’aborto e dell’eutanasia in un’epoca in cui la corruzione mette a rischio la democrazia e il cristianesimo è indispensabile per il progresso. La Chiesa approva l’economia di mercato, che però non deve diventare la giungla del più forte. Dopo il crac Madoff, Benedetto XVI condanna gli «strumenti sofisticati usati per tradire i risparmiatori», lo scandalo delle speculazioni, il saccheggio delle risorse e dell’ambiente da parte dei ricchi, la fame provocata «non da carestie ma da irresponsabilità». Rivaluta, invece, il ruolo e il potere dello Stato le cui leggi devono tutelare soprattutto la famiglia fondata sul matrimonio. La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell’economia serve l’etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso».
Quale profitto?
Il Papa chiede agli Stati di regolare i processi economici e, come nel ’29, la bufera sui mercati è l’occasione per ripensare il modello di sviluppo. La precarietà lavorativa, infatti, causa degrado umano, specie se le multinazionali calpestano i diritti umani e i sindacati vengono indeboliti. Attenzione, dunque, ai gruppi di potere che distruggono il creato, cacciano Dio dalla sfera pubblica, separano la carità dalla verità riducendola a «sentimentalismo», ribaltano le organizzazioni internazionali in «burocratici e costosi» apparati. Se diventa l’unico fine, il profitto distrugge ricchezza, mentre occorre valutare gli impatti positivi di novità come gli Ogm di fronte all’emergenza alimentare. Il Pontefice stigmatizza la delocalizzazione delle imprese per puri fini speculativi e punta l’indice contro una nuova classe di manager strapagati priva di responsabilità sociale. «Investire ha sempre un significato morale, oltre che economico», avverte il Papa che raccomanda di «rafforzare l’esperienza della microfinanza» e loda la «fiscalità sussidiaria» (otto e cinque per mille).
Salvare l’uomo
«Realismo e speranza, nonostante la crisi e senza ingenuità», commenta il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Riconosce il carattere innovativo e avanzato dell’enciclica persino il leader della teologia della liberazione, Leonardo Boff: «Finora la Chiesa era apparsa più concentrata sugli affari interni, ma con questo documento dal taglio fortemente sociale compie una grande apertura al mondo». Benedetto XVI, osserva il portavoce papale padre Federico Lombardi, «è consapevole della complessità dei problemi attuali e non si affida a soluzioni ideologiche», bensì ad un progetto culturale basato sull’analisi approfondita della realtà. «Solo le regole salvano le persone e l’economia», è l’appello di Benedetto XVI. Dall’eugenetica all’aborto, «non si possono minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i nuovi potenti strumenti di cui la cultura della morte dispone». Intanto la «grave riduzione delle reti di sicurezza» e i tagli alla spesa sociale, spesso promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali», lasciano i cittadini impotenti di fronte a «rischi vecchi e nuovi», mentre per i governi «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità».
No al precariato che, ormai endemico, ostacola i normali percorsi di vita, no alla delocalizzazione che porta allo sfruttamento, no all’abbassamento delle tutele di fronte ad un sindacato indebolito. Mai un Papa era entrato così in profondità nelle dinamiche economiche. L’enciclica «Caritas in veritate», nell’unanime approvazione di partiti e associazioni, stabilisce che Stato e mercato debbono convivere, il profitto non è peccato (ma basta con le disuguaglianze), la crisi finanziaria spinge verso un’autorità mondiale (l’Onu è inadeguata), l’impresa ha grandi responsabilità sociali, il lavoro decente è un diritto (no al precariato). Benedetto XVI sviscera la globalizzazione e proclama che gli immigrati non sono merce ma hanno pieni diritti, la finanza senza Dio causa povertà, l’etica deve vigilare sugli aiuti al Terzo Mondo per ridistribuire ricchezza, la pianificazione eugenetica minaccia l’umanità e l’ateismo ostacola lo sviluppo. «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende d’intromettersi nella politica, però ha una missione di verità per una società a misura della dignità umana», precisa il Pontefice. Insomma, un sistema a tre soggetti (mercato, Stato, società) per una «civilizzazione dell’economia».
No alla giungla
Non va abbassato, dunque, il livello di tutela dei lavoratori. «L’estromissione dal lavoro per lungo tempo oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale», ricorda il Pontefice teologo. Servono una «governance» della finanza globale alla luce della crisi e un’autorità planetaria per impedire che il terrorismo fondamentalista freni lo sviluppo dei popoli. Il Papa è preoccupato dalla diffusione dell’aborto e dell’eutanasia in un’epoca in cui la corruzione mette a rischio la democrazia e il cristianesimo è indispensabile per il progresso. La Chiesa approva l’economia di mercato, che però non deve diventare la giungla del più forte. Dopo il crac Madoff, Benedetto XVI condanna gli «strumenti sofisticati usati per tradire i risparmiatori», lo scandalo delle speculazioni, il saccheggio delle risorse e dell’ambiente da parte dei ricchi, la fame provocata «non da carestie ma da irresponsabilità». Rivaluta, invece, il ruolo e il potere dello Stato le cui leggi devono tutelare soprattutto la famiglia fondata sul matrimonio. La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell’economia serve l’etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso».
Quale profitto?
Il Papa chiede agli Stati di regolare i processi economici e, come nel ’29, la bufera sui mercati è l’occasione per ripensare il modello di sviluppo. La precarietà lavorativa, infatti, causa degrado umano, specie se le multinazionali calpestano i diritti umani e i sindacati vengono indeboliti. Attenzione, dunque, ai gruppi di potere che distruggono il creato, cacciano Dio dalla sfera pubblica, separano la carità dalla verità riducendola a «sentimentalismo», ribaltano le organizzazioni internazionali in «burocratici e costosi» apparati. Se diventa l’unico fine, il profitto distrugge ricchezza, mentre occorre valutare gli impatti positivi di novità come gli Ogm di fronte all’emergenza alimentare. Il Pontefice stigmatizza la delocalizzazione delle imprese per puri fini speculativi e punta l’indice contro una nuova classe di manager strapagati priva di responsabilità sociale. «Investire ha sempre un significato morale, oltre che economico», avverte il Papa che raccomanda di «rafforzare l’esperienza della microfinanza» e loda la «fiscalità sussidiaria» (otto e cinque per mille).
Salvare l’uomo
«Realismo e speranza, nonostante la crisi e senza ingenuità», commenta il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Riconosce il carattere innovativo e avanzato dell’enciclica persino il leader della teologia della liberazione, Leonardo Boff: «Finora la Chiesa era apparsa più concentrata sugli affari interni, ma con questo documento dal taglio fortemente sociale compie una grande apertura al mondo». Benedetto XVI, osserva il portavoce papale padre Federico Lombardi, «è consapevole della complessità dei problemi attuali e non si affida a soluzioni ideologiche», bensì ad un progetto culturale basato sull’analisi approfondita della realtà. «Solo le regole salvano le persone e l’economia», è l’appello di Benedetto XVI. Dall’eugenetica all’aborto, «non si possono minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i nuovi potenti strumenti di cui la cultura della morte dispone». Intanto la «grave riduzione delle reti di sicurezza» e i tagli alla spesa sociale, spesso promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali», lasciano i cittadini impotenti di fronte a «rischi vecchi e nuovi», mentre per i governi «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità».
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