LA PETIZIONE DA FIRMARE

domenica 29 marzo 2009

Berlusconi: questa è casa mia, qui comando io


di Alessandro Cardulli

Fini aveva degli impegni e non poteva assolutamente partecipare al terzo atto del gran varietà berlusconiano. Siccome poteva sembrare uno sgarbo al premier che celebrava la sua apoteosi si è inventato, lì su due piedi, che, essendo Gianfranco il presidente della Camera, era meglio si astenesse da manifestazioni di parte. Per dar più credibilità a questa bugia si è coinvolto anche il presidente del Senato.

Fini e Schifani erano così assenti. Non avevano più il posto riservato. Del resto le prime file, quelle riservate ai giovani, erano già state recuperate dalla nomenclatura. I giovani, quasi tutti in abito scuro e camicie celesti i maschi, più variopinti ma sempre, molto seriosi gli abiti delle ragazze che sembravano partecipare ad un matrimonio invece che ad un congresso, avevano avuto la loro parte, così come era stato stabilito dall’agenzia che, si dice, le aveva “offerti” al Pdl. Avevano anche parlato oltre ai quattro “lettori” che nell’osanna a Berlusconi, avevano aperto i lavori, un ragazzo e una ragazza, naturalmente quando la platea era quasi deserta. In fondo identica sorte era toccata alla Michela Brambilla che non l’ha presa proprio bene ed ora aspetta la “paghetta”, la nomina a ministro così come altri in attesa paziente. Non essendo Fini presente, Berlusconi ha evitato di rispondergli:testamento biologico, referendum, laicità dello stato, le riforme istituzionali, il modo in cui affrontare la crisi. Niente.

Nessuna risposta alle domande di Fini

Il capo del governo ha preferito evitare. Non poteva che fare così, dicono i suoi caporali, altrimenti avrebbe consacrato Fini come capo della minoranza. Proprio Gianfranco, fanno notare con una punta di malizia, si era definito tale anche se alcuni degli uomini a lui più vicini avevano preso le distanze. Insomma,non rispondendo, Berlusconi avrebbe fatto capire a chiare lettere che lui e solo lui è il “padre padrone” del Pdl che il partito nuovo è cosa sua. Rispondono i “finiani” di stretta osservanza che il capo del governo ha fatto una clamorosa autorete. Fini aveva detto che c’era un leader e ora ci volevano le idee. Ebbene, non rispondendo, il cavaliere ha dimostrato che le idee ce le ha solo il presidente della Camera e che esiste una minoranza e non di poco conto con la quale il presidente del consiglio dovrà fare i conti, passati gli effetti speciali dello spettacolo. Può essere. E’ certo, comunque, che Berlusconi ha mostrato la sua capacità di non dire niente, di raccontare balle, di inventare leggi, provvedimenti,investimenti che non ci sono, interventi per i precari, per i giovani, per gli anziani, sapendo che i media non lo sbugiarderanno, che quasi nessuno ricorderà dei bluff come la social card.

Un mix di autoritarismo e totalitarismo

Dietro questi giochi di prestigio c’è qualcosa di molto pericoloso che Berlusconi butta là. A lui- lo ha detto chiaramente- non basta quel 51% di voti che già oggi sono nelle disponibilità del Pdl. Non basta il bipartitismo. Vuole di più, di più, in un mix di totalitarismo e autoritarismo. Parlando di quanto ha fatto il governo per la ricerca e l’università, annuncia che la scuola pubblica dovrà essere definitivamente smantellata. Che ai figli dei ricchi saranno riservate le scuole migliori. Che scuola pubblica e privata sono la stessa cosa e le famiglie che vogliono mandare i figli dai privati avranno il rimborso delle spese sostenute. Nelle università la maggioranza dei componenti dei consigli di amministrazione sarà composta da esterni. E’ questa la parte più importante di un disegno antidemocratico: colpire la scuola, la formazione, la conoscenza è sempre stato l’obiettivo principale dei regimi autoritari, in qualsiasi parte del mondo. Da qui a smantellare la Costituzione il passo è breve. Ripete ormai come un disco rotto la litania che oggi il capo del governo non conta niente, può scrivere solo l’ordine del giorno dei lavori, il governo non conta niente, ha le mani legate dal parlamento. Ripropone quel “ pacchetto” che gli italiani hanno respinto con il referendum del giugno del 2006. Il 61% respinse i provvedimenti approvati dal centrodestra. Berlusconi li ripropone: o la sinistra accetta o facciamo da soli. Chissà come, visto che una Costituzione esiste ancora. Ai giovani in cerca di lavoro una proposta secca: “ fatevi le imprese”. Alle donne ricorda che il governo ha varato ben sette leggi a loro favore. Di che si tratta nessuno lo sa. Parla con tono, quasi pacato, a volte farfuglia qualche parola, blandisce i delegati che non contano niente, non hanno avuto voce in capitolo, definendoli “missionari della libertà”, alza la voce solo quando deve attaccare la sinistra e lo fa ogni cinque sei minuti.

Il dux chiama a raccolta il suo “popolo”

Un crescendo in particolare quando risponde alla sinistra che è la sua ossessione, all’opposizione, a Franceschini, il segretario del Pd, che lo aveva invitato a non candidarsi alle elezioni europee visto che c’è assoluta incompatibilità con l’incarico di presidente del consiglio. Quasi si altera e grida: “ Mi candido, è una candidatura di bandiera, del leader che chiama a raccolta il suo popolo”. Se è un leader si candidi anche Franceschini”. Un vero e proprio condottiero, un dux per usare il termine latino di quel “popolo” che, poco prima lo aveva acclamato presidente, senza passare per elezioni che sarebbero state un offesa al capo e aveva applaudito anche l’ufficio di presidenza, fatto di ministri, governatori, capi gruppo e qualche altro benvoluto da Berlusconi. Li vuole tutti intorno a sé mentre annuncia che ci saranno tanti organismo dove ognuno potrà trovare posto. Ce n’è per tutti i gusti. C’è Bondi, il monsignore dal tono cardinalizio destinato ad essere un sottocapo del partito, imperante Berlusconi, che aveva trovato il modo di leggere una clerico-lettera di saluto da parte di Baget Bozzo. Se ne sentiva davvero la mancanza. C’è l’altro coordinatore,Denis Verdini che, timidamente, accenna al fatto che alla Camera il testamento biologico qualche cambiamento potrà averlo e La Russa che tiene lezione a Bossi sul rapporto Pdl Lega e sul referendum elettorale. Tutte quisquiglie, direbbe Totò, che non scalfiscono il gran finale organizzato da Berlusconi in persona. A chiusura del discorso chiama tutta la presidenza del Pdl sul palco. “Le donne in prima fila, vieni qui Gelmini, Stefania dove sei, Carfagna vieni”: le chiama una per una. Intanto ha preso posto anche il coro. Foto di gruppo con signore,coro che intona inno alla gioia, meno male che Silvio c’è, fratelli d’Italia, gente che si arrampica sul palco. Le immagini sfumano, cala il sipario, le luci della ribalta si spengono, come dice Calvero-Chaplin in uno dei suoi un grandi film, domani è un altro giorno. Meno male.

Movimenti in movimento: più di 60.000 manifestano a Roma


Roma, 28 marzo. Il cielo è coperto, sembra voler piovere. Piazza Venezia è in attesa, pronta ad accogliere il corteo dei 60.000 che stanno arrivando compatti e decisi da Piazza Esedra. Le forze dell'ordine in assetto antisommossa. E arriva il fiume, un fiume umano, di precari, studenti, senza-casa, centri sociali, che raggiunge Piazza Navona, tra slogan, canti, striscioni, e qualche manifestazione di malcontento, che non turba però la tranquillità della manifestazione. Che è stata organizzata a livello nazionale dai sindacati di base (Cub, Cobas, Sdl), dai movimenti studenteschi, sociali e di lotta per la casa, in occasione della riunione dei Ministri del Welfare del G14, in programma proprio a Roma dal 29 al 31 marzo. Un movimento che vuole rappresentare un "no" deciso alla gestione della crisi del Governo, crisi della quale non si vuole pagare il prezzo, "la paghino banchieri e padroni, evasori e corruttori" è scritto sul manifesto che campeggia lungo le strade della capitale. E per ribadire che un "nuovo welfare" è possibile, per garantire a tutti reddito, pensioni casa, servizi pubblici e beni comuni. Al corteo, partito alle 15 da Piazza Esedra, si sono uniti i movimenti per la Casa, tra cui il nutrito gruppo dei Blocchi Precari Metropolitani, Action, Coordinamento di Lotta per la casa, e l'Onda, il movimento studentesco, che ha dimostrato di essere più vivo che mai. Lungo il corteo sono state "sanzionate" con la vernice rossa alcune banche e lanciati alcuni fumogeni contro l'altare della Patria; giunti in Corso Vittorio, i manifestanti hanno dato il via un lancio di scarpe contro il massiccio portone verde scuro del Dipartimento della Funzione Pubblica, un gesto che ha assunto ormai una sua precisa connotazione di protesta, dopo quello del giornalista iracheno contro Bush e dei precari in Francia. La manifestazione si è conclusa con un breve comizio al quale hanno preso parte i rappresentanti di tutti i gruppi presenti. Quello che è emerso chiaramente nella giornata di ieri a Roma, è un sentimento chiaro, leggittimo, forte, di opposizione ai modelli adottati dal Governo in materia di gestione della crisi, un Governo che lascia soli i cittadini che si ritrovano senza lavoro, senza casa, i precari, che sono quelli che ne pagano l'altissimo prezzo. Ma anche una volontà di rivendicare la libertà di manifestare, minacciata dal "protocollo" tanto discusso che vorrebbe trasformare in zone off limits per cortei e proteste le zone centrali della capitale. E' stata una manifestazione importante, all'unisono con altre città europee dove si sono svolte altrettante mobilitazioni. Comune denominatore un sentimento di rabbia e ribellione contro i banchieri e il governo in questa terribile crisi. Il prossimo giovedì a Londra è previsto un summit tra i leader delle 20 più grandi potenze mondiali nel tentativo di arginare quella che si è dimostrata la peggiore crisi economica alla quale il mondo abbia assistito, dagli anni Trenta ad oggi.

Roma,"Noi la crisi non la paghiamo"

Lo slogan "noi la crisi non la paghiamo" è stato il filo conduttore del corteo promosso da Cub, Cobas e Sdl intercategoriale alla vigilia del "G8 sociale", il meeting dei ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali in programma da domenica a martedì alla Farnesina. Gli organizzatori parlano di 50mila partecipanti tra operai, lavoratori della scuola e pubblici, precari, disoccupati, famiglie, giovani dei centri sociali e studenti dell'"Onda". Striscioni, bandiere, slogan, petardi, lanci di uova e cori hanno fatto da cornice al fiume di persone che si è snodato da piazza Esedra a Piazza Navona nella Capitale. Cinquantamila i manifestanti secondo gli organizzatori, seimila secondo la polizia.
No alla gestione della crisi da parte del governo
Obiettivo della manifestazione era ribadire un secco "no" al modello di gestione della crisi economica del governo Berlusconi, per dire che "un nuovo welfare è possibile" e per lanciare una sfida alle leggi "liberticide" sullo sciopero. In testa al corteo lo striscione: "G14 con i responsabili della crisi; noi con i lavoratori, i disoccupati e i precari".
Contro il precariato
Tema centrale del corteo il precariato. Da un lato si è ribadito il sostegno alla piattaforma di lotta, varata il 7 febbraio, che prevede il blocco dei licenziamenti, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, aumenti consistenti di salari e pensioni, reddito minimo garantito, continuità del reddito per i lavoratori atipici, assunzione a tempo indeterminato dei precari. Dall'altro il Blocco dei precari metropolitani (Bpm) ha lanciato la provocazione dello 'sciopero metropolitano'. "Contro il precariato - hanno detto dal palco di piazza Navona - dobbiamo bloccare ogni forma di produzione per ottenere nuovi diritti generali".
Corteo non autorizzato degli studenti dell'Onda
La giornata ha conosciuto alcuni momenti di tensione. Poco prima del corteo principale, partito da Piazza della Repubblica dopo le 15, gli studenti dell'Onda La Sapienza, i rappresentanti di Action, Blocco precario metropolitano e il Coordinamento di lotta per la casa hanno dato vita a un corteo non autorizzato, con circa duemila persone, partito da tre diverse piazze romane (Aldo Moro, Tiburtina e Porta Pia). Chiaro il messaggio al sindaco di Roma Gianni Alemanno, al prefetto Giuseppe Pecoraro e ai ministri della Funzione pubblica, Renato Brunetta e dell'Economia, Giulio Tremonti: "Non ci limiterete la libertà di movimento. Ci riprendiamo le strade di Roma. Manifestiamo per una citta libera, aperta alle pratiche di democrazia diretta". Non sono mancate critiche al sulla gestione della crisi economica: "Questa crisi non la paghiamo, il governo è incapace di gestirla" e "il protocollo del G14 per noi è carta straccia".
Lanci di uova, vernice rossa, fumogeni
Lanci di uova e vernice rossa in via Cavour contro le sedi di Pirelli Re e di Banca Unipol da parte di alcuni manifestanti. Danneggiate alcune vetrine. Fumogeni sono stati lanciati sull'Altare della Patria, davanti alle forze dell'ordine in tenuta antisommossa al Vittoriano, e sono comparse scritte sui muri che chiedono "case per tutti".
Lancio di scarpe contro ministero di Brunetta
In mattinata si è svolta una "battaglia dei cuscini' davanti al ministero dell'Istruzione. Ad organizzarla i collettivi dei licei Virgilio, Mamiani, Manara, Kennedy e Democrito di Ostia, per protestare ironicamente contro le affermazioni del ministro Brunetta che ha definito gli studenti dei "guerriglieri". Bottiglie di birra, fumogeni e vernice rossa contro la filiale Intesa-San Paolo di corso Vittorio Emanuele. Emulando il giornalista iracheno scagliatosi contro il presidente americano Bush, gli studenti hanno lanciato scarpe e fumogeni contro il ministero della Funzione pubblica. Un falò con le scarpe è stato acceso e poi spento in segno di protesta con i piedi da una manifestante.