LA PETIZIONE DA FIRMARE

martedì 23 giugno 2009

I casi personali di Silvio e un paese che va a rotoli

Mentre impazza la storia di Berlusconi e le ragazze-escort, i primi dati 2009 dell’Istat sull’export e sull’occupazione e le stime di importanti associazioni come Confindustria e Confcommercio sul futuro disegnano uno scenario preoccupante. Quasi ignorato dai media

L’ultima settimana è stata molto dura per il governo, alle corde per il caso delle ragazze-escort (o se preferite donne a pagamento) che avrebbero allietato le serate del nostro premier. Che naturalmente è molto preoccupato per gli sviluppi della vicenda. Sono passati in totale sordina alcuni importanti e attesissimi dati congiunturali, che ci danno finalmente il termometro di cosa sta accadendo all’economia italiana nel 2009. E due rapporti sull’andamento e le prospettive del nostro paese, pubblicati da importanti associazioni di categoria, che della maggioranza di governo rappresentano cospicue e fondamentali basi elettorali. Il quadro complessivo è di un paese alla deriva e con un governo in totale confusione. I Tg e i giornali “amici” si ostinano a non parlarne. Quelli “nemici” si occupano di puttane. Ma quanto può durare?

IL CROLLO DELL’EXPORT – Mentre eravamo tutti intenti a parlare di prostitute d’alto bordo a casa Berlusconi, l’Istat ci ha informato che nei primi 4 mesi del 2009 le esportazioni complessive hanno segnato, rispetto allo stesso periodo del 2008, una diminuzione del 24,4%, con cali via via crescenti, mese dopo mese. Il calo è particolarmente forte sul fronte dei beni durevoli (macchine, mobili, ecc…) e nei settori della siderurgia (-29,3%) e dei mezzi di trasporto (-37%). Il dato è grave, perché l’Italia è un paese a fortissima vocazione all’export. Siamo, come dovrebbero sapere quelli che governano l’Italia, uno dei paesi con il più forte peso dell’export sul Pil (il 23-24%). Quindi per noi la crisi globale è particolarmente grave, perché dipendiamo molto dal commercio internazionale. E suonano paradossali le dichiarazioni del sottosegretario D’Urso che, per consolarci, dichiara che però è “notevolmente migliorata la bolletta energetica”. Come se non sapesse che questa è un’ulteriore spia del crollo di produzione e consumi interni. Quindi, l’export va male, e i consumi delle famiglie e la produzione vanno peggio. Però per fortuna ci si distrarre leggendo le avventure piccanti del premier.

OCCUPAZIONE E CASSA INTEGRAZIONE – L’Istat, evidentemente poco interessato alle vicende erotiche del presidente del Consiglio, ha pubblicato in contemporanea anche i dati dell’andamento dell’occupazione nei primi tre mesi del 2009. Dati che fanno gettare la maschera alle panzane raccontate in questi mesi da Sacconi e Berlusconi. Secondo l’Istat in un anno sono spariti 400 mila posti di lavoro, di cui 154 mila contratti a tempo determinato, 107 mila co.co.co e 163 mila lavoratori autonomi, cioè le “partite Iva involontarie”. Solo negli ultimi tre mesi si sono persi oltre 200 mila posti di lavoro. Il peso della crisi è finito tutto sulle spalle dei giovani, del mondo del precariato. La cassa integrazione funziona solo per i lavoratori delle imprese medie e grandi, con contratto a tempo indeterminato. Se si incrociano i dati Istat sull’occupazione e quelli Inps sulla cassa integrazione a livello regionale, le migliori performance dell’occupazione sono nelle regioni dove è più alto il ricorso alla CIG. Addirittura in Piemonte ed Emilia Romagna, ai vertici degli utilizzatori di Cassa integrazione, l’occupazione aumenta. Al contrario di quello che dice Berlusconi (che evidentemente ha l’abitudine di non dire le verità non solo quando parla delle sue personali vicissitudini “private”) le norme del “Non lasceremo indietro nessuno” offrono tutele – temporanee – solo al 12,5% dei lavoratori parasubordinati, al 20% degli apprendisti, al 60% dei lavoratori a tempo determinato. E il ministro Sacconi, quello che si ostina a non voler fare la riforma degli ammortizzatori sociali commenta la situazione: “I dati Istat sull’occupazione e disoccupazione sono meno peggio del previsto”. Chissà forse pensa di stare su Scherzi a Parte.

CONFINDUSTRIA E CONFCOMMERCIO – Mentre c’è chi si balocca con le vicende di Patrizia, Nicoletta, Noemi, Francesca e chissà chi altre, Confindustria ha pubblicato il suo rapporto di previsione, nel quale – oltre a ricordarci che “quest’anno si chiuderà con una perdita del 4,9% del Pil” – si mette in evidenza che tra 2008 e 2010 si perderanno circa un milione di posti di lavoro. Alla luce di tutto questo, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, avverte: “Se le cose non cambiano avremo un percorso molto faticoso e doloroso. I prossimi mesi saranno veramente fondamentali per la tenuta del nostro sistema e la coesione sociale”. E ha invocato, come ormai fanno tutti, la necessità di riforme strutturali. Ma chissà a cosa stanno pensando nel frattempo Berlusconi e i suoi. Certo non al Rapporto sul terziario presentato da Confcommercio, che sintetizza la sua analisi scrivendo che “non ci sono segnali effettivi di un’inversione del ciclo economico italiano, ma sono molteplici gli indizi che nel futuro prossimo si possa osservare realmente un miglioramento generalizzato delle condizioni economiche. Resta, però, il problema centrale della debolezza strutturale della nostra economia e, pertanto, ripresa non significherà un ritorno rapido ai livelli pre-crisi. Tutt’altro” E che ha messo in evidenza che la crisi riporta indietro l’orologio e gli italiani si ritroveranno nel 2010 più poveri di quanto non lo erano nel 2001. In pratica, avremo buttato via 10 anni. Dicono i commercianti che “nel 2010 avremo un prodotto lordo pro-capite inferiore a quello del 2001: in breve, avremo perso dieci anni di crescita economica”. Un’analisi che meriterebbe una risposta. Ma Scajola e Tremonti tacciono. Anche Brunetta, sempre pronto a fare dichiarazioni, stavolta tace.

UN MARASMA TOTALE – Ed è dentro questi scenari che continua il balletto mediatico su Berlusconi e le veline, Berlusconi e Noemi, Berlusconi e Ghedini. Poche le voci “autorevoli” che dicono chiaro e tondo che il paese rischia il collasso, che siamo all’emergenza economica e non iniziamo neppure a preoccuparci di fare riforme strutturali o interventi radicali. Che gli italiani sono più poveri, che le retribuzioni sono ferme, I nostri ministri rassicurano, edulcorano, aiutati dai Tg amici che censurano (neanche fossimo davvero nella repubblica delle banane) e dai giornali “nemici” che puntano il faro sulle escort. Berlusconi, in evidente stato confusionale, dopo averci detto per mesi che nessuno al mondo ha fatto quello che sta facendo lui, ieri ha ammesso: “Il programma è tutto da realizzare“. Chissà che ha fatto fino ad ora, oltre che divertirsi con Apicella e le ragazze pon pon. Noi ce ne eravamo accorti. Nel frattempo l’Italia, come si legge nel recente rapporto di Prometeia, non sta bene. “Fatto 100 il Pil di ciascun Paese nel 2007, nel 2010 gli Usa si collocheranno a 98,2, il Regno Unito a 95,6 e la Spagna a 98. L’Italia, con le sue banche meno esposte ai titoli tossici e il suo stato sociale e solidale che non lascia indietro nessuno, con la sua struttura produttiva ancora sbilanciata sul fare dell’industria manifatturiera, con i suoi distretti e le sue reti di piccole e medie imprese, con le sue famiglie poco indebitate si posizionerà a 94,8, cioè peggio dei Paesi responsabili della finanza creativa, dei titoli tossici e della rinuncia all’economia della manifattura e dell’agricoltura per puntare tutto sui servizi. Peggio dei Paesi dei consumi a debito, stile USA, e di quelli delle bolle immobiliari, stile Spagna”. Insomma, la prospettiva del dopo crisi è una progressiva marginalizzazione: l’Italia sta andando a puttane. Il fatto che ogni tanto potrebbe esserci andato anche il suo primo ministro, non dovrebbe essere poi così stupefacente. Il fatto che non freghi a nessuno, francamente sì.

Anti-G8 a L'Aquila: il corteo si farà?

Se Berlusconi era convinto di depotenziare il «movimento» spostando all’ultimo istante il vertice internazionale dalla Maddalena al capoluogo abruzzese rimarrà deluso. Almeno a sentire l’assemblea della Rete dei comitati No-g8 che si è radunata domenica scorsa per promuovere le contestazioni. Che dureranno l’intera settimana. «La popolazione locale inizialmente ha visto di buon occhio lo spostamento - spiega Renato De Nicola dell’Abruzzo social forum - Ma adesso percepisce la fallimentare politica del governo e vede quell’appuntamento come una vetrina per criticare il decreto ricostruzione». Non solo. La militarizzazione del territorio, il controllo sociale nelle tendopoli, l’enorme speculazione in atto e la mancanza di fondi per ricostruire fanno montare la protesta. I primi a mobilitarsi contro il G8 saranno i vicentini del no-Dal Molin che per il 4 luglio promuovono una manifestazione, con partenza dal presidio permanente per finire, forse, con l’occupazione della base militare. Non è da escludere che abruzzesi e altri attivisti no-global vadano a Vicenza a dar man forte a quello che si presenta come il primo appuntamento della settimana anti-summit. Nella notte tra il 5 e il 6 invece, esattamente alle 3 e 32 (l’orario in cui si è avvertita la scossa più devastante il 6 aprile scorso), si svolgerà a L’Aquila la fiaccolata «Memoria, verità e giustizia» per ricordare le vittime e le responsabilità. Come quella - denunciano i comitati - dei costruttori e della protezione civile, che «sapeva e non ha fatto nulla».
La giornata più «turbolenta» sarà quella del 7, dove si preannuncia il benvenuto ai potenti della Terra. Non si sono ancora decise le modalità. La rete romana, al momento, parla di «piazze tematiche» che confluiranno in una contestazione unitaria. Mentre nel capoluogo abruzzese si svolgerà, in contemporanea, un «forum» nel parco allestito dall’Unicef in cui si dibatterà insieme a varie comunità locali «ribelli» (come quella di Chiaiano, i no-Dal Molin e i no-Tav) di modelli di sviluppo, democrazia e partecipazione dal basso. L’8 e il 9 la protesta diventerà generale, con manifestazioni su tutto il territorio, blitz e azioni estemporanee. In vista del 10, giorno del corteo nazionale promosso, tra gli altri, dal Patto di Base (Cobas, Rdb e Sdl), rete campana, Socialismo Rivoluzionario e Rete dei comunisti. La manifestazione partirà dalla stazione di Paganica e toccherà i luoghi simbolo del terremoto: le tendopoli di Onna, Tempera, San Gregorio, Sant'Elia, per concludersi all'ingresso del centro storico. Una marcia che però ha generato frizioni nell’assemblea dei no-G8, che alla fine non hanno trovato un’intesa. «È una forzatura, non tutti gli aquilani capirebbero l’arrivo da fuori di migliaia di persone, meglio rispettare il loro cammino», dice Sara Segni del comitato 3e32. La paura è che venga interpretata come una «chiamata dall’alto» e che possa distogliere l’attenzione dalla questione «ricostruzione» a quella dei possibili scontri. «È l’ultima vetrina internazionale per esprimere dissenso - continua Segni - Meglio lasciare la protesta solo agli aquilani sempre più arrabbiati, facciamo un anti-G8 creativo e intelligente e delocalizziamo la rivolta in tutto il Paese». Tra le adesioni al corteo c’è anche quella dell’Epicentro solidale, a testimoniare che non c’è una frattura netta tra abruzzesi e non. Di questo si fa forza Piero Bernocchi dei Cobas. «Non ci sono divisioni tra chi vuole criticare questi vertici e chi vuole opporsi al decreto sull’Abruzzo - sostiene - Sono due facce della stessa medaglia». Comunque la maggior parte dei comitati abruzzesi, pur non aderendo alla marcia, buttano acqua sul fuoco: «Siamo comunque uniti nel contestare il vertice, poi ognuno decide le sue forme».

Crisi, Brunetta: «C'è troppo pessimismo: per l'Italia è un momento magico»

ROMA (21 giugno) – Questa volta nel mirino del ministro Brunetta finiscono le Regioni a statuto speciale: godono di un privilegio finanziario che andrebbe eliminato. Renato Brunetta, ospite domenicale di Rtl 102.5, propone di rivedere una legislazione “vecchia di oltre 50 anni”. «Ho detto ancora una volta cose che tutti conoscono che però non si possono dire - esordisce Brunetta - Negli ultimi 50 anni molte Regioni hanno utilizzato bene questa autonomia, altre l'hanno usata male. Vorrei però dire e ricordare che tutte queste Regioni hanno avuto più risorse di altre: per fare un esempio, un bambino valdostano ha 4-5 risorse in più di un bambino piemontese. È giusto? Io dico che a 60 anni dalla Costituzione, dalla fine della Guerra, nell'Europa delle Regioni questi statuti, che, voglio precisare, non riguardano l' autonomia ma le risorse, vanno rivisti. A mio parere tutte le Regioni devono diventare speciali, con costi e trasferimenti standard per tutti, senza cioè più la distinzione tra Regioni privilegiate e Regioni non privilegiate. Nessuna lesa maestà per carità però par condicio per quanto riguarda le risorse».

«Crisi, c'è troppo pessimismo: per l'Italia è un momento magico».
Il ministro torna anche a parlare di crisi: da «inguaribile ottimista» osserva che c'è «troppo pessimismo e troppa paura» in giro. Basterebbe che la grande maggioranza degli italiani «che ha mantenuto il reddito in questi mesi» investisse di più in beni durevoli per ripartire. «Paradossalmente è un momento magico per l'Italia. I lavoratori che hanno davvero una situazione difficile sono 500 mila, persone che sono in cassa integrazione e in una situazione difficile, anche se hanno comunque una protezione di reddito all'80%. Poi ci sono 14 milioni di lavoratori che hanno viceversa mantenuto il reddito e anzi aumentato il potere di acquisto perchè sono diminuiti i prezzi, le tariffe, i costi dei mutui. C'è insomma un effetto-ricchezza, anche se sembra paradossale dirlo, che andrebbe investito. Ma la gente non si decide ad acquistare e a comprare perchè ha paura: siamo in una fase in cui ci sono segnali di ripresa e per questo occorre dare fiducia. Servirebbe che gli italiani ricominciassero ad orientarsi verso beni durevoli, come le macchine, la casa, il mobilio, gli elettrodomestici. Questo è un momento determinante e a questo mi riferisco quando, da economista, parlo di momento magico. Se lo faremo, usciremo dalla crisi prima di altri. Confesso di essere un inguaribile ottimista, ma da queste due situazioni difficilissime, la crisi economica e la tragedia del terremoto, possiamo prendere la spinta per ripartire».