ROMA - Premette che sta dalla parte dei precari, perché anche lui è stato un precario. Assicura che chi ha i requisiti per essere assunto - se tutte le condizioni saranno rispettate - sarà assunto. Ma dice anche che stabilizzare un ricercatore è un po' come farlo morire. Renato Brunetta, ministro della Funzione Pubblica, mercoledì scorso ha convocato i 33 presidenti degli enti di ricerca per fare chiarezza su dati (quelli della tabella a fianco) e obiettivi. «E si è subito visto che sul caso c' è tanta demagogia» commenta. Ministro, partiamo dai dati: i precari della ricerca sono 4.523, quelli che hanno i requisiti per essere assunti 1.886. Che fine faranno gli altri 2.637? Se ne andranno a casa ? «Se ne andranno a fare altre esperienze, com' è giusto che sia. Mettiamo in chiaro una cosa: io sto dalla parte dei precari, lo sono stato anch' io, per 8 anni, prima di diventare professore. Ne conosco vita e angosce e sono il primo a dire che hanno diritto alla correttezza, a compensi adeguati e a serie aspettative di carriera. Però basta strumentalizzazioni e finte illusioni. Si è detto che i precari della ricerca sono 60 mila: ecco io dimostro che sono 4.523 e che solo una parte di questi - in base a norme emanate dal governo precedente, non da me - ha serie possibilità di essere assunto». Non la certezza? «Non la certezza. Ma bisogna spiegare le cose dall' inizio. Tutto è nato dal Protocollo del Welfare dell' allora ministro Damiano che stabilì come, dopo i 3 anni, i contratti a termine non potevano essere ulteriormente rinnovati, ma stabilizzati. Io con il decreto 112 ho esteso quel principio, valido solo nel privato, anche al pubblico. La stabilizzazione, voluta dal governo precedente, premetteva che avevano diritto al posto fisso solo i precari incaricati di mansioni ordinarie per tempo permanente: quindi - applicando il principio alla ricerca - "sì" a chi controlla tutti i giorni l' attività dei vulcani, "no" ai contratti su progetto. Lo diceva Prodi, non io. L' allora ministro Nicolais con la circolare 5/2008 ha poi precisato che per arrivare alla stabilizzazione le amministrazioni avrebbero dovuto indire i concorsi, dimostrare di avere posti liberi in organico, calcolare i vincitori di concorso in attesa di assunzione e rispettare i vincoli finanziari, ovvero avere i soldi necessari in bilancio. Rispetto a queste norme, in Finanziaria, abbiamo solo introdotto un taglio del 10 % sulle piante organiche. In più io ho richiesto il censimento del precariato per capire quanti e quali sono gli atipici. Non voglio "todos caballeros", ritengo ci siano molte cose da chiarire, a partire dai contratti a chiamata diretta che so essere tanti e che mi puzzano un po' . Per il resto chi ha quei requisiti, se i paletti di Nicolais saranno rispettati, potrà entrare. Così nella ricerca, come negli enti locali e sanità, settori sui quali procederò entro giugno». Gli enti di ricerca per assumere dovranno dunque avere le risorse. Peccato che le Finanziarie vadano a tagliare sempre là. «Questo attiene al problema della ricerca in Italia, ma va anche detto che nessun istituto, in nessuna parte del mondo - a meno che non compia funzioni istituzionali - vive di soli contributi statali. Va a cercarsi risorse sul mercato, attinge a fondi internazionali. Guai se così non fosse». Restano sempre i 2.636 ricercatori presto a spasso. «Non saranno a spasso, si cercheranno qualcos' altro da fare. Altri progetti, altre esperienze, magari in giro per il mondo. Siamo chiari: la ricerca è questa. I ricercatori sono un po' capitani di ventura, stabilizzarli è un farli morire. Lo sa anche il professor Marino, che tanto mi critica. Senza tutti i progetti cui ha partecipato, gli istituti in cui ha lavorato, lui non sarebbe il professor Marino e io non sarei il professor Brunetta».