LA PETIZIONE DA FIRMARE
martedì 28 ottobre 2008
LA RICETTA OTTOCENTESCA DI BRUNETTA IL "FANTUTTONE"
Da "LA REPUBBLICA" di martedì 28 ottobre 2008
Che cosa nasconde la campagna contro i fannulloni La ricetta ottocentesca di Brunetta il "fantuttone" FRANCESCO MERLO LE PIAGHE del lavoro italiano non sono "i fannulloni", che non esistono come categoria determinante, ma "i fantuttoni" alla Brunetta. Non quelli che "fanno nulla" ma quelli che "fanno tutto" meglio di tutti: economia, scuola, cancelli, tornelli, lucchetti, giustizia... E difatti non è più un caso di agitatissima demagogia ma di psicopatologia politica l`idea che il lavoro possa essere regolato dal cartellino e dai chiavistelli. Dalla robotizzazione dei Fantozzi e dalla fantozzizzazione degli impiegati, dei dirigenti, dei ricercatori, degli scienziati, degli in- tellettuali, dei giudici, tutti, come i cinesi di Prato, inchiodati sulla sedia a cucire le borse. Al posto dell`operaio di Jiinger, soldato (al soldo) della Tecnica, l`Italia del 2008 ha dunque il Brunetta di Berlusconi, soldato del Lavoro Forzato. Il professore Brunetta, pur gonfio di rancore, rimane infatti, come egli stesso ama scandire, un so-cia-li-sta, con intesta l`operaio ottocentesco della grande tradizione. Perciò scambia il lavoro con la maledizione biblica e l`ufficio con il campo rieducativo alla Pol Poi, in un mondo dove, al contrario, illavoro cerca di farsi creativo, divertente, ubiquo. Com`è ubiquo il lavoro del procuratore che nello stesso giorno, senza mettere piedi in ufficio, incontra la polizia in questura, interroga un detenuto in galera, indaga sul luogo del delitto e, a casa, studia i fascicoli, scrive una richiesta di archiviazione, attraverso il computer si confronta con la giurisprudenza. Ci pare roba da fantuttoni assatanati che un professore di economia pretenda di risolvere i problemi di economia del lavoro con metodi da secondino, da chiavistello, da tornello. Si sa che D`Alema gli ha dato dell"`energumeno tascabile" e Brunetta si è risentito accusandolo di razzismo. Ebbene, politicamente Brunetta è un energumeno e basta. Non tascabile, ma oversize. E lo diciamo anche per rispetto dei tanti altri brevilinei italiani (i tascabili appunto) che cercarono di riscattare l`avarizia della Natura con l`iperdinamismo, e basta ricordare Fanfani e Longanesi, il quale per esempio diceva di essere nato «nel secolo decimo nano», e di «passeggiare avanti e indietro...sotto il letto». La differenza non è tra longilinei e brevilinei, ma tra permalosi e ironici; non tra giganti e nani, ma tra intelligenti saggi e intelligenti fanatici. Il punto è che l`Italia non è il luogo dove si sono dati convegno tutti i fannulloni del mondo. Ma è purtroppo il Paese dell`oltranzismo rancoroso e ideologico che confonde la parte con il tutto. Sono esagerazioni, totalitarismi e paradossi che hanno fatto identificare l`Italia ora con il Paese dei papi omicidi ora con quello degli arlecchinie, via via, dei traditori e delle pagliette, dei Romeo e deicastrati, dei maschi virili e dei cicisbei. Oggi c`è Brunetta che, con occhio spietato e lucido, avrebbe finalmente scoperto che l`Italia realizza l`utopia rovesciata del riposo che nobilital`uomo, l`Eden del non fare nulla. Ancora una volta lontani dai primati reali, qualcuno inventa per noi primati verbali. Eravamo nullanelmondo come nazione eMussolini inventò il nazionalismo fascista. Eravamo nulla come storia moderna e ci siamo inventati l`astuzia e la forza machiavellica. Siamo nulla come governo della produttività e Brunetta si inventa la galera ai fannulloni, l`inquisizione del lavoratore, l`ufficio come espiazione e rieducazione. Eppure tutti sanno che il lavoro moderno è delocalizzato dall`informatica. Qualche anno fa JeremyRifkin spiegò in un famoso libro che come il cavallo sparì dalle strade, dalle campa- gne e dal paesaggio sociale così anche il lavoratore sparirà dagli spazi produttivi. E infatti i paesi avanzati fanno esperimenti delocalizzando, grazie a Internet, lavori qualificati: costano meno e sono più produttivi. Invece Brunetta vorrebbe inchiodarci alla scrivania forse perché, gonfio di rancore, sogna di mortificare tutti i mondi dove secondo lui ancora si annida la sinistra: gli statali, i professori, imagistrati, i giornalisti, i disabili, i donatori di sangue. Una specie di parodia all`italiana della rivoluzione culturale cinese. Ieri sul Giornale Mario Cervi, che Dure è un signore d`altri tempi, ha amplificato ni? Parla d`altro la Gelmini che invece di strazione,parla difannulloni. Chi dice che l`idea difensiva molto cara a Brunetta, secondo la quale ogni volta che egli attacca i fannulloni questi gli rispondono che "il problema è ben altro": «Il benaltrismo è un espediente dialettico grazie al quale si elude ogni questione». Saràpure vero, ma cosa dire del "parlar-altrismo", del parlare d`altro per nascondere le vere questiotagli alla scuola dibatte di grembiule e di voto in condotta. E Brunetta, anziché del cattivo governo della pubblica amminiil «problema è un altro» non ha molti argomenti, chi "parla d`altro" ha molti argomenti dentro cui nascondersi. Il primo è uno sprovveduto, il secondo è in malafede. Il primo è pavido, il secondo è arrogante. Ecco un pessimo modo di governare, fare una cosa e parlare d`altro: banche, giustizia, sicurezza... E non si illuda Brunetta perché qualche sondaggio l`ha premiato come nuovo eroe dei fantuttoni che, all`ora del caffè, riempiono i bar d`Italia, personaggi che la sanno lunga: «eh, se ci fossi stato io, quel gol l`avrei segnato», «io Bin Loden l`avrei già preso» ... Rientrati negli uffici, i fantuttoni risolvono i problemi domestici dei colleghi, senzamai marcare un`assenza. Ricordo un centralinista che aggiustava ferri da stiro, resuscitava vecchi trasformatori, riaccendeva lampade rotte. Stava sempre al suo posto e riusciva persino a rispondere al telefono. Nessuno ha mai scoperto che vendeva patacche e orologi rubati. Come Brunetta, era lui il re dei "fantuttoni", che in fondo sono solo fannulloni indaffarati.
Tra cassa e precari
PIETRO GARIBALDI | |
Mentre la Borsa continua a crollare, le preoccupazioni di tecnici e politici si spostano sull’economia reale. Dai mercati finanziari la crisi è infatti destinata a colpire le decisioni di imprese, consumatori e lavoratori. I primi segnali di crisi sono già evidenti, come testimoniato dal calo della produzione industriale e della forte riduzione della fiducia dei consumatori. Il repentino aumento del numero di imprese che accedono alla cassa integrazione, denunciato in questi giorni anche dal sindacato, rappresenta un ulteriore e significativo campanello d’allarme. Tra qualche mese inizieranno a vedersi i primi licenziamenti. Una priorità quasi assoluta dovrebbe quindi essere quella di riordinare gli ammortizzatori sociali. Con l’arrivo dei licenziamenti, i primi a essere colpiti saranno i circa quattro milioni di lavoratori precari. È inevitabile. Quando un contratto è a tempo determinato, per interrompere un rapporto di lavoro non è necessario passare per il licenziamento. È sufficiente che un’impresa non rinnovi il contratto alla scadenza. Lo stesso discorso, addirittura amplificato, si applica ai lavoratori impiegati con un contratto a progetto. Paradossalmente, i lavoratori che saranno più colpiti dall’arrivo della crisi appartengono a quella crescente fascia di lavoratori che già oggi hanno una retribuzione inferiore alla media e che non hanno accesso a ferie pagate e a maternità. Tutelare questi lavoratori dovrebbe essere una priorità. I lavoratori a tempo indeterminato delle grandi imprese sono in larga parte coperti. In caso di crisi aziendale, da una grande impresa si accede alla cassa integrazione straordinaria e, nel caso di licenziamento, si accede alle liste di mobilità, con protezione al reddito fino a tre anni. I sette anni di sostegno al reddito promessi ai lavoratori in esubero di Alitalia sono ancora sotto gli occhi di tutti. Certamente le risorse a disposizione del governo sono poche. È comprensibile che il ministro Sacconi cerchi di rifinanziare la cassa integrazione straordinaria e i cosiddetti settori in deroga (quei settori industriali che il Ministero ritiene di dover proteggere). È anche comprensibile che il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ricordi le poche risorse a disposizione della cassa integrazione (ma al tempo stesso non dovrebbe dimenticarsi dei lavoratori precari). Nel Paese circa 4 milioni di lavoratori rischiano di diventare dei disoccupati senza alcuna forma di sostegno, o con al più un sussidio di disoccupazione ordinario inferiore a sei mesi. Non possiamo affrontare la recessione in arrivo con disoccupati di serie A e disoccupati di serie B, dove soltanto ai primi è concesso il privilegio di un sostegno al reddito. Il riordino degli ammortizzatori sociali dovrebbe quindi essere al centro dell’azione del governo. Agendo ora si può arrivare preparati in primavera, quando inevitabilmente arriveranno i primi licenziamenti. La legge delega per riformare gli ammortizzatori sociali esiste già e potrebbe diventare esecutiva in tempi brevi. L’Italia ha urgente bisogno di introdurre un sussidio unico di disoccupazione a cui si accede indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati impiegati. Questo nuovo istituto dovrebbe ovviamente essere finanziato dai contributi versati da tutti i tipi di contratto, inclusi quelli a tempo determinato e a progetto. Si dovrebbe poi introdurre anche un meccanismo di bonus-malus, in modo da aumentare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese che lo utilizzano maggiormente. Si potrebbe inoltre anche decidere di aumentare i contributi assicurativi alle imprese che utilizzano i contratti a termine, in modo da disincentivarne l’uso generalizzato. Battersi per riforme di questo tipo giustificherebbe manifestazioni e cortei. Se ne parla invece pochissimo, forse semplicemente perché i lavoratori precari sono poco organizzati e poco a contatto con Partiti politici e sindacati confederali. |