LA PETIZIONE DA FIRMARE

mercoledì 15 aprile 2009

Come buttare 42 milioni di euro


Per i giovani trovare un lavoro è sempre un’impresa ardua, anche prima della crisi. Oltre che i soliti sistemi all’italiana, ragazzi e ragazze possono iscriversi al portale del Ministero del lavoro. Si accorgeranno che per ora è meglio rivolgersi ad amici e parenti e farsi raccomandare.

Uno dei più gravi problemi italiani (anche prima della crisi economica) è la disoccupazione giovanile, fenomeno dalle profonde implicazioni economiche e sociali. Basti pensare che, secondo i dati Istat (aggiornati fino ad ora al 2007), il tasso di disoccupazione giovanile (età tra 15-24 anni) in Italia era pari al 20%, mentre quello complessivo era il 6,2%. Il problema morde più al sud e tra le donne, ma è molto diffuso anche nel mitico nord est, dove è pur sempre il 9,6% rispetto al 3% totale. La causa principale è il cosiddetto “mismatch“, ovvero il mancato incontro tra chi cerca lavoro e chi ha bisogno di personale. Per questo a partire dal 1996, sono state varate prima dal governo Prodi e poi da quello Berlusconi alcune riforme in materia di collocamento, di ordinamento del lavoro e di contratti.

IL PORTALE BORSALAVORO.IT - Tra le tante cose fatte, nel Decreto legislativo n.276 del 10 settembre 2003 è stata istituita la Borsa continua nazionale del lavoro, un sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro basato su una rete di nodi regionali, alimentato da tutte le informazioni utili a tale scopo immesse liberamente nel sistema stesso sia dagli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati, sia direttamente dai lavoratori e dalle imprese. Un portale internet con all’interno un database nazionale di curricula e di offerte d’impiego, per favorire l’incontro rapido domanda-offerta di lavoro. Alla creazione del portale fu incaricata Italia Lavoro SpA, di proprietà del Ministero dell’Economia, guidata da Natale Forlani, ex sindacalista della Cisl, manager statale da 255mila euro l’anno. Il progetto fu affidato a Mauro Boati.

UNA DIFFICILE GESTAZIONE - Dopo 2 anni di difficile gestazione, il portale Borsalavoro.it ha visto infine la luce nel settembre 2005. Maurizio Sacconi, all’epoca sottosegretario al Lavoro lo presentò come “Il simbolo della svolta” che avrebbe consentito “un mercato libero e trasparente” e “un servizio gratuito“. Proprio gratuito per lo Stato non si direbbe: secondo la relazione annuale del 2007 della Corte dei Conti è costato 36 milioni di euro (10 per la sola realizzazione della Borsa telematica). Bastava dire che sarebbe stato un buon investimento per il futuro, ma Sacconi non va rimproverato: si sa che i politici esagerano sempre. Il funzionamento del portale è in teoria semplice: i cittadini e i datori di lavoro accedono alla Borsa, scelgono il livello territoriale (provincia, regione, tutta Italia) in cui esporre curriculum o offerta di lavoro, si registrano, inseriscono i dati: et voilà! Il database li metterà in contatto. Geniale! Davvero una svolta.

COMINCIANO I GUAI - Purtroppo, qualcosa non ha funzionato. Spulciando nei vari forum di internet, si leggono opinioni come quelle riportate in questo forum. jadis scrive: “Ragazzi io mossa a curiosità sono andata a far l’iscrizione su borsalavoro… NON CI HO CAPITO NULLA!!! Ho inserito 150.000 informazioni, alla fine sono andata e vedere il curriculum… ma non c’era nemmeno un’informazione di quelle inserite”. Il sito era attivo solo da pochi mesi, magari serviva un po’ di rodaggio. Una svolta come questa, con tutto quello che è costata, dovrà funzionare, prima o poi. Passano i mesi e in un altro forum, il 27 dicembre 2006 maryangy20 scrive: “Il sito borsalavoro.it è un buon sito dal punto di vista delle offerte di lavoro”. Meno male, allora: funziona! Un momento, continuiamo a leggere: “…ma a me sinceramente non è servito granché, perché trovo sempre annunci dove la ditta vuole persone con esperienza minima di uno o due anni…e per una giovane non è motivante!!!” Pazienza, non si può avere tutto. Forse per questi difettucci nel secondo numero del 2006 di Spinn, un periodico del ministero, si quantificava un calo sostanzioso delle registrazioni: dalle 9mila di gennaio 2006 alle 4mila di giugno 2006. Una svolta ha bisogno di tempo. Poi le cose si saranno sicuramente aggiustate.

IL SITO NON VA - Continuando a leggere troviamo, il 22 ottobre 2007, sempre su questo forum, l’opinione di AlbioB: “”Il sito è graficamente ben curato” Ottimo. “Non è vero che serve un quoziente intellettivo esagerato per capirlo, basta impegnarsi un po’ e poi si entra nel meccanismo” Splendido. “Il problema è che funziona malissimo: nel senso che devono avere qualche problema di sovraccarico, oppure i tecnici che lo hanno programmato sono dei cretini. E’ impossibile navigare normalmente su questo sito, è lento, è pieno di errori, spesso che riguardano proprio le pagine per la visualizzazione delle offerte di lavoro: ma allora cosa esiste a fare!? Scommetto che solo una piccola percentuale di datori di lavoro e lavoratori conosce l’esistenza di questo sito. Magari se mi assumono glielo rifaccio io“. Un giudizio così severo meritava una risposta. Ed in effetti, gli attentissimi responsabili del progetto si erano accorti che qualcosa non funzionava. Infatti Mauro Boati, di Italia Lavoro, responsabile del progetto diceva il 22 gennaio 2008: “La Borsa dovrebbe diventare uno strumento più snello. L’obiettivo per il 2008 è semplificare il meccanismo di registrazione degli utenti, chiedere meno informazioni e velocizzare gli accessi“.

ITALIA, LAVORO? NO, GRAZIE! - Forse anche per questo, Italia lavoro SpA nel bilancio 2007 ha destinato altri 6 milioni di euro per “attivare e supportare l’operatività della rete infrastrutturale integrata (dominio lavoro) dei sistemi informativi regionali“, per finanziare “la promozione e divulgazione dei servizi di Borsa” e per “supportare la creazione della rete con gli operatori privati autorizzati“. La svolta annunciata nel 2005 da Sacconi ci sarà stata sicuramente. E allora andiamo a vedere questa meraviglia da 36 + 6 milioni di euro: nella home page del sito si legge: “Su borsa Lavoro.it trovi 4.126 annunci da consultare“. E gli iscritti sono 179 mila. Mano male, funziona! Però, se si spulcia la sezione annunci, i 4.126 di cui si parla nella home sono riferiti al 17 dicembre 2007. Chi scrive non è un genio di internet ma ha navigato nel sito con una certa difficoltà, e ha trovato solo annunci di più di un anno fa e curricula fermi al 2007. D’altronde, anche il direttore dell’innovazione tecnologica del ministero, Grazia Strano, ammette che il sito è fermo. Ma niente paura, dice: “Ne stiamo progettando una nuova versione“. Un’altra? Che sollievo! Forse, con altri 36 milioni di euro il sito comincerà a funzionare. La svolta di Sacconi però nel frattempo c’è stata: Italia lavoro SpA, nata per aiutare a trovare lavoro ha messo a rischio il posto di lavoro dei suoi dipendenti precari, che difficilmente si vedranno rinnovati i contratti. E loro infatti hanno scioperato, richiamando attenzione. Naturalmente, attraverso il web: questo è il loro blog. I giovani alla ricerca di un lavoro, intanto, possono aspettare ancora un po’. Oppure, rivolgersi a qualche parente, amico. O un politico “benefattore”.

«Pronto a tutto, non trovo nulla»


C'è chi ha perso il lavoro perchè l'azienda dove lavorava ha chiuso e chi l'ha lasciato perchè il salario era troppo basso. Ci sono stranieri, italiani, giovani e persone di mezza età, ciascuno con la propria storia e tutti con una sola necessità: trovare un posto di lavoro. Li abbiamo incontrati nella sala d'aspetto del Centro per l'impiego della Provincia, in via delle Franceschine, in fila per accedere al colloquio con uno degli impiegati degli uffici dove si accolgono le domande di lavoro e si valutano, tramite colloquio, i requisiti dei candidati.
La media attuale delle richieste al Centro per l'impiego di Verona registra un afflusso di 50 persone al giorno, ma che possono diventare anche più del doppio nei primi cinque giorni del mese, quando i lavoratori rimasti disoccupati devono chiedere di iscriversi nel cosiddetto elenco anagrafico, quella che un tempo si chiamava lista di disoccupazione. Annualmente la media degli accessi ai sei centri per l'impiego di Verona e provincia era pari a circa 8000, cifra che poteva anche lievitare mettendo insieme non solo le richieste di lavoro ma anche quelle d'informazione, che sono molto numerose. Quest'anno però, stando al trend dei primi tre mesi, questa cifra è destinata sembra destinata almeno a raddoppiare.
In sala d'attesa attende Fabrizio B., artigiano edile di 50 anni, che abita a Lugagnano. È sposato e ha quattro figli, di cui tre ancora in casa. Si sfoga raccontando la sua storia:«Ho lavorato fin da giovanissimo, sempre in cantieri all'aperto e, purtoppo, mi sono rovinato la salute. Ho una grave forma d'artrosi e non posso fare più di tre o quattro lavori l'anno. Troppo poco. Così ho dovuto chiudere l'attività. Il problema è che lo Stato le tasse continua a chiederle, e salate, senza tenere conto che se uno non lavora non ha più reddito. Non capisco perchè non si possano ridurre le imposte in proporzione alla mole di lavoro che una persona svolge. E, come se non bastasse, mi è arrivato da pagare il sequestro di un immobile per tasse. mi hanno comunicato, inevase vent'anni fa. Una faccenda, tra l'altro, tutta da chiarire. Il risultato è che adesso sono qua a iscrivermi nelle liste per trovare un lavoro. Ma non è certo una cosa facile».
Vicino a lui c'è la moglie Maria:«Mi alzo ogni giorno alle quattro per andare a fare le pulizie negli uffici. È un lavoro duro e il salario è quello che è. Devo stare attenta fino all'ultimo centesimo quando faccio al spesa. Dobbiamo stare attenti anche a quello che mangiamo. E ho tre ragazzi che ancora studiano. È un periodo difficile per molte persone. Sento tante colleghe che hanno i mariti con lavori a termine e non sanno come fare ad arrivare a fine mese. Il problema», commenta amara, «è che in Italia se si lavora onestamente si guadagna poco».
Nella stessa sala d'aspetta c'è Stella, una signora romena di 50 anni. È diplomata infermiera in Romania e ha fatto anche un anno d'università. È in Italia da quattro anni:«Sono dovuta venir via dal mio Paese perchè guadagnavo ormai pochissimo e anche perchè sono stata truffata e mi hanno portato via la casa. Qui in Italia ho fatto diversi lavori, anche negli alberghi come cameriera ma vorrei un lavoro più stabile. Così ora mi sono iscritta a un corso per operatore socio sanitario. Almeno potrò lavorare o come badante o in qualche casa di riposo. Finora ho trovato solo lavori precari».
Un'altra signora romena, Maria, pure lei cinquantenne attende con il suo biglietto in mano:«Sono in Italia da nove anni e finora ho lavorato come infermiera, nelle case di riposo. Anch'io ho deciso di frequentare un corso per operatore socio sanitario per avere una qualifica che mi consenta di avere un salario un po' più passabile. Qui a Verona ho tutta la mia famiglia e le esigenze sono sempre di più».
In sala d'attesa arriva Elisa, veronese, 30 anni. È laureata in Giurisprudenza. Ha lavorato come praticante per alcuni mesi nello studio di un avvocato ma poi ha deciso che non era quella la sua strada: «Beh, soldi pochissimi e, in compenso moltissimo lavoro. La prassi è questa per gli aspiranti avvocati. E poi bisogna passare l'esame di Stato. Ho visto colleghi tentare diverse volte senza successo. Ho anche lavorato per un anno, con un contratto a progetto, in un'azienda di servizi. Ma quando sono rimasta incinta non mi hanno più rinnovato il contratto. Sono anche ricorsa alle agenzie per il lavoro interinale ma senza troppo successo. Ora mi iscrivo qui. Mi accontenterei anche di fare l'impiegata contabile».
Vicino a lei c'è una giovane, pure lei veronese. Ha 23 anni, un diploma professionale e per sei anni ha lavorato in un negozio di parrucchiera:«Ho deciso di cambiare perchè prendevo molto poco, sì e no 800 euro al mese. E se sei da solo non ce la fai a mantenerti. Il mio sogno è di poter lavorare in proprio ma, intanto, sono disposta a fare qualsiasi lavoro, possibilmente pagato un po' meglio».
In sala d'aspetto entra un'altra signora. Ha 46 anni, veronese, si chiama Graziella. «Ho lavorato fino a pochissimo tempo fa in un negozio di alimentari a Verona. Purtroppo i proprietari hanno ceduto l'attività e io sono rimasta a piedi. Sono commessa banconista, pratica nel settore gastronomia. Sono venuta qui per informarmi sull'indennità di disoccupazione ma anche per iscrivermi nel registo per l'impiego. Non posso permettermi di restare a casa. Sono separata e con un figlio di 14 anni da mantenere. Ho lavorato fin da quando avevo 16 anni e il lavoro non mi spaventa di certo, nessun tipo di lavoro. Ma adesso al situazione s'è fatta proprio difficile».
Un'altra signora resta in disparte. Non vuole dire il suo nome ma poi, parlando, salta fuori che ha 42 anni, veronese, e che perso il lavoro da un anno. «Per un'ingiustizia», precisa. e Poi aggiunge:« A quarant'anni non ti ricicli più. Le aziende vogliono personale giovane, così lo sfruttano meglio, senza tenere conto che una persona diciamo matura ha non solo più esperienza ma anche una situazione personale già definita. Insomma, figli eventualmente ne ha già e non creerebbe problemi, se così li vogliamo chiamare, di assenze per maternità. Invece dopo i 35 anni sembra che abbiamo la "peste"».
Arriva Federica, 27 anni, veronese, diploma come perito linguistico, reduce da esperienze professionali «poco fortunate». Ha fatto qualche periodo di lavoro, precario, ma ora sta cercando una vera occupazione:«Mi piacerebbe lavorare in un settore che ha rapporti con l'estero ma qualsiasi occupazione mi andrebbe bene. Con questi chiari di luna non ci si può permettere di fare i difficili».
Vicino a lei si siede un immigrato nigeriano di 40 anni. È in Italia da circa un anno, con la moglie che comunque lavora:«Sono artigiano, falegname restauratore, ma non sono riuscito a trovare nulla. È veramente molto difficile. Spero che iscrivendomi nelle liste della Provincia possa saltare fuori qualcosa».
E c'è Manuele, 31 anni, arrivato dalla Sardegna nel 2001. È un autista con patente C e E. «Finora sono sempre riuscito a lavorare con dei contratti a termine. Solo che qualche anno fa era più facile trovare lavoro. Ultimamente è sempre più difficile. Ho appena terminato un contratto con l'aeroporto Catullo e ora mi devo reiscrivere nelle liste della Provincia. Ho fatto e sono disposto a fare qualsiasi tipo di lavoro, magazziniere, mulettista, non mi importa. Il mio sogno è un lavoro fisso, penso come tutti. Non si può restare precari a vita».
Un'altra storia è qualla di Andres, un colombiano di 32 anni, in Italia da 13, che per sette anni ha lavorato in una cooperativa come operaio. «Poi la cooperativa ha perso l'appalto e ci siamo trovati tutti per strada», racconta sconsolato. «Ho girato una quantità di cooperative per vedere se riuscivo a trovare un'occupazione ma non c'è stato niente da fare. Pare che trovare un lavoro sia diventato impossibile».

Roma, capitale dei nuovi poveri

Crescono le famiglie che non ce la fanno: molti s'affidano
ai centri di assistenza gestiti da Sant'Egidio e Caritas


Mille, a volte duemila pacchi al giorno. Sono i numeri dei «viveri» distribuiti ogni giorno ai nuovi poveri di Roma dalla Comunità di sant'Egidio. Allo sportello di via Anicia, a Trastevere, si presentano sempre più numerosi, uomini e donne, di ogni età. Sono persone comuni, che fino a qualche mese fa avevano un lavoro regolare, capifamiglia, casalinghe, giovani ex precari traditi dalla flessibilità: sono un piccolo esercito. Accanto a loro, al centro di accoglienza trasteverino, in coda con il numero del proprio turno, ci sono persone che da anni non hanno altra chance se non quella di far conto sulla solidarietà e la carità, cristiana o laica che sia. Disoccupati, senza fissa dimora, pensionati con la minima, gente che dovrebbe campare una famiglia con 350-400 euro al mese. E come si fà?

EMPORIO DELLA CARITA' - Alla Caritas di via Marsala, dove giorni fa è emersa - rivelata da Fabrizio Peronaci sulle pagine tomane del Corriere della Sera - la storia dell'informatico Salvatore Clemente, divenuto clochard dopo la separazione e il pignoramento dello stipendio, c'è un'altra schiera di nuovi poveri. Anche qui sono centinaia i romani che hanno oltrepassato la soglia della povertà perchè rimasti senza lavoro o in cassa integrazione (secondo Confindustria, a Roma e Provincia il ricorso alla Cig è aumentato del 282% nel primo trimestre 2009). E all'Emporio della carità, il primo supermercato dove la spesa è gratuita, voluto da monsignor Guerino Di Tora, si sta studiando come allargare l'accesso a più nuclei famigliari possibili, dopo che nella prima fase sperimentale il negozio senza casse era stato aperto a 200 famiglie romane.

RECUPERO TRA GLI SCARTI - Nei mercati rionali, raccontano alcuni operatori dell'Ama, la raccolta delle cassette di frutta e verdure scartate perchè non più commerciabili, è divenuta più lenta perchè tra i cumuli di carciofi troppo vecchi per esser venduti e zucchine da selezionare e ripulire dal marciume, si aggirano sempre più persone in cerca di qualcosa di recuperabile, da mettere poi in tavola senza spesa. Il pudore viene vinto dallo stato di necessità. E non sono più soltanto anziani o pensionati che non ce la fanno a tirare fine mese. Non bastasse, a dare il segno della crisi, ci sono le misure antitaccheggio applicate da alcuni grandi magazzini e supermercati anche ad articoli sotto i 6-8 euro: i furti per necessità sono in crescita esponenziale, tanto che neppure i colossi della grande distribuzione a Roma possono più permettersi di chiudere un occhio. E' la Capitale dei nuovi poveri, ma non è un caso a sé. Roma non è che lo specchio di quanto accade in molte grandi e medie città italiane.