LA PETIZIONE DA FIRMARE
martedì 26 maggio 2009
Il salario sotto pressione
UNA FAMIGLIA SU CINQUE IN DIFFICOLTA'
(AGI) - Roma, 26 mag. - Una famiglia su cinque ha difficolta' economiche crescenti e il 6,3% addirittura non riesce ad arrivare a fine mese. Lo scenario e' tratteggiato dall'Istat nel Rapporto annuale 2008. Secondo l'Istituto di statistica, il 22% circa delle famiglie italiane e' vulnerabile mentre il 41,5% si puo' definire "agiato". Nel dettaglio, l'Istat spiega che del 22% di chi ha problemi circa 2 milioni e mezzo di famiglie (il 10,4%) segnalano difficolta' economiche piu' o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono a effettuare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro. Sono la Sicilia (20,1% e la Calabria 17,1% le regioni dove e' maggiore la frequenza di questo gruppo. Circa 1 milione 330 mila famiglie (5,5%) incontra difficolta' nel fronteggiare alcune spese. La maggioranza di queste famiglie si e' trovata almeno una volta nel corso del 2007 senza soldi per pagare le spese alimentari, i vestiti, le spese mediche e quelle per i trasporti. Dal punto di vista territoriale "le famiglie in difficolta' per le spese della vita quotidiana" risultano relativamente piu' diffuse nel Mezzogiorno. In particolare Sicilia 12,3%, Calabria 11,6 e Puglia 10,3%. Circa 1 milione e 500 mila famiglie (6,3%) denunciano, oltre a seri problemi di bilancio e di spesa quotidiana, piu' alti rischi di arretrati nel pagamento delle spese dell'affitto e delle bollette, nonche' maggiori limitazioni nella possibilita' di riscaldare adeguatamente la casa e nella dotazione di beni durevoli. Sono residenti al Sud, in Campania 15,1% e in Puglia 12,3%, mentre in tutte le regione del Centro-Nord rappresentano meno del 5% della popolazione di ciascuna regione. Le condizioni del mercato del lavoro peggiorano a causa della crisi in atto. Per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati nel 2008 (183 mila unita' in piu' rispetto al 2007) e' stata inferiore a quella dei disoccupati (186 mila in piu'). In particolare la disoccupazione torna a crescere dopo quasi dieci anni, coinvolge in misura maggiore gli uomini e interessa soprattutto il Centro e il Nord-ovest, anche se il Mezzogiorno si conferma l'area con la maggiore concentrazione di disoccupati. Non solo, il fenomeno si sta progressivamente spostando verso le classi di eta' piu' adulte. Il "nuovo" disoccupato e' infatti un uomo di eta' compresa tra i 35 e i 54 anni, che ha perso un lavoro alle dipendenze nell'industria, risiede nel Centro-Nord, e' in possesso al piu' della licenza secondaria e spesso ha responsabilita' familiari. L'Istituto sottolinea anche che lo scorso anno la perdita dell'ultimo lavoro riguarda in prevalenza gli individui in eta' adulta e in misura piu' rilevante la componente maschile. In termini assoluti interessa maggiormente il lavoro dipendente, ma ha colpito anche i lavoratori in proprio. Il principale motivo della perdita del lavoro e' la scadenza di un contratto a termine. La perdita del lavoro per licenziamento, tuttavia, registra nel 2008 un incremento del 32% e in due terzi dei casi riguarda gli uomini. Quasi la meta' dei precari ha un'esperienza decennale e la sua retribuzione mensile e' pari al 24% in meno di un lavoratore "standard". Il lavoro atipico rappresenta la principale modalita' di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, ma nonostante questo quasi la meta' degli atipici (che sono quasi 2,8 milioni) possiede una esperienza lavorativa almeno decennale.
Istat: un milione e 300mila atipici sono precari da 10 anni
ROMA, 26 MAGGIO (Apcom) - Il lavoro atipico rappresenta la principale modalità di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Ciò nonostante, quasi la metà dei lavoratori atipici possiede un'esperienza lavorativa almeno decennale. Inoltre, questo tipo di contratto riguarda sempre più gli occupati adulti, spesso con responsabilità familiari. Lo rileva il rapporto annuale dell'Istat, sottolineando che 600mila lavoratori temporanei hanno iniziato a lavorare da non più di due anni, ma un milione e 300mila sono presenti nel mercato del lavoro da più più di un decennio. Nell'80% dei casi si tratta di occupati con almeno 35 anni di età. Ciò significa, precisa l'Istat, che i lavoratori temporanei corrono il rischio di entrare nella trappola della precarietà. Gli atipici sono svantaggiati anche dal punto di vista economico: la retribuzione media mensile netta di un dipendente a termine a tempo pieno è di 1.026 euro, il 24% in meno di un dipendente standard a tempo pieno.
Maschio, sposato, di mezza età Per l'Istat è il "nuovo disoccupato"
ROMA - Tra i 35 e i 54 anni, maschio, residente al Centro-Nord, con un livello di istruzione non superiore alla licenza secondaria, coniugato o convivente, ex titolare di un contratto a tempo indeterminato nell'industria. E' il "nuovo disoccupato", secondo la descrizione che ne fa il Rapporto Annuale dell'Istat. Perché la crisi non ha prodotto solo disoccupati 'di lusso' come i manager, non si è accanita solo sulle categorie da sempre in Italia ai margini del mercato del lavoro: i meridionali, i giovani, i precari, le donne. La novità della crisi è che a perdere il lavoro sono "i padri di famiglia", le figure di riferimento, che magari portavano a casa stipendi mediocri, ma tali comunque da permettere ad altre persone (moglie, convivente, figli o altri parenti) di condurre un'esistenza dignitosa.
Più disoccupati anche tra gli stranieri. La crisi non ha risparmiato neanche gli stranieri, e anche in questo caso, i più colpiti sono stati gli uomini di età media: "L'andamento dell'ultimo anno - si legge nel Rapporto - segnala un forte calo delle donne disoccupate con responsabilità familiari, soprattutto di quelle con figli, arrivate a incidere non più del 70 per cento a fronte del 78 per cento di tre anni prima. Al contrario, gli effetti della crisi sembrano aver investito i loro coniugi/conviventi uomini, la cui incidenza è invece aumentata in maniera significativa, specie negli ultimi tre trimestri".
Va peggio alla fascia 40-49 anni. Tanto che nel quarto trimestre del 2008 la quota dei disoccupati stranieri arriva a superare il 10 per cento del totale dei senza lavoro, contro il 6,1 per cento del primo trimestre del 2005. "In particolare - rileva l'Istat - gli stranieri tra i 40 e i 49 anni accusano più degli altri gli effetti della fase recessiva, e spiegano circa il 50 per cento dell'incremento della disoccupazione maschile".
Il deterioramento del mercato. Dunque i due fenomeni sono collegati. I maschi adulti con carichi familiari, italiani o stranieri, sono diventati i più vulnerabili in una situazione di generale peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro: infatti nel 2008, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati (183.000 unità) è inferiore a quella dei disoccupati (186.000 unità).
La disoccupazione si fa adulta. Perdono il lavoro i titolari di un contratto a termine, o atipico. Ma vengono licenziati anche i titolari di un contratto a tempo indeterminato (+32 per cento nel 2008). In dettaglio, questa l'analisi dell'Istat: "Un disoccupato su quattro ha un'età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre l'aumento delle persone tra 35 e 54 anni spiega quasi i due terzi dell'incremento totale della disoccupazione. Si è passati nel tempo da una disoccupazione da inserimento, essenzialmente concentrata nei giovani con meno di 30 anni fino alla metà degli anni Novanta, a una sempre più adulta. Nel corso del 2008 questa tendenza ha accelerato".
Più 'padri' atipici o precari. La crisi ha colpito di più le famiglie con figli, a loro volta vittime di un mercato del lavoro che più che mai li respinge (il tasso di occupazione giovanile, pari al 42,9 per cento, nel 2008 è sceso di sette decimi di punto rispetto al 2007). E allora, accanto alla disoccupazione dei 'padri', si registra un peggioramento del tipo di lavoro. "Tra il 2007 e il 2008 i padri con un'occupazione part time, a termine o con una collaborazione sono 17.000 in più; quelli con un'occupazione 'standard' 107.000 in meno": cioè tra i tanti che vengono licenziati, qualcuno riesce a riciclarsi con un lavoro precario. Tra padri e figli, i più colpiti sono quelli meno istruiti, che al massimo hanno un diploma di scuola media superiore.
Le famiglie che non arrivano a fine mese. La diminuzione o il venir meno dei redditi da lavoro produce povertà. L'Istat individua circa un milione e 500.000 famiglie (il 6,3 per cento del totale) che arrivano alla fine del mese "con grande difficoltà" e che, nell'81,1 per cento dei casi, dichiarano di non essere in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro. In questo gruppo ci sono le famiglie indietro con il pagamento delle bollette, che non possono permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione (45,8 per cento). Hanno difficoltà ad acquistare vestiti (62,9 per cento) o ad affrontare le spese per malattie (46,6 per cento). In genere le famiglie di questo gruppo contano su un unico percettore di reddito con un livello di istruzione non superiore alla licenza media, di età inferiore ai 45 anni. Ci sono poi 1,3 milioni di famiglie che hanno difficoltà leggermente inferiori, ma che spesso, a causa dei redditi bassi (nella maggior parte dei casi possono contare su un unico percettore di reddito che ha la licenza media inferiore), hanno difficoltà nei pagamenti, nell'acquisto di alimenti e vestiti, e anche nel riscaldamento della casa.
Le famiglie 'agiate' sono 10 milioni. All'altro estremo si collocano le famiglie agiate: 1,5 milioni che arrivano alla fine del mese "con facilità o con molta facilità", 8,6 milioni che lamentano solo qualche difficoltà sporadica, "imputabile più allo stile di consumo che a vincoli di bilancio stringenti". Abitano soprattutto al Nord, con una prevalenza di residenti in Trentino Alto Adige e in Valle d'Aosta.
Le famiglie con difficoltà relative. Al centro si collocano le famiglie che non hanno difficoltà economiche eccessive, ma che non risparmiano (spesso si tratta di anziani); le famiglie giovani gravate da un mutuo per la casa, che assorbe una parte più che consistente del reddito disponibile; e infine le famiglie cosiddette 'vulnerabili'. Si tratta di 2,5 milioni di famiglie, il 10,4 per cento del totale: sono a basso reddito, una parte ha una casa di proprietà, una parte vive in affitto. La loro vulnerabilità è data dal fatto che contano su un solo percettore di reddito, che nel 41,4 per cento dei casi ha preso soltanto la licenza elementare.
Oggetto: Convocazione
Roma, 25 maggio 2009
Le SS.LL. sono invitate a partecipare alla riunione che si terrà il giorno 28 maggio p.v., alle ore 17:30, presso la sala riunioni VI piano, sede di via Brancati, per discutere il seguente punto all’Ordine del giorno:
· Esame situazione personale precario ISPRA.
Brunetta contro l'Ispra: fannulloni o precari?
da bighunter.it - Il Ministro Brunetta, noto soprattutto per la campagna mediatica sui cosiddetti “fannulloni” del pubblico impiego, si è recentemente scagliato contro i dipendenti dell'Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra), denunciando un comportamento oltremodo assenteista dei ricercatori ambientali statali. I dati riportati dal ministro sulle assenze sono stati contestati dal segretario generale della Flc Cgil Mimmo Pantaleo che ha definito le parole del ministro “un'incomprensibile caricatura e mistificazione della realtà”. Secondo la Cgil infatti i numeri del ministro non corrisponderebbero alle effettive assenze del personale e si riferirebbero al bimestre febbraio – marzo 2008, periodo in cui l'Ispra ancora non esisteva. Secondo quanto riferisce una nota Ansa, il sindacalista Pantaleo ha sottolineato come “tutto cio' sia funzionale a costruire strumentalmente falsi teoremi che preludano ai licenziamenti dei precari dell'Ispra, che nel mese di giugno sono in scadenza''. Gli scontri tra l'Istituto e il ministro Brunetta non sono cosa nuova, mesi fa i precari dell'Ispra avevano occupato in centinaia la sede romana dell'istituto contro l'emendamento di Brunetta alla finanziaria per l'annullamento delle stabilizzazioni.