LA PETIZIONE DA FIRMARE

lunedì 15 giugno 2009

Bozza di lettera da inviare alla stampa

Abbiamo preparato una lettera che vorremmo inviare alle redazioni dei giornali e/o a programmi di approfondimento, per informare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo in Ispra. L’intenzione è quella di inviarla allegando almeno 215 firme di colleghi precari (il 50 % del totale dei precari) al fine di dare forza e credibilità all’iniziativa. Pertanto invitiamo tutti i colleghi a leggere con attenzione la lettera (verificando in particolare i riferimenti normativi e il riferimento al lavoro atipico) segnalando tramite il blog eventuali errori ed imprecisioni in essa contenuti. La lettera è di tutti noi e si è cercato quindi di fornire un quadro rappresentativo ma sintetico della nostra realtà. Chiunque ritenesse di non essere stato rappresentato o credesse che ci siano degli aspetti importanti da segnalare possono dare il loro contributo su questo blog. Vi ricordiamo che, per ovvie ragioni di comunicazione, la lettera deve essere molto sintetica. Vi chiediamo inoltre di spargere voce tra i colleghi invitandoli a connettersi al blog per prendere visione della lettera in quanto la miglior cosa sarebbe di riuscire a contattare le redazioni giornalistiche prima dei ballottaggi delle amministrative. Il tempo quindi è pochissimo!

Per la raccolta delle firme comunicheremo come fare.



Egr. Direttore,

siamo 430 lavoratori precari dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Per meglio chiarire il termine “precari”, tanto inviso ad alcuni ministri, le tipologie contrattuali con le quali siamo inquadrati nell’Istituto vanno dai co.co.co ai tempi determinati, fino agli assegni di ricerca. Il 30 giugno circa 200 di noi, che in molti casi hanno un’esperienza superiore a cinque anni nell’Istituto, rimarranno senza lavoro e la stessa sorte toccherà nei mesi successivi agli altri, a causa delle norme fortemente volute dal ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che rendono di fatto impossibile l’estensione dei contratti in scadenza. Questo è quanto comunicato dalla struttura commissariale, attualmente a capo dell’ente, in un incontro con le rappresentanze sindacali.

Le norme che, salvo interventi normativi dell’ultima ora, determineranno l’epilogo della nostra esperienza nell’Istituto, sono in particolare l’art. 46 della Legge 6 agosto 2008, n. 133 e l’articolo 3 della Legge Finanziaria 2008: sottolineiamo come le risorse economiche necessarie al rinnovo dei contratti fino al 31/12/2009 siano già state accantonate e dunque, come del resto confermato dai commissari, il problema non è economico ma politico. Entrando nel merito, la prima norma citata vieta alle pubbliche amministrazioni di “ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell’arco dell’ultimo quinquennio”, mentre l’altra fa divieto alle amministrazioni di impegnare una quota superiore all’80% del bilancio per pagare il personale. Essendo stato tale limite superato dall’Istituto, la struttura commissariale ha individuato nel non rinnovo dei contratti in scadenza l’unico strumento per rientrare nei limiti di legge.

Data la situazione, appare surreale il fatto che il ministro competente, On. Prestigiacomo, non si sia ad oggi preoccupato di incontrare i sindacati dell’istituto, a meno di venti giorni dalla scadenza di quasi 200 contratti.

Con questa lettera desideriamo portare all’attenzione Vostra e dell’opinione pubblica la nostra situazione, evidenziando le palesi contraddizioni contenute nelle motivazioni addotte dal Ministro della Funzione Pubblica per giustificare l’attuazione delle norme citate. Negli scorsi mesi, infatti, il ministro Brunetta ha giustificato i provvedimenti ricorrendo ad una serie di affermazioni spesso tese, a nostro avviso, ad occultare il problema distorcendo la realtà dei fatti. E’ dunque opportuno riportare la realtà delle cose al centro della discussione. La realtà per noi è costituita dal nostro lavoro di questi anni, con tutte le difficoltà legate, da una parte alla condizione di precarietà, dall’altra alla condizione di un Istituto che in pochi anni ha subito vari commissariamenti e ristrutturazioni, le cui ragioni sembrano più derivare più da logiche politiche che non dalla ricerca di una maggiore efficienza nell’attività dell’ente.

Rispondiamo dunque qui di seguito ad alcune esternazioni del ministro Brunetta sulla base della nostra esperienza diretta

Brunetta: “Possiamo chiamare i precari come lavoratori con contratto a tempo determinato?”

(la7- trasmissione Otto e mezzo settembre 2008)

No, non è possibile chiamare i precari come lavoratori a tempo determinato poiché tale definizione sarebbe una distorsione della realtà. I precari dell’Istituto così come riteniamo purtroppo di molte altre realtà del Paese, sono un complesso assai eterogeneo costituito, oltre che da lavoratori a tempo determinato, da lavoratori con contratto cococo, e con assegno di ricerca (check).

Brunetta: “Li chiamerei lavoratori flessibili e non precari perchè la parola precario mi fa venire l'orticaria», ………io stesso ho fatto il precario tanti anni all’università”

(mercoledì 6 maggio 2009 il Messaggero)

Brunetta: coloro che non hanno titolo per entrare nella stabilizzazione non sono precari…sono lavoratori flessibili

(la7- trasmissione Otto e mezzo 8/04/ 2009)

No, siamo precari non flessibili. Quando il tuo contratto viene rinnovato di sei mesi in sei mesi, per anni, senza che le attività in oggetto subiscano o siano suscettibili d’interruzioni, come è accaduto per molti di noi, non sei un professionista che a fine prestazione rilascia fattura: sei una persona che potrebbe perdere il posto di lavoro solo perché cambiano gli indirizzi di governo, indipendentemente dalla propria prestazione.

Crediamo sia interessante soffermarci sulla locuzione “lavoratore flessibile”. Chi sono i lavoratori flessibili e cosa li differenzia dal precario?

L’obiettivo dichiarato delle leggi in materia di lavoro flessibile è duplice: da una parte favorire l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, dall’altra sopperire ad emergenze o necessità temporanee di un datore di lavoro. E’ da sottolineare come, per contratti diversi da quelli di formazione, apprendistato o d’inserimento, non sarebbe in teoria possibile fare ricorso a contratti di tipo flessibile per mansioni connesse alla normale attività del datore di lavoro. Fatta questa precisazione, è per noi importante evidenziare come queste caratteristiche non siano in alcun modo riscontrabili in gran parte dei rapporti di lavoro di coloro che a partire da Giugno non vedranno rinnovati gli stessi.

Vi sono precari cococo che lavorano su progetti istituzionali che non hanno un termine temporale.

Vi sono tempi determinati che, nell’Istituto, hanno lo stesso inquadramento, le stesse mansioni e la stessa carriera dei colleghi a tempo indeterminato recentemente stabilizzati, con l’unica differenza nel posizionamento nella graduatoria di un concorso che è stato fatto nel 2004 dall’Istituto.

Vi sono tecnici informatici con contratto cococo che costituiscono il 50% della forza lavoro del settore informatico e che svolgono attività “strutturali” e fondamentali per la continuità del funzionamento dell’Istituto.

Vi sono i precari dell’ufficio del protocollo che svolgono attività ordinarie indispensabili nel nostro Istituto che si paralizzerebbe se tale ufficio non funzionasse in maniera continua ed efficiente.

E l’elenco potrebbe continuare con molti altri esempi.

Brunetta:non si può pensare che lo stato sia il grande ammortizzatore sociale, che la pubblica amministrazione sia il luogo dove lavori tre mesi e poi chiedi di essere stabilizzato.

Le persone che a partire da fine giugno non vedranno rinnovato il proprio contratto di lavoro non sono lavoratori stagionali che hanno prestato servizio nell’Istituto per tre mesi, bensì precari che nell’Istituto lavorano da molti anni, da 3, 5 o anche da 10 e in modo continuativo.

Brunetta: La PA è l’unico luogo in tutta Italia dove non c’è un licenziato non c’è un cassintegrato. La sua domanda fa riferimento al cosiddetto lavoro flessibile o ai cosiddetti lavoratori precari che per definizione sono flessibili

(la7, trasmissione 8 e mezzo dell’8/04/2009)

non c’è bisogno di una moratoria di licenziamenti nel settore pubblico perché semplicemente non vi saranno licenziamenti dal 1 luglio nelle pubbliche amministrazioni.

(ANSA 25 maggio 2009)

E’ vero, dal 1° luglio nel settore pubblico non ci saranno licenziati bensì lavoratori ai quali più semplicemente non verrà rinnovato il contratto di lavoro. La differenza tra le due condizioni è solamente di tipo formale perché in entrambi i casi sia colui che è stato licenziato sia colui al quale il contratto di lavoro non è stato rinnovato verrà a mancare uno stipendio a fine mese.