LA PETIZIONE DA FIRMARE

martedì 31 marzo 2009

Risultati Monitoraggio

Sono stati pubblicati i risultati del monitoraggio richiesto da Brunettolo.........siamo alle solite!!!!

Risultato monitoraggio ISPRA

DISOCCUPATI? CI PENSA "IL GIORNALE" A TROVARVI UNA COLLOCAZIONE!

31 mar. - di GioZ. Il Giornale diretto da Paolo Giordano sta conducendo una promozione a mezzo stampa per contrastare quanti, a suo dire, esagerano parlando della crisi: il direttore si è lanciato in una campagna per dimostrare che il lavoro c'è!
Sostiene che moltissime azienda hanno accolto il suo invito e quotidianamente piovono offerte lavorative. Il quotidiano si è trasformato in un'agenzia di collocamento!
Cari precari, disoccupati, insegnanti in sovrannumero, cassintegrati, ricercatori senza ricerca, pizzaioli senza forno, camerieri senza vassoio e via discorrendo cosa avete da lamentarvi? Da oggi saprete a chi rivolgervi.
L'iniziativa sembra dare voce (solo coincidenza!) a quanto affermato dal Presidente Berlusconi che se il lavoro non c'è non bisogna stare con le mani in mano ma darsi da fare, arrangiarsi.
Che un giornale si occupi del mondo del lavoro dando anche suggerimenti e indicazioni ben venga, ma che spacci l'iniziativa per dimostrare che la crisi non è così drammatica come qualcuno sostiene è piuttosto incredibile.
È offensivo per le migliaia di persone che ogni giorno vivono questa situazione sulla propria pelle in modo drammatico.
Del resto il "portavoce" ufficiale del governo non è nuovo a iniziative singolari. Appena qualche giorno fa distribuiva consigli su come sfruttare la grande idea del "piano casa"...peccato che ancora non c'è!

lunedì 30 marzo 2009

New sul nostro futuro!!!


Incontro con La Commare del 03/03/2009 a Roma


Ecco i punti discussi nell’incontro avuto ieri, martedì 3 Marzo 2009, con La Commare (vice prefetto della funzione pubblica, temporaneamente dislocato all’ISPRA).

Dopo una piccola presentazione da parte di Barbara, La Commare afferma di conoscere piuttosto a fondo la situazione dei tre enti soppressi e di aver operato fin’ora per impedire il protrarsi di un utilizzo sconsiderato delle risorse da parte dei tre enti (vedi benefit per i dipendenti ex-APAT) e per sanare un rapporto di “sudditanza” esistente con il Ministero dell’Ambiente (per far questo sono state anche interrotte delle convenzioni con tale Ministero, nel nostro caso si veda la questione AEWA).

Continua affermando di sapere perfettamente quale sia la situazione dei precari in exINFS, sottolineando che la nostra attuale debolezza consiste nel nostro esiguo numero. Tuttavia, fa presente che tale debolezza può costituire un piccolo punto a sostegno dalla richiesta di nuovi posti da mettere a concorso, per colmare l’attuale carenza di organico e sottolinea anche l’attuale penuria di posizioni ai livelli più alti. Per tale richiesta, si deve comunque considerare la significativa riduzione che tutti e tre gli exEnti sono chiamati a fare del numero di posizioni da mettere a bando per il proprio (si veda la riduzione dei posti richiesta anche a Randi che ha poi portato ai 53 attuali ndr) e l’attuale corrispondenza tra numero di precari e vacanze in pianta organica.

Detto questo procede con il sottolineare che il primo obiettivo che stanno cercando di raggiungere, come Commissari, è quello di sapere cosa serve all’Ente (exINFS ndr) per funzionare, considerando quali sono e quali saranno i compiti da svolgere a norma di legge ed i profili per il personale chiamato ad eseguire tali mansioni da mettere a concorso. Questi “profili” avranno un grado di specificità ma lontano dall’essere ritagliati sui precari attualmente presenti in ISPRA.

Sono stati chiesti ai vari uffici i profili di cui necessitano (Randi ne ha fornito un cospicuo numero) per poter continuare a svolgere le mansioni previste per l’Ente di appartenenza. Le richieste ammontavano a 300 assunzioni (tra Ricercatori e Tecnologi) La Commare ritiene che non sia possibile che l’ISPRA abbia ancora bisogno di un numero così alto di III livelli, in più rispetto agli oltre 200 che stanno per essere stabilizzati. Pertanto, al massimo, verranno messi a concorso 60 posti. Per questo è stato chiesto ai capi di dipartimento di ridurre sensibilmente le richieste (la biblioteca exAPAT ha chiesto 9 Tecnologi!!!), arrivando alle attuali 200 unità (circa).

Ha comunque ribadito che i profili dovranno assolvere le funzioni che gli exEnti sono chiamati a svolgere a norma di legge.

La Commare sostiene, inoltre, che ci siano degli accavallamenti di mansioni, ossia persone diverse nei tre exEnti che svolgono le stesse mansioni (a detta sua tra exINFS ed exAPAT), e ciò porta a considerare la possibilità di effettuare dei tagli per economizzare sul personale da assumere.

Al riguardo, gli è stato fatto notare che gli altri due exEnti si sono già “accaparrati” più di 200 posti e che, quindi, sarebbe opportuno avere un occhio di riguardo per l’exINFS nel momento in cui si dovranno individuare il n° di posti da mettere a concorso. Su questo, La Commare ha esplicitamente detto di essere d’accordo (fermo restano la valutazione delle necessità dell’exINFS e dei carichi di lavoro).

Al riguardo, infatti, il prof. De Castri (dell’Università di Roma, ?La Sapienza?) sta facendo un rilievo sui carichi di lavoro in ISPRA.

Ci viene comunicato che in data 26 febbraio u.s. hanno inoltrato una circolare con cui si fa pervenire una scheda riguardante il carico di lavoro, da compilare singolarmente da parte di ogni lavoratore ISPRA (dipendenti e precari a vario titolo). Tali schede dovrebbero permettere di far risaltare le effettive mansioni svolte dal personale, soprattutto precario, così da poter valutare quali siano effettivamente le esigenze dell’ISPRA.

Da una precedente ricognizione effettuata (ottobre-novembre), si sono resi conto che circa il 20% del personale exAPAT è sotto utilizzato.

Riguardo alla futura formulazione dei profili che verranno messi a concorso, La Commare sottolinea che non saranno assolutamente bandi-fotografia (p.e. “l’esperto in macrobentos litoraneo, con almeno 5 anni di esperienza in monitoraggio…”) ma si tratterà di richiedere 5-6 profili per una decina di posti ognuno. Alla fine dei concorsi, si vorrà ottenere un Ente in grado di espletare le funzioni attribuitegli per legge.

Gli abbiamo fatto anche notare che un bando che tenga conto della specificità dell’esperienza permette di selezionare personale che sappia, appena assunto, eseguire efficientemente il lavoro (in linea con l’obiettivo di “ottenere un Ente in grado chi di espletare le funzioni attribuitegli per legge”). La Commare dichiara, al riguardo, di aver esternato questa problematica al Ministro già ad Ottobre scorso e pensa che tale ostacolo si stia superando seguendo “una linea mediana”, rappresentata cioè dalla stabilizzazione degli attuali TD in exAPAT ed exICAM.

Quindi, pur essendo d’accordo con la precedente affermazione, il bando generico rimane l’unica soluzione accettabile (richiamandosi all’esempio precedente ha indicato un generico bando per biologo marino).

Si ritiene comunque d’accordo sul fatto che una porzione dei 60 concorsi (III livello) sia attribuita ad exINFS (1/3 dei totali messi a concorso).

Assicura e garantisce che verranno fatti senza alcuna propensione per uno degli Enti ma auspica che exINFS avrà un riconoscimento in virtù della forte carenza nella dotazione organica che lo contraddistingue.

Si richiede che venga riconosciuta l’esperienza maturata per qualunque tipologia di contratto (co.co.co., assegno di ricerca,borsa di studio).

Viene risposto che non ci potranno essere riserve poiché ce le "siamo" già giocate con le stabilizzazioni (!!!) però stanno valutando l’ipotesi di strutturare i concorsi in modo che si tenga comunque in considerazione l'aver svolto, a qualsiasi titolo, servizio in ISPRA.

Sottolinea nuovamente il fatto che non faranno concorsi cuciti su chi sta già lavorando in ISPRA ma su quale è o quale sarà il compito che l'Ente è chiamato a svolgere a norma di legge.

I concorsi di quest’anno daranno luogo ad una graduatoria, visto che per il 2011 si considera di mettere a concorso altri posti come richiederanno nel piano triennale di reclutamento.

NB le assunzioni possibili per il 2010 sono probabilmente state bruciate dalle stabilizzazioni fatte quest’anno.

Le ipotesi possibili per l’accesso ai concorsi che siano di qualche vantaggio per chi è precario ISPRA sono 2, ossia che il servizio svolto in un Ente pubblico sia


· un requisito d'accesso,


oppure

· sia valutato con un punteggio.


La parola d'ordine è scremare, quindi potrà esserci una prova pre-selettiva saltata da chi ha già prestato servizio in un Ente pubblico (non specifica se l'Ente sia ISPRA o qualsiasi altro).

Si ipotizza che i tempi siano i seguenti:


· Marzo uscita bandi per Amministrativi

· Aprile bandi per operatore tecnico e terzi livelli

· Maggio termine iscrizioni del secondo bando

· Giugno prova pre-selettiva

· Luglio prova scritta

· Settembre-Ottobre gli orali


ma non viene escluso che riescano solo a fare gli scritti entro fine anno e con uno dei decreti mille - proroghe si proceda nel 2010.

A questo punto vengono chieste spiegazioni riguardo al ridicolo bando 03/09.

Il primo punto è quello dell’importo bassissimo che viene motivato come uno stop alle differenze di trattamento tra i co.co.co. dell’ISPRA.

Si obbietta che il trattamento dovrebbe essere apportato alla competenza, qualifica, esperienza del profilo al quale si vuole conferire l’incarico. La Commare specifica che tale aspetto non è stato tenuto in considerazione e ribadisce che è stata solamente un’azione volta a controllare e a livellare i diversi trattamenti riservati ai co.co.co.

Si chiedono quindi informazioni sulla sorte dei 40 mila euro, che erano disponibili per i compensi dei 4 incarichi del bando, ma dichiara di non avere alcuna idea/informazione su questo argomento, rimandando agli esiti dell’incontro con i diversi direttori dei tre exEnti che avverrà il prossimo giovedì 5 marzo.

In definitiva sul bando uscito per l’assegnazione dei 4 incarichi del laboratorio di genetica dice di non saper nulla e anzi, credeva fosse stato formulato nella sede di Ozzano.

Riguardo al futuro dell’ISPRA, si ipotizza un accorpamento di diversi dipartimenti ma, al riguardo, aspettano indicazioni dal Ministro su come procedere.

Sindacati di base: «Uniti sulla nostra piattaforma sociale»

«Voi G14 con i responsabili della crisi; noi con i lavoratori, i disoccupati e i precari». Il grande striscione che apre il corteo di Cub, Cobas e Sdl organizzato a Roma per protestare contro i ministri del lavoro del G8 e lanciare la piattaforma sociale contro la crisi economica, ondeggia vistosamente sotto i colpi del vento. Si affaccia qualche innocua goccia di pioggia. E' questa l'unica vera "perturbazione" che disturba il grande e festoso serpentone che si snoda tra piazza della Repubblica e piazza Navona. Il resto? Solo qualche fumogeno e un paio di scritte irriverenti sulle vetrine di banche e agenzie immobiliari. E' lo stesso sindaco Alemanno a fine giornata a dover ammettere che si è trattato di semplici «intemperanze». Le prove generali di unità politica del "patto di base", il raggruppamento di organizzazioni sindacali che che ormai guarda con grandi speranze allo sciopero del 23 aprile, hanno avuto un buon esito. Hanno sfilato insieme precari della pubblica amministrazione, studenti, disoccupati e senza casa. Una "materia sociale" che non solo non ha nessuna intenzione di pagare la crisi ma che indica anche chiaramente le misure per uscire dal tunnel: aumento di salari e pensioni, blocco dei licenziamenti, estensione della cassa integrazione, salario sociale. nazionalizzazione delle banche per un nuovo intervento pubblico e ricoversione ecologica dell'economia. Subito dietro lo striscione di apertura a tenere banco sono i cordoni dei precari: dalla scuola, dalla ricerca, dai comuni dell'hinterland napoletano dove in settemila mandano avanti di fatto la pubblica amministrazione. «Brunetta ci vuole cacciare - dice uno di loro - ma l'ha capito o no che così si ferma tutto?». Molto folto anche il gruppo dei ricercatori dell'Ispra, ente pubblico che dovrebbe occuparsi di ambiente. Il condizionale è d'obbligo, perché il 45% dell'organico è precario e da giugno ogni momento è buono per cacciarli. Tanti i vigili del fuoco e gli autisti dei trasporti locali. Tra gli altri, ci sono anche i ferrovieri dell'Assemblea nazionale dei ferrovieri. «E' una manifestazione importante - sottolinea Dante De Angelis, messo fuori da Trenitalia perché ha denunciato la scarsa sicurezza dei convogli - che dovrebbe agire da stimolo per l'unità del sindacalismo di base». Non si può non notare lo spezzone unitario del mondo della scuola e della formazione, principalmente romano che ribadisce la contrarietà al decreto legge Aprea «che impoverisce la didattica verso gli studenti e blocca il futuro agli attuali precari e a quelli che devono ancora arrivare». Tre manifestanti svestiti da fantasmi: sono gli infermieri precari dell'Asl di Chieti che chiedono la stabilizzazione. «Siamo uniti tutti noi lavoratori perché questa crisi noi non la pagheremo», scandiscono dai megafoni. Tutti molto soddisfatti i tre portavoce di Rdb, Cobas e Sdl, sia per quanto riguarda la partecipazione - a fine giornata gli organizzatori annunciano dal palco circa 50mila presenze - sia la tranquillità con cui si è svolta l'inizitiva e, quindi, la riuscita politica della manifestazione. «Il punto di forza - sottolinea Piero Bernocchi, dei Cobas - è stato aver posto le basi di una grande alleanza sociale tra chi è precario, chi è nella scuola, chi lotta nel territorio, attraverso una piattaforma che va oltre il mondo del lavoro e si presenta come una vera piattaforma sociale anticrisi». Fabrizio Tommaselli sottolinea invece l'"anomalia" rispetto ad iniziative simili negli anni passati. «Le bandiere si sono mischiate e questo ha un grande valore simbolico positivo. I vari spezzoni non sono stati rigidamente divisi». Per Paolo Leonardi, della Rdb, «siamo qui di nuovo in piazza contro chi attacca il diritto di sciopero e di manifestare». Tra i manifestanti anche alcuni politici come il segretario nazionale del Prc Paolo Ferrero, Paolo Cento e il consigliere regionale del Lazio Luigi Nieri. «Ottima manifestazione, che tiene assieme tutti gli strati sociali colpiti dalla crisi: lavoratori ex garantiti, precari, disoccupati, studenti. Quindi molto utile e importante», commenta Ferrero. «Una manifestazione - aggiunge - che chiede al governo di cambiare politica visto che sino ad ora ha fatto solo gli interessi di chi la crisi l'ha provocata e non dei lavoratori che la stanno pagando». Tra gli altri hanno percorso il corteo le bandiere di Sinistra Critica e del Partito comunista dei lavoratori.

Il movimento si riprende Roma E lancia una sfida dentro la crisi


Comincia ad arrivare anche in Italia: non la crisi, ma il vento della risposta sociale, organizzata, di conflitto e di movimento. Questo è il segnale espresso dalla dimensione più "movimentata", appunto, della giornata di ieri a Roma contro il G14, il summit allargato del G8 sotto la presidenza italiana, su lavoro e welfare, che si svolge oggi nella capitale. Contro il G14, ossia per l'articolazione in piattaforma di rivendicazioni e di pratiche di quel «noi la crisi non la paghiamo» che è stato fatto rimbombare dall'Onda studentesca: ma che ora investe un'intero potenziale di insorgenza sociale. Arriva anche in Italia un certo vento "europeo": e non a caso succede a Roma quel che succede, mentre a Londra una moltitudine blocca la metropoli in vista del G20, il "successore" designato del G8 nella governance della globalizzazione e della sua crisi. E mentre almeno 15mila attiviste ed attivisti bloccano Francoforte e altrettanti Berlino, unendo alla pressione sul G20 il lancio delle mobilitazioni contro il prossimo vertice Nato in Germania e un link esplicito alla protesta contro il G14. Cosa è successo a Roma? Tante cose insieme. Anzitutto, se n'è andato in fumo il tentativo di calare sulla capitale una definitiva cappa repressiva attraverso l'applicazione, tante volte in questi giorni invocata dal sindaco Alemanno e dal suo gruppo di potere nel Pdl a congresso, del famigerato «protocollo». Quello firmato da Comune, Questura, Prefettura ma anche da Cgil Cisl Uil. Quello che renderebbe off limits per cortei e proteste l'intero centro storico - e politico. Proprio in questa fase sociale. Un protocollo che, evidentemente, non dovrebbe riguardare altri che quanti l'hanno voluto sottoscrivere. Ma che invece è stato brandito quale giustificazione delle cariche all'ateneo della Sapienza il 18 scorso, per impedire all'Onda di raggiungere i manifestanti dello sciopero della conoscenza indetto dalla stessa Cgil. Ebbene, ieri il protocollo e tanto più il suo (prevedibilissimo) abuso sono andati in fumo insieme al tentativo, operato da più parti, di dichiarare l'Onda stessa «morta», finita. E di "spaventare" la manifestazione indetta ieri contro il G14 dal "Patto di base", l'unità di Cobas, Cub-Rdb e Sdl. Doveva succedere di tutto: a partire dai «blocchi» indetti prima della partenza del corteo, per raggiungerlo da vari punti vicini a piazza Esedra, dai settori di "movimento". E invece è successo che i blocchi ci sono stati, tutti, e sono andati benissimo. Folto quello fissato alla stazione Tiburtina dai "Blocchi precari metropolitani" («Hate G8, out of control»), partecipato quello a via de Lollis da Action, che entrambi hanno raggiunto il blocco più esposto ai riflettori, quello lanciato da "Sapienza in Onda" sul luogo del delitto delle cariche del 18, a piazzale Aldo Moro. Da dove, alla fine, ci si è mossi in corteo in tanti verso piazza Esedra e ci si è ritrovati in migliaia quando a viale di Castro Pretorio si sono aggiunti la nuova rete degli "Indipendenti" («Che vita sarebbe senza profitto?», «Diffondi cospirazione») e il Coordinamento di lotta per la casa, che il blocco l'avevano mosso da Porta Pia. Blocchi veri e propri, insomma, per quanto mobili: perché l'obiettivo di stravolgere la "normalità" del sabato romano è stato raggiunto in pieno. Senza che il clima agitato dalle parti del Viminale nei giorni precedenti si sia potuto tradurre in azioni repressive di alcun genere. Quando questa composizione di movimento ha raggiunto la manifestazione dei sindacati di base si sono imposte diverse evidenze. La prima, certamente, che l'Onda non è affatto «morta», nonostante certe dichiarazioni anche interne al "dibattito" nelle facoltà e la scelta di alcuni di ritrovarsi direttamente a piazza della Repubblica: tanto più si è rivelata viva, la dinamica dell'Onda, che ieri l'intero composito spezzone di movimento è stato concordemente aperto dallo striscione dei "sapientini", seguiti da delegazioni nazionali, con la scritta «Guerriglieri (virgolettato e dedicato al ministro Brunetta, ndr ) anomali contro il G14 e per un nuovo welfare». Ma quando lo spezzone di "movimento" si è disteso nel corteo unitario, s'è imposta anche un'altra evidenza: che la geografia politica e sociale, l'equilibrio di soggetti di un fronte alternativo di conflitto dentro e oltre la crisi, sono mutati. Tanto, infatti, era il peso di studenti, precari, occupanti di case, attivisti dei centri sociali e delle reti d'azione sul corpo complessivo dei manifestanti. Un peso esercitato sotto un segno comune, rivendicato da tutte le "anime": l'irrapresentabilità, l'indipendenza politica e organizzativa dei movimenti. Un segnale che promette di cresce nelle prossime tappe: per lo sciopero generale indetto dallo stesso "Patto di base" per il 23 aprile, si parla già di «sciopero metropolitano». E stato il corteo stesso a mostrare che il segnale vuol essere inequivoco. Comincia all'inizio di via Cavour: prima banca, un'agenzia Unipol, «sanzionata» o «segnalata» in massa con uova, vernice, fumogeni e petardi. Poi l'agenzia Fata in via Pincherle, a due passi dal Viminale, con funzionari di Ps che perdono la testa, rintuzzati dalla reazione immediata del corteo. Quindi la Pirelli Re e ancora una banca, la Carim, sempre su via Cavour. Di seguito, fumogeni sul blindatissimo Altare della Patria. E a largo di Torre Argentina di nuovo un'Unipol. Infine a corso Vittorio un'agenzia di Banca Intesa. Tanto per chiarire, dopo l'azione del vasto "comitato romano contro il G8" all'Abi giovedì, il who's who della crisi. E per portare in Italia quel certo qual vento europeo.

domenica 29 marzo 2009

Berlusconi: questa è casa mia, qui comando io


di Alessandro Cardulli

Fini aveva degli impegni e non poteva assolutamente partecipare al terzo atto del gran varietà berlusconiano. Siccome poteva sembrare uno sgarbo al premier che celebrava la sua apoteosi si è inventato, lì su due piedi, che, essendo Gianfranco il presidente della Camera, era meglio si astenesse da manifestazioni di parte. Per dar più credibilità a questa bugia si è coinvolto anche il presidente del Senato.

Fini e Schifani erano così assenti. Non avevano più il posto riservato. Del resto le prime file, quelle riservate ai giovani, erano già state recuperate dalla nomenclatura. I giovani, quasi tutti in abito scuro e camicie celesti i maschi, più variopinti ma sempre, molto seriosi gli abiti delle ragazze che sembravano partecipare ad un matrimonio invece che ad un congresso, avevano avuto la loro parte, così come era stato stabilito dall’agenzia che, si dice, le aveva “offerti” al Pdl. Avevano anche parlato oltre ai quattro “lettori” che nell’osanna a Berlusconi, avevano aperto i lavori, un ragazzo e una ragazza, naturalmente quando la platea era quasi deserta. In fondo identica sorte era toccata alla Michela Brambilla che non l’ha presa proprio bene ed ora aspetta la “paghetta”, la nomina a ministro così come altri in attesa paziente. Non essendo Fini presente, Berlusconi ha evitato di rispondergli:testamento biologico, referendum, laicità dello stato, le riforme istituzionali, il modo in cui affrontare la crisi. Niente.

Nessuna risposta alle domande di Fini

Il capo del governo ha preferito evitare. Non poteva che fare così, dicono i suoi caporali, altrimenti avrebbe consacrato Fini come capo della minoranza. Proprio Gianfranco, fanno notare con una punta di malizia, si era definito tale anche se alcuni degli uomini a lui più vicini avevano preso le distanze. Insomma,non rispondendo, Berlusconi avrebbe fatto capire a chiare lettere che lui e solo lui è il “padre padrone” del Pdl che il partito nuovo è cosa sua. Rispondono i “finiani” di stretta osservanza che il capo del governo ha fatto una clamorosa autorete. Fini aveva detto che c’era un leader e ora ci volevano le idee. Ebbene, non rispondendo, il cavaliere ha dimostrato che le idee ce le ha solo il presidente della Camera e che esiste una minoranza e non di poco conto con la quale il presidente del consiglio dovrà fare i conti, passati gli effetti speciali dello spettacolo. Può essere. E’ certo, comunque, che Berlusconi ha mostrato la sua capacità di non dire niente, di raccontare balle, di inventare leggi, provvedimenti,investimenti che non ci sono, interventi per i precari, per i giovani, per gli anziani, sapendo che i media non lo sbugiarderanno, che quasi nessuno ricorderà dei bluff come la social card.

Un mix di autoritarismo e totalitarismo

Dietro questi giochi di prestigio c’è qualcosa di molto pericoloso che Berlusconi butta là. A lui- lo ha detto chiaramente- non basta quel 51% di voti che già oggi sono nelle disponibilità del Pdl. Non basta il bipartitismo. Vuole di più, di più, in un mix di totalitarismo e autoritarismo. Parlando di quanto ha fatto il governo per la ricerca e l’università, annuncia che la scuola pubblica dovrà essere definitivamente smantellata. Che ai figli dei ricchi saranno riservate le scuole migliori. Che scuola pubblica e privata sono la stessa cosa e le famiglie che vogliono mandare i figli dai privati avranno il rimborso delle spese sostenute. Nelle università la maggioranza dei componenti dei consigli di amministrazione sarà composta da esterni. E’ questa la parte più importante di un disegno antidemocratico: colpire la scuola, la formazione, la conoscenza è sempre stato l’obiettivo principale dei regimi autoritari, in qualsiasi parte del mondo. Da qui a smantellare la Costituzione il passo è breve. Ripete ormai come un disco rotto la litania che oggi il capo del governo non conta niente, può scrivere solo l’ordine del giorno dei lavori, il governo non conta niente, ha le mani legate dal parlamento. Ripropone quel “ pacchetto” che gli italiani hanno respinto con il referendum del giugno del 2006. Il 61% respinse i provvedimenti approvati dal centrodestra. Berlusconi li ripropone: o la sinistra accetta o facciamo da soli. Chissà come, visto che una Costituzione esiste ancora. Ai giovani in cerca di lavoro una proposta secca: “ fatevi le imprese”. Alle donne ricorda che il governo ha varato ben sette leggi a loro favore. Di che si tratta nessuno lo sa. Parla con tono, quasi pacato, a volte farfuglia qualche parola, blandisce i delegati che non contano niente, non hanno avuto voce in capitolo, definendoli “missionari della libertà”, alza la voce solo quando deve attaccare la sinistra e lo fa ogni cinque sei minuti.

Il dux chiama a raccolta il suo “popolo”

Un crescendo in particolare quando risponde alla sinistra che è la sua ossessione, all’opposizione, a Franceschini, il segretario del Pd, che lo aveva invitato a non candidarsi alle elezioni europee visto che c’è assoluta incompatibilità con l’incarico di presidente del consiglio. Quasi si altera e grida: “ Mi candido, è una candidatura di bandiera, del leader che chiama a raccolta il suo popolo”. Se è un leader si candidi anche Franceschini”. Un vero e proprio condottiero, un dux per usare il termine latino di quel “popolo” che, poco prima lo aveva acclamato presidente, senza passare per elezioni che sarebbero state un offesa al capo e aveva applaudito anche l’ufficio di presidenza, fatto di ministri, governatori, capi gruppo e qualche altro benvoluto da Berlusconi. Li vuole tutti intorno a sé mentre annuncia che ci saranno tanti organismo dove ognuno potrà trovare posto. Ce n’è per tutti i gusti. C’è Bondi, il monsignore dal tono cardinalizio destinato ad essere un sottocapo del partito, imperante Berlusconi, che aveva trovato il modo di leggere una clerico-lettera di saluto da parte di Baget Bozzo. Se ne sentiva davvero la mancanza. C’è l’altro coordinatore,Denis Verdini che, timidamente, accenna al fatto che alla Camera il testamento biologico qualche cambiamento potrà averlo e La Russa che tiene lezione a Bossi sul rapporto Pdl Lega e sul referendum elettorale. Tutte quisquiglie, direbbe Totò, che non scalfiscono il gran finale organizzato da Berlusconi in persona. A chiusura del discorso chiama tutta la presidenza del Pdl sul palco. “Le donne in prima fila, vieni qui Gelmini, Stefania dove sei, Carfagna vieni”: le chiama una per una. Intanto ha preso posto anche il coro. Foto di gruppo con signore,coro che intona inno alla gioia, meno male che Silvio c’è, fratelli d’Italia, gente che si arrampica sul palco. Le immagini sfumano, cala il sipario, le luci della ribalta si spengono, come dice Calvero-Chaplin in uno dei suoi un grandi film, domani è un altro giorno. Meno male.

Movimenti in movimento: più di 60.000 manifestano a Roma


Roma, 28 marzo. Il cielo è coperto, sembra voler piovere. Piazza Venezia è in attesa, pronta ad accogliere il corteo dei 60.000 che stanno arrivando compatti e decisi da Piazza Esedra. Le forze dell'ordine in assetto antisommossa. E arriva il fiume, un fiume umano, di precari, studenti, senza-casa, centri sociali, che raggiunge Piazza Navona, tra slogan, canti, striscioni, e qualche manifestazione di malcontento, che non turba però la tranquillità della manifestazione. Che è stata organizzata a livello nazionale dai sindacati di base (Cub, Cobas, Sdl), dai movimenti studenteschi, sociali e di lotta per la casa, in occasione della riunione dei Ministri del Welfare del G14, in programma proprio a Roma dal 29 al 31 marzo. Un movimento che vuole rappresentare un "no" deciso alla gestione della crisi del Governo, crisi della quale non si vuole pagare il prezzo, "la paghino banchieri e padroni, evasori e corruttori" è scritto sul manifesto che campeggia lungo le strade della capitale. E per ribadire che un "nuovo welfare" è possibile, per garantire a tutti reddito, pensioni casa, servizi pubblici e beni comuni. Al corteo, partito alle 15 da Piazza Esedra, si sono uniti i movimenti per la Casa, tra cui il nutrito gruppo dei Blocchi Precari Metropolitani, Action, Coordinamento di Lotta per la casa, e l'Onda, il movimento studentesco, che ha dimostrato di essere più vivo che mai. Lungo il corteo sono state "sanzionate" con la vernice rossa alcune banche e lanciati alcuni fumogeni contro l'altare della Patria; giunti in Corso Vittorio, i manifestanti hanno dato il via un lancio di scarpe contro il massiccio portone verde scuro del Dipartimento della Funzione Pubblica, un gesto che ha assunto ormai una sua precisa connotazione di protesta, dopo quello del giornalista iracheno contro Bush e dei precari in Francia. La manifestazione si è conclusa con un breve comizio al quale hanno preso parte i rappresentanti di tutti i gruppi presenti. Quello che è emerso chiaramente nella giornata di ieri a Roma, è un sentimento chiaro, leggittimo, forte, di opposizione ai modelli adottati dal Governo in materia di gestione della crisi, un Governo che lascia soli i cittadini che si ritrovano senza lavoro, senza casa, i precari, che sono quelli che ne pagano l'altissimo prezzo. Ma anche una volontà di rivendicare la libertà di manifestare, minacciata dal "protocollo" tanto discusso che vorrebbe trasformare in zone off limits per cortei e proteste le zone centrali della capitale. E' stata una manifestazione importante, all'unisono con altre città europee dove si sono svolte altrettante mobilitazioni. Comune denominatore un sentimento di rabbia e ribellione contro i banchieri e il governo in questa terribile crisi. Il prossimo giovedì a Londra è previsto un summit tra i leader delle 20 più grandi potenze mondiali nel tentativo di arginare quella che si è dimostrata la peggiore crisi economica alla quale il mondo abbia assistito, dagli anni Trenta ad oggi.

Roma,"Noi la crisi non la paghiamo"

Lo slogan "noi la crisi non la paghiamo" è stato il filo conduttore del corteo promosso da Cub, Cobas e Sdl intercategoriale alla vigilia del "G8 sociale", il meeting dei ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali in programma da domenica a martedì alla Farnesina. Gli organizzatori parlano di 50mila partecipanti tra operai, lavoratori della scuola e pubblici, precari, disoccupati, famiglie, giovani dei centri sociali e studenti dell'"Onda". Striscioni, bandiere, slogan, petardi, lanci di uova e cori hanno fatto da cornice al fiume di persone che si è snodato da piazza Esedra a Piazza Navona nella Capitale. Cinquantamila i manifestanti secondo gli organizzatori, seimila secondo la polizia.
No alla gestione della crisi da parte del governo
Obiettivo della manifestazione era ribadire un secco "no" al modello di gestione della crisi economica del governo Berlusconi, per dire che "un nuovo welfare è possibile" e per lanciare una sfida alle leggi "liberticide" sullo sciopero. In testa al corteo lo striscione: "G14 con i responsabili della crisi; noi con i lavoratori, i disoccupati e i precari".
Contro il precariato
Tema centrale del corteo il precariato. Da un lato si è ribadito il sostegno alla piattaforma di lotta, varata il 7 febbraio, che prevede il blocco dei licenziamenti, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, aumenti consistenti di salari e pensioni, reddito minimo garantito, continuità del reddito per i lavoratori atipici, assunzione a tempo indeterminato dei precari. Dall'altro il Blocco dei precari metropolitani (Bpm) ha lanciato la provocazione dello 'sciopero metropolitano'. "Contro il precariato - hanno detto dal palco di piazza Navona - dobbiamo bloccare ogni forma di produzione per ottenere nuovi diritti generali".
Corteo non autorizzato degli studenti dell'Onda
La giornata ha conosciuto alcuni momenti di tensione. Poco prima del corteo principale, partito da Piazza della Repubblica dopo le 15, gli studenti dell'Onda La Sapienza, i rappresentanti di Action, Blocco precario metropolitano e il Coordinamento di lotta per la casa hanno dato vita a un corteo non autorizzato, con circa duemila persone, partito da tre diverse piazze romane (Aldo Moro, Tiburtina e Porta Pia). Chiaro il messaggio al sindaco di Roma Gianni Alemanno, al prefetto Giuseppe Pecoraro e ai ministri della Funzione pubblica, Renato Brunetta e dell'Economia, Giulio Tremonti: "Non ci limiterete la libertà di movimento. Ci riprendiamo le strade di Roma. Manifestiamo per una citta libera, aperta alle pratiche di democrazia diretta". Non sono mancate critiche al sulla gestione della crisi economica: "Questa crisi non la paghiamo, il governo è incapace di gestirla" e "il protocollo del G14 per noi è carta straccia".
Lanci di uova, vernice rossa, fumogeni
Lanci di uova e vernice rossa in via Cavour contro le sedi di Pirelli Re e di Banca Unipol da parte di alcuni manifestanti. Danneggiate alcune vetrine. Fumogeni sono stati lanciati sull'Altare della Patria, davanti alle forze dell'ordine in tenuta antisommossa al Vittoriano, e sono comparse scritte sui muri che chiedono "case per tutti".
Lancio di scarpe contro ministero di Brunetta
In mattinata si è svolta una "battaglia dei cuscini' davanti al ministero dell'Istruzione. Ad organizzarla i collettivi dei licei Virgilio, Mamiani, Manara, Kennedy e Democrito di Ostia, per protestare ironicamente contro le affermazioni del ministro Brunetta che ha definito gli studenti dei "guerriglieri". Bottiglie di birra, fumogeni e vernice rossa contro la filiale Intesa-San Paolo di corso Vittorio Emanuele. Emulando il giornalista iracheno scagliatosi contro il presidente americano Bush, gli studenti hanno lanciato scarpe e fumogeni contro il ministero della Funzione pubblica. Un falò con le scarpe è stato acceso e poi spento in segno di protesta con i piedi da una manifestante.


giovedì 26 marzo 2009

Precarispra Forum

Vista la quasi impossibilità di poter dialogare sul Blog (se non aggiungendo commenti ai post) è' stato creato un forum sul quale incontrarci per discutere delle nostre problematiche. Al forum è possibile accedere cliccando sul link posto in alto a destra, bisogna effettuare una semplice registrazione con login e password ed il gioco è fatto.

Il ministro della Funzione Pubblica in redazione a testa bassa contro il maggior sindacato, la sinistra, gli studenti dell’Onda


«Della Cgil ne faccio ameno. Il 25 Aprile? Non si festeggia»

«No ai vincoli e alle regole ferree. Causano schifezze»
«Niente scuse a questi studenti guerriglieri»

Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, ospite della redazione de l’Unità, ha risposto alle domande della redazione e a quelle inviate dai lettori attraverso il sito internet. Domande sui temi caldi del dibattito politico: dai precari della pubbica amministrazione agli studenti «guerriglieri» dell’Onda, dal suo modo “tranchant” di parlare al paese al piano casa. Ministro, perché ha scelto una strategia comunicativa così scioccante? È il suo modo normale di comunicare o lo fa con la consapevolezza di scatenare delle reazioni? «Questo è un Paese molto ipocrita e chi parla schietto viene chiamato provocatore. Io dico quello che penso: per esempio, dico che se si rottama l’archiettura comunista di questo Paese sarà un bene». Ma davvero crede che sia tutta comunista? «Comunista e palazzinara». Nella sua“lotta ai fannulloni” ha ripescato un’espressione che veniva usata anche dalle Brigaterosse: colpirne uno per educarne cento... «Veramente il primo a pronunciarla è stato Mao Dze Dong. Sì, ma come saprà bene è stata poi adottata in Italia dalle Br. «Io vivo sotto scorta da 25 anni e comunque ricordo Mao. Certo non intendevo citare le Brigate rosse. In ogni caso, quanto ai “fannulloni” quella battaglia l’ho vinta: oggi siamo arrivati a meno 45% di assenteismo». Ha anche calcolato quanto, con la sua azione, è migliorata l’efficienza nella pubblica amministrazione?. «Lei sta parlando con un professore ordinario di Economia del lavoro: tutto quello che dice potrebbe essere usato contro di lei... scherzo. Ridurre l’assenteismo è già una rivoluzione, anche se il sindacato mi ha accusato di mettere agli arresti domiciliari i dipendenti pubblici. Nella scuola le assenze per malattia sono scese del 35%, il risparmio in supplenze è di 250milioni l’anno». Sì, ma il problema dell’efficienza è stato risolto? «No. Il fatto è che non si può aumentare la produttività di chi non lavora. Cominciamo a portarli al lavoro, poi ci occuperemo anche del lavoro». Il principale sindacato, la Cgil, non ha siglato l’accordo sugli statali. «Peggio per il più grande sindacato, quello che conta è che da febbraio un milione e 800mila dipendenti pubblici hanno 70 euro in più in busta paga, compresi gli iscritti alla Cgil». Torniamo al suo modo di comunicare. Perché disse che la Cgil è il suo principale nemico? «Ho detto anche: chi se ne frega della Cgil». Ministro, la Cgil ha avuto e ha una funzione storica molto importante... «Sono stato iscritto alla Cgil». E come ha potuto cambiare in questo modo il suo giudizio? «Un grande sindacato si giustifica di per sè, ma penso che la Cgil sia diventato un partito, agli inizi degli anni Novanta. Tangentopoli non toccò chissà perché ilmondo sindacale e i sindacati si sostituirono ai partiti. La Cgil lo fece con particolare determinazione». La Cgil svolge una funzione impropria? «Non ho detto impropria. Politica. La Cgil ha fatto lobbing in Parlamento affinchè il Partito democratico votasse contro la mia legge di riforma. Non ci è riuscita al Senato, ma alla Camera sì». Ma non pensa che la Cgil agisca per affermare e difendere i diritti dei lavoratori? «Esiste un loro pregiudizio... Non è possibile che tutto quello che faccio sia sbagliato. Ho chiesto mille volte la collaborazione della Cgil alla mia riforma». Con gli altri sindacati ha mai trattato? «Mai, e perchè dovrei?». Perchè allora parla di collaborazione con la Cgil? «Il mio interlocutore è il Parlamento. Per discutere sui contratti con i sindacati c’è l’agenzia Aran». Quando era iscritto alla Cgil le cose erano diverse? «Sì, anche se alla Cgil mi iscrisse, a metà degli anni Settanta a Padova, un’allieva di Toni Negri che poi è stata accusata di essere una brigatista». Non ritiene che i sindacati siano fondamentali per una democrazia? «Un’opposizione sindacale e politi-giudiziale mi mal dispone». A proposito di pregiudizi. Lei è stato considerato un economista di sinistra, ha anche scritto un libro intitolato «La società dei salariati». Adesso la ritroviamo in Forza Italia... «Sono di sinistra. Ma, da buon socialista, sono un anticomunista». E, assieme al suo collega Sacconi, ha un atteggiamento pregiudiziale verso la Cgil. «Sono anticomunista e anche anti-Cgil». Anche Epifani è socialista. «È un ex socialista. Io sono un socialista in Forza Italia e lo rivendico». L’innesto dei socialisti in Fi in effetti ha seguito vari rivoli. Il tratto comune è che siete molto aggressivi verso l’opposizione. «Perchè li conosciamo. Dove stanno i comunisti io sto dall’altra parte». Ma il comunismo non era morto? «Non è vero, sono sempre vivi». Che tipo di socialista è stato? «Lombardiano». E non la imbarazza stare nel governo con un premier che quando gli domandano se è antifascista non risponde?. «Rispondo delle mie azioni, del mio linguaggio, della mia coerenza». Considera irrilevante che il capo di un governo democratico e occidentale non dica di essere antifascista? «Questo lo dice lei. Berlusconi ha salvato l’Italia dalla “gloriosa macchina, da guerra” di Achille Occhetto. Ha salvato la democrazia italiana». Ma non festeggia il 25 aprile... «Neanche io: è una festa egemonizzata dai comunisti». Cisl e Uil non fanno politica? «Un buon sindacato tratta duramente ma poi firma. Non sono della linea del mio amico Fausto Bertinotti che si vantava di non avermai firmato un contratto. 70 euro sono meglio di niente: i dipendenti degli enti locali e delle Asl non hanno il contratto perchè la Cgil si è messa contro». Che rapporti ha con Bonanni e Angeletti? «Pochi, non sono Sacconi». Tutti i suoi discorsi creano divisioni, mail Paese non ha bisogno di coesione sociale? «Ho un consenso del 70%. Questo Paese ha una maggioranza politica molto chiara e i sondaggi sono molto buoni. Non confondo la coesione sociale con la Cgil». Quando si concluderà la “lotta ai fannulloni”? Lei aveva detto che se entro un anno non avesse ottenuto risultati, si sarebbe dimesso. «I conti li faremo l’11maggio esattamente a un anno e tre giorni dalmio giuramento, al Forum della Pubblica amministrazione». C’è modo di farli anche prima. Per esempio, girando l’angolo: qui dietro c’è l’Agenzia dell’entrate con una fila inferocita... «Non sono Mandrake, sono “gusto lungo” come la gomma del ponte di Brooklyn». Si vede che i problemi sono più complicati... «Rispondo con i fatti: meno 45% il tasso di assenteismo per malattia, rinnovo del contratto del pubblico impiego, approvata la legge di riforma della Pubblica amministrazione e a maggio ci sarà il decreto delegato che a giugno diventerà operativo» . Veniamo alle mail dei lettori: gli insegnantisi sono molto risentiti delle sue parole, non si “vergognano” del loro lavoro. «Gli insegnanti che incontro per strada mi dicono: “sto dalla sua parte, non si lasci intimorire”. Si vede che ci sono insegnanti comunisti e insegnanti anticomunisti». Non le pare che gli insegnanti della scuola dovrebbero essere incentivati invece di essere sottopagati? «Sto lavorando perchè nella pubblica amministrazione si entri per concorso, mentre la gran parte degli insegnanti sono stati stabilizzati senza concorso». È l’opposto, semmai: se sostiene il contrario fornisca le percentuali. «I conti li faremo. Comunque, è solo attraverso la meritocrazia che si puòcreare la premialità economica: sinora invece c’è stato un eccesso di sindacalizzazione e appiattimento». Si ha l’impressione che lei non ami il settore pubblico, lo Stato: prendiamo il “piano casa”: distrugge i vincoli a salvaguardia del territorio. «È una sensazione sbagliata. Quei vincoli sono astratti, viviamo in un Paese ipocrita che fa leggi e piani regolatorima produce schifezze. Io voterò per la rottamazione delle schifezze. Non mi piace l’ipocrisia delle regole ferree a cuipoi seguono i condoni». Lei propone l’alienazione del patrimonio immobiliare degli ex Istituti autonomi delle case popolari. Ma una sentenza della Corte Costituzionale non lo consente. «Quella è una sentenza del 2006, ora abbiamo una nuova legge: la 133 del 2008. Vedremo cosa dirà la Corte. Sono 800mila le case ex Iacp in Italia: è un patrimonio morto che rende tutti infelici. Le morosità raggiungono il 40%, non ci sono i soldi per le manutenzioni, le Regioni spendono 3miliardi l’anno. E il problema sociale non si risolve, perché nessuno lascia la casa, anche se ormai ha perso i requisiti. A questo punto vendiamo tutto agli inquilini, ad un prezzo capitalizzato dell’affitto». Macome potrà acquistare chi non ha soldi? «L’affitto medio è 70euro, riscattare la casa costerà in media intorno ai 25mila euro, per immobili che poi varranno 5 volte tanto». Fra gli affittuari ci sono i pensionati. «Anche loro hanno figli e altri hanno un reddito medio-alto e faranno un affare. Voglio vendere a tutti, anche ad abusivi e fricchettoni: se la rivendano e se la fumino! Voi avete una visione sfigata della vita». Ma in questo modo non si rischia una svendita in blocco che, alla fine, non darà il denaro sufficiente a fare una nuova politica per la casa? «La svendita c’è già. Il patrimonio abitativo non è più utilizzato per i fini per cui era stato costruito. Io non faccio altro che prendere atto del fallimento di una grandissima idea sociale, realizzata con il contributo dei lavoratori dipendenti. A mano a mano che i redditi miglioravano la gente avrebbe dovuto lasciare le case popolari. Non è andata così. Quell’idea, nata ai tempi di Fanfani, è fallita per colpa di tutti: Dc, Pci, Psi e della nostra idea di Stato». Perché non verificare i requisiti di chi oggi vive nelle case? «Non ce l’ha fatta nessuno. Se fai la radiografia agli inquilini, scoppia la rivoluzione. Il vero scandalo è questo. Meglio azzerare e ripartire». Per costruire nuove case popolari? «Lamia idea è un’altra. Siamo un Paese che non fa rispettare le regole. Meglio interventi sugli affitti o mutui a tasso zero». Il piano casa presenta un altro problema: come i condoni, è una violazione della cultura delle regole. «La cultura delle regole ha prodotto l’abusivismo. Questo Paese è profondamente cattolico e ipocrita. Disattende le regole che si dà: questo si definisce “azzardo morale”. È la cultura catto-comunista, socialista, liberale etc. La borghesia dell’unificazione d’Italia, tanto incensata dalla storiografia risorgimentale, fu una borghesia delle mani libere. Sarebbe bello far rinascere la cultura delle regole, ma se lei, un ministro, risponde che nessuno c’è riuscito, è una grande sconfitta collettiva. «Chi governa è tenuto al pragmatismo. A me piacerebbe far rispettare le regole. Non ci riesco. Ho uno strumento che mi consente di ricominciare? Allora dico: pochi soldi, maledetti e subito». A proposito di cultura delle regole: per far votare correttamente i deputati abbiamo speso 450mila euro... «In Europa, dove sono stato eletto per nove anni, nessuno si è mai sognato di fare il “pianista”. Evidentemente c’è una diversità culturale di fondo». Passiamo a un argomento un po’ personale. È vero che sta scrivendo un romanzo d’amore intitolato la «Lista di Spagna»? «Mi piacerebbe, ma non è vero. È vero, però, che la “Lista di Spagna” è il luogo dove per un decennio ho lavorato d’estate alla bancarella di souvenir di mio padre. È a Venezia e si trova fra la Ferrovia e il ponte delle Guglie. Là ho imparato a dire i prezzi in tutte le lingue». Come sono i rapporti fra lei e Tremonti? Stando a quanto lei ha detto in un’intervista, sembra ci sia una competizione ventennale... «Meno tempo: Tremonti è arrivato dopo. Siamo solo di carattere diverso. Io sono di buon carattere: mi arrabbio, ma mi passa». Si vuole scusare congli studenti dell’Onda che ha definito “guerriglieri”? «Neanche morto, finché ci sarà questa guerriglia autorappresentiva con le prime file che spingone e le seconde che filmano...». Non teme di alimentare lo scontro? «Non credo che una parola del sottoscritto alimenti lo scontro». Gli studenti dell’Onda tengono i corsi di recupero a scuola, visto che non ci sono i fondi statali. «Questa è la rappresentazione un po’ edulcorata che ha fatto “Report”. Ma ci sono tante iniziative, tanti studenti cattolici che fanno solidarietà». Come affronterà la questione dei precari nella Pubblica amministrazione? «La Cgil dice che sono 400mila. Li sto contando, saranno meno». Ma il monitoraggio non è finito... «Siamo a metà e statisticamente si possono fare delle previsioni». Al di là dei numeri, con il blocco del turn over si è andati avanti con i contratti a termine. «Lo dice la parola stessa, questi contratti sono temporanei. La norma Prodi-Nicolais li ha prorogati fino a tutto il 2009. Io dico, invece, che vanno fatte delle regolarizzazioni con concorso. Ci sono 30mila vincitori di concorsi mai entrati nella pubblica amministrazione. Ma la gran parte delle regolarizzazioni è già stata fatta: lo Stato non ha contratti a termine. Questi contratti sono tutti nelle regioni». Hanno sorpreso le sue dichiarazioni sul fatto che non sarebbero più necessari gli ammortizzatori sociali che, invece, Marco Biagi aveva proposto. «Biagi era un amico e collega. Dieci anni fa diceva che in Italia c’è il peggior mercato del lavoro. Io parlo di lui all’indicativo presente, per me è come fosse ancora vivo, e per questo posso permettermi di dire “non sono d’accordo” con lui sugli ammortizzatori sociali». Altre domande dei lettori: perchè, negli uffici pubblici, non mette i voti anche ai dirigenti? E i politici non dovrebbero essere anche loro sottoposti a un giudizio? «Il pesce puzza dalla testa, quindi sui dirigenti sono d’accordo. Il giudizio per i politici invece si esprime attraverso le elezioni. Certo, era meglio quando nelle elezioni politiche c’era il sistema delle preferenze. Io stesso mi sentivo più libero allora». Lei ce l’ha con Tremonti? «È lui che ce l’ha con me». C’è un esponente del centrosinistra che vorrebbe al governo? «Sicuramente Enrico Letta»

Berluschini, milionari in erba


La crisi vi deprime? Imparate un po' di sano ottimismo (come esorta papà Silvio) da Barbara, Luigi ed Eleonora Berlusconi, che in tempi così magri (per gli altri) si sono "regalati" un premio sulle proprie azioni della holding di famiglia. Utile ricavato: un milione e mezzo di euro circa ciascuno.
Secondo quanto rivela Italia Oggi, i tre rampolli del Cavaliere hanno imparato a giocare con profitto a Monopoli: attribuitisi un premio di 4,30 euro per ciascuna delle 977.600 azioni della Holding italiana quattordicesima spa in loro possesso, i "Berluschini" si sono accaparrati, grazie alla titolarità del 31,33% del capitale, buona parte dell'assegno di 4,203 milioni di euro diviso tra gli azionisti.
In soldoni, la manovrina finanziaria fatta in casa ha fruttato loro 1.401.228,1 euro ciascuno. Un tesoretto per le spesucce previste di immobili di prestigio. E i tre infatti spendono, investono, non lasciano certo ammuffire i 55 milioni di utili che macina la loro Holding.
Costerà loro per esempio cinque milioni di euro l'ingresso nel fondo di private equity Sator creato da Matteo Arpe. Quello stesso fondo per il quale tempo fa si sussurrava che Luigi Berlusconi - aspirante finanziere dopo che è sbollita, forse, la vocazione mistica - volesse essere liquidato dal padre per godere di mezzi e libertà di impresa con l'amico Arpe.
Se i rumors di qualche tempo fa testimoniavano le presunte preoccupazioni di Veronica Lario per il patrimonio reale destinato ai suoi tre figli, considerati i ruoli preponderanti nell'azienda di famiglia ricoperti dalla primogenita Marina e dal fratello Piersilvio, nati dall'unione di Silvio con la prima moglie Carla Elvira Dall'Oglio, questi giri milionari sembrerebbero destituire di fondamento quelle illazioni.
Tanto più che la montagna di utili della società dei Berluschini dipende quasi interamente dal dividendo distribuito dalla Fininvest. Rischio imprenditoriale prossimo allo zero, insomma. Investimenti nel mattone (attività nel dna dei Berlusconi), soldi che fanno soldi: sarà questa la finanza etica di cui si è fatta promotrice Barbara Berlusconi e di cui s'è discusso al convegno organizzato dalla sua Milano Young? Così è facile essere ottimisti: sono le imprese che producono il vero made in Italy che oggi chiudono i battenti, schiacciate dalla crisi, soffocate da un mercato selvaggio e per nulla difese né aiutate. (Libero News)

Berlusconi: "No alla settimana corta I disoccupati si inventino un lavoro"


da il Giornale - Roma - "Io ho detto che deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo. Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa fare, io non stareI con le mani in mano". Il premier Silvio Berlusconi torna sulle sue affermazioni dei giorni scorsi, per le quali gli italiani devono lavorare di più. E cerca di spronare disoccupati e imprenditori a uscire dalla crisi rimboccandosi le maniche e cercando di fare quanto possibile. "Io spero comunque che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa - ha aggiunto il premier - anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa".

La ricetta anticrisi Da uomo del fare, il Cavaliere nella hall dell'Hotel Vesuvio afferma: "Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare. Io non starei con le mani in mano". Poco prima in prefettura un incontro con i lavoratori della Fiat di Pomigliano d'arco, ai quali il premier ha promesso di mettere "testa e cuore" nella soluzione dei loro problemi, garantendo un tavolo a Palazzo Chigi con governo e azienda ed il prolungamento della cassa integrazione. Ma piangersi addosso non si deve, dice Berlusconi, che torna sulle polemiche dei giorni scorsi e ribadisce di aver detto che "deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo".

Il sostegno di governo e banche "La situazione in generale è veramente difficile - osserva il premier senza perdere il suo piglio ottimista - però c'é il sostegno del governo e delle banche", che "grazie al governo, che ha dato una bella somma per le garanzie, hanno ora la possibilità di fare credito". E qui l'invito ai meno fortunati a rimboccarsi le maniche, che Berlusconi fa per poi aggiungere: "Io spero comunque che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa. E anche gli imprenditori devono inventarsi qualcosa". Berlusconi boccia, quindi, senza riserve l'idea della settimana corta per uscire dalla crisi. E assicura che il governo la sua parte l'ha fatta e la sta facendo, con cose concrete come il termovalorizzatore che lui stesso inaugurerà domani ad Acerra "cavando energia elettrica pulita, inquinando come tre auto di cilindrata media".

Il nodo del piano casa Altra cosa concreta, per una iniezione di fiducia nel settore edilizio, il piano casa. Sul quale, assicura Berlusconi, "non c'é nessuna frenata". Anzi, "venerdì ci sarà in Consiglio dei ministri qualcosa sulle abitazioni. Qualcosa di positivo, che darà il via al piano in accordo con le Regioni". Il Cavaliere non nega che qualche problema i governatori italiani lo stiano ponendo, perché "sono gelosi delle loro competenze". Ma è convinto che, in ogni caso, "le Regioni non potranno sottrarsi, perché c'é in giro una aspettativa fantastica" riguardo al piano casa. Perciò Berlusconi ha affidato ai tecnici un confronto con le Regioni. Ma assicura: "Poi decideremo noi".

I poteri al premier L'ultima parola la riserva all'esecutivo, non senza rilanciare il refrain sugli scarsi poteri in mano al presidente del Consiglio. "Io non ho poteri, posso solo convicere, poi devo trattare con tutti: alleati, Parlamento, capo dello Stato. Altro che cesarismo, altro che vezzi napoleonici". Ed è qui che si colloca una frase diretta al co-fondatore Gianfranco Fini: "Sul pensiero unico non so cosa rispondere, avrei una battuta ma preferisco non farla...". Il congresso che a fine settimana darà vita al Pdl resta sullo sfondo, anche se Berlusconi afferma: "Ho fatto le tre e mezzo di notte per scrivere il mio discorso". Si sorprende però, il Cavaliere, delle polemiche sul mancato invito ad altri partiti. "E' un congresso fondativo, deve andarci chi sta fondando il partito. E poi per gli altri sarebbe un disturbo venire di sabato mattina".


Berlusconi: chi è licenziato trovi qualcosa da fare, non starei con le mani in mano


ROMA (25 marzo) - «Io ho detto che deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo. Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa fare, io non stareI con le mani in mano...»: lo ha detto il premier Silvio Berlusconi tornando sulle sue affermazioni dei giorni scorsi, per le quali gli italiani devono lavorare di più. «Io spero comunque che si faccia di tutto affinchè non si lasci nessuno a casa - ha aggiunto - Anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa. Ora le banche hanno la possibilità di fare credito. Non c'è nessuna furbizia da parte delle banche, ma mettetevi nei panni di un direttore che ha una propria moralità e vuole dare i soldi solo a chi ritiene che li restituisca. Lo Stato, comunque, deve dare garanzie e noi lo stiamo facendo e abbiamo messo per questo a disposizione una bella somma».
Berlusconi: non sono d'accordo sulla settimana corta. «Non sono d'accordo. Ci sono tante ricette, ma le cure non le ha nessuno»: così il premier risponde a chi gli chiedeva se fosse d'accordo con l'idea di introdurre la settimana corta per aiutare a superare la crisi nel mondo del lavoro, sulla scia del piano adottato in Germania dalla cancelliera Angela Merkel sulla riduzione dell'orario di lavoro, in modo da permettere a tutti di mantenere l'impiego.
Di Pietro: lavoratori cornuti e mazziati. «Cornuti e mazziati. Così il presidente del Consiglio tratta gli italiani che, per colpa delle sue scelte sbagliate in campo economico, si ritrovano senza lavoro»: lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, a proposito delle dichiarazioni di Berlusconi sui lavoratori licenziati. «E poi - aggiunge - c'è ancora qualcuno che dice che viviamo in uno Stato democratico. Se questo fosse vero, il governo dovrebbe pensare ai cittadini, alle fasce sociali più deboli e non a difendere gli interessi dei soliti noti».
Pdci: dal premier parole indecenti sui licenziati. «Sui lavoratori licenziati il presidente del Consiglio ha superato ogni limite - dice Pino Sgobio, esponente del Pdci - Le sue sono parole vergognose e offensive. A questo punto appare chiaro che Berlusconi non è degno di ricoprire il ruolo che ricopre. Nei confronti dei lavoratori e di chi vive il dramma del licenziamento porti rispetto e, invece di fare dichiarazioni indecenti, si adoperi seriamente a ridare loro una speranza. In caso contrario lasci perdere, si ritiri e faccia altro...».

Berlusconi: «I licenziati trovino qualcosa da fare»


Il premier a Napoli: «La situazione è difficile, ma io non me ne starei con le mani in mano»

ROMA - «Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare. Io non starei con le mani in mano». Lo dice Silvio Berlusconi conversando con i giornalisti all'Hotel Vesuvio a Napoli, dove si trova per l'inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra. A proposito dei lavoratori della Fiat di Pomigliano (in giornata c'è stato l'incontro tra il premier e una delegazione delle rappresentanze sindacali), il Cavaliere promette di aprire «un tavolo a Palazzo Chigi affinché si arrivi innanzitutto ad un prolungamento della cassa integrazione».
SITUAZIONE DIFFICILE - «È una situazione veramente difficile» osserva il premier. «Io - aggiunge Berlusconi riferendosi alla situazione in generale - spero che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa. Anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa», sottolinea il Cavaliere. «Ci sono tante ricette - spiega - ma nessuno ha una cura precisa. Deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo» ribadisce il presidente del Consiglio, che si dice contrario alla proposta della settimana corta così come auspicata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
«ALTRO CHE CESARISMO» - Berlusconi torna poi a parlare dei poteri del presidente del Consiglio. «Non ne ha - dice - Può solo convincere, utilizzare la propria moral suasion, ma poi deve trattare con tutti. Altro che cesarismo, altro che vezzi napoleonici dei quali vengo accusato solo perché un architetto mio amico ha visto due statue non esposte da 30 anni e ha pensato di utilizzarle nel luogo in cui vengono accolti i capi di Stato e di governo di tutto il mondo».
LE REAZIONI - Immediata la reazione di Antonio Di Pietro alle frasi del premier. «Cornuti e mazziati. Così il Presidente del Consiglio tratta gli italiani che, per colpa delle sue scelte sbagliate in campo economico, si ritrovano senza lavoro» dice il leader dell'Italia dei Valori. «E poi - continua - c’è ancora qualcuno che dice che viviamo in uno Stato democratico. Se questo fosse vero, il governo dovrebbe pensare ai cittadini, alle fasce sociali più deboli e non a difendere gli interessi dei soliti noti».

Il complesso ‘caso’ del ministro Brunetta


Ieri il ministro ‘castiga fannulloni’, Renato Brunetta, è stato ospite di un forum del quotidiano l’Unità. L’uomo appare molto compreso nel suo ruolo, forse troppo. Parlando di sè Brunetta si è definito ” “Mr. Brooklyn, gusto lungo” e poi “un riformista determinato di lunga lena”. Ed ancora “un vero socialista”, “più bravo di Tremonti” e senza macchia e paura “non porto a cena i sindacalisti”. Il ’socialista’ vero e puro ha una formidabile idea, “quella di vendere le ex case Iacp” e creare altri “ due milioni di nuovi proprietari”. Il ‘castiga fannulloni’ crede nella “lotta al comunismo” e non vede di buon occhio la Cgil di Epifani, diventata “sindacato che ormai è un partito”. Da repubblicano convinto “non festeggerà il 25 aprile”, perchè è una ricorrenza “egemonizzata”. Il pragmatismo efficientista del ministro, in verità, appare come un vacchio armamentario ideologico, nel quale il dogma della forza delle proprie capacità di interpretazione e direzione politica superano la ‘diualettica’, per diventare un discorso solitario, autocelebrativo e autoritario. Brunetta pensa che le scelte di titpo amministrativo ed urbanistico degli ultimi anni siano state una “architettura di stampo comunista” e per questo appoggia il ‘Piano casa’ di Berlusconi. “Io parto da un dato di fatto: la cultura delle regole ha prodotto l’abusivismo - ha detto il ministro - questo Paese è un Paese cattolico e ipocrita. Che si rifà a vincoli e piani regolatori per poi disattenderli. Si chiama azzardo morale. Si sottoscrivono patti sapendo di volerli rispettare”. Meglio allora il “fai da te”. Naturalmente i rapporti ’stretti’ tra amministrazioni pubbliche, partiti politici e grandi costruttori non rietrano nelle interpretazioni di Brunetta, così come le responsabilità di chi, grazie ad un mandato ricevuto dagli elettori, ha commesso anche reati, consentendo la devastazione dell’ambiente italiano. E basta spostarsi olteconfine, in Francia, per vedere che anche nelle aree peggio urbanizzate esistono dei criteri che nel nostro Paese non sono stati dissattesi dal ‘cattolicesimo ipocrita’, ma dalla corruzione. La foga ‘modernizzatrice’ ha permesso al ministro di elaborare un suo personale piano edilizio, facile da sintetizzare: vendere il milione di case ex Iacp. Ma non solo, perchè poi ci sono gli edifici di proprietà comunale, per cui si potrebbe arrivare anche a duee milioni di appartamenti. E voilà “avremmo così due milioni di nuovi piccoli proprietari”. E si tratterebbe di un vero affare, perchè òa vendita sarebbe a un prezzo capitalizzato d’affitto, intorno ai 30mila euro ad alloggio, secondo un calcolo del Sole 24 Ore. Una cuccagna, “se la comprano subito tutti” ha detto il ministro, anche “i fricchettoni” che “se la comprano e poi se la possono anche fumare”. Lo stato incasserebbe 20 miliardi e nessuna preoccupazione per gli attuali inquilini, che sono in gran numero anziani, perchè anche “questi hanno i figli”. Si deve solo tener conto che quel patrimonio immobiliare fu costruito moltissimi anni fa in aree periferiche, mentre oggi qurgli stessi quartieri sono diventati semicentrali. Per cui è facile comprendere come una vendita massiccia produrrebbe un fenomeno speculativo di dimensioni imprevedibili. Brunetta già pensa ad una sua autobiografia ed ha sostenuto durate il Forum: “Ho il 70-80 per cento del consenso rispetto alle cose che faccio”. “Per strada mi fermano gli insegnanti e mi ringraziano”. Lo criticano solo gli “insegnanti comunisti”. Molto chiare le idee di Brunetta sui precari del sistema pubblico, ma ancora ‘riservate’. Tuttavia non è lontano il tempo in cui si sapà. L’11 maggio, al precisto Forum della pubblica amministrazione, il ministro racconterà cosa ha scoperto grazie alle sue ricerche. Potrebbe addirittura avere un quadro preciso sul loro numero, collocazione, funzione. A spanne potrebbero essere circa 40mila, ma 10-12 mila saranno assunti. Quindi Brunetta ha annunciato “sorprese” per Raffaele Lombardo, presidente dell’Mpa: “La metà dei precari italiani è in Sicilia…”. E gli studenti dell’Onda? Quelli che aveva definito “guerriglieri”? Qualcuno aveva sostenuto che avrebbe dovuto chiesere scusa, ma lui “neanche morto”. Infine una nota sulla cultura politica di Brunetta. Pare abbia un tempo anche lui manifestato, “ma solo contro i brigatisti”. Sarebbe anche nella Cgil, “mi ha iscritto una ragazza di Padova, una terrorista, che non so che fine abbia fatto”. Informazione, naturalmente, tutta da verificare, perchè non si ha notizia di dirigenti di quel sindacato che fossero terroristi. Il ministro ha detto: “Da buon socialista sono anti comunista e quindi anche contro la Cgil”. Quando gli hanno ricordato che Guglielmo Epifani è socialista lui ha precisato: “Era socialista. I veri socialisti ora sono con Berlusconi”. La confusione di Brunetta nei confronti della storia politica del Paese è grande, così come appare difficile pensare che un socialista possa essere contemporaneamente ‘liberista’, ma questa stagione italiana permette a chiunque di sostenere qualunque cosa. E il Cavaliere? “Che piaccia o no è un vero leader”, ha anche salvato l’Italia “dalla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto” e “salvato la democrazia in Italia”. Berlusconi è “un leader di rango” che non ha mai detto di essere antifascista. Il ministro lo è, ma il premier fa bene a non festeggiare il 25 aprile. “E fa bene. E’ un festa egemonizzata” dai comunisti. C’è solo da pensare come avrebbero commentato Andrea Costa, Turati, Treves, Bissolati. E poi Matteotti, Morandi, Nenni, Pertini o De Martino. Per non citarli tutti. Certo, il ministro Brunetta era craxiano, ma questa è un’altra storia.

mercoledì 25 marzo 2009

Grillo 168 e il silenzio del potere





Silvio Berlusconi, da presidente operaio a ferroviere: record per le balle sul piano casa


Il premier Berlusconi riesce a superare se stesso: questa volta la smentita è a tempo di record.

Non c'è nulla di incostituzionale nel piano-casa. Ma sta girando un testo non mio. Ho sentito delle cose che non erano nelle idee iniziali e che non saranno nel testo. Il decreto, o ddl che sia si fermerà alle case monofamiliari e bifamiliari e alle costruzioni da rifare dopo che queste saranno demolite.

Ma come? Possibilità di ampliamento solo per le ville e non per i condomini? Piano casa che non riguarda gli immobili urbani? Ma allora che resta? Solo la casa del Cavaliere in Costa Azzura? Berlusconi fa poi un altro invito: questa sera restate al lavoro un paio di ore in più. E' questa la ricetta anti-crisi del Premier. Peccato però che i precari vengano licenziati come non mai e le richieste di cassa integrazione tocchino livelli record. Molte persone che conoscono mi raccontano una cosa. Nelle loro aziende il capo invoglia fortamente a fare ferie e a sfruttare i permessi. Come dire, piuttosto che rischiare di dover pagare in moneta sonante ferie e permessi, in questo momento in cui non c'è molto lavoro, meglio mandare tutti in vacanza. Ma Berlusconi tutte queste cose non le sa o fa finta di non saperle?



La condizione dei ricercatori precari in Italia


Le recenti riforme dello Stato destinate al miglioramento del sistema Universitario e dell’istruzione in Italia, hanno suscitato interesse non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale. Di recente sono stati pubblicati, su prestigiose riviste scientifiche internazionali come Nature Neuroscience e Embo Reports, interessanti articoli su questo argomento, sia da parte di autori italiani che stranieri, come l’articolo apparso in febbraio “When in Rome, reform. Radical reform of the Italian research and education systems is needed to address the lack of autonomy and lack of funding” di Marta Paterlini che riassume il punto di vista del legislatore e quello delle Università a riguardo della nuova legge.
In realtà, i principi ispiratori della riforma appaiono nobili soprattutto nell’aspetto che riguarda il sistema di valutazione della ricerca e dei ricercatori, basato su parametri scientifici internazionali quali l’impact factor, il “citation index”, la continuità temporale delle pubblicazioni ed il loro numero. La riforma intende premiare i ricercatori, strutturati o precari, che risultino “produttivi”. I ricercatori strutturati ed il personale docente delle Università riceveranno un bonus sul salario, mentre i giovani ricercatori in condizioni di precariato dovrebbero avere maggiori possibilità di accedere al ruolo di ricercatore grazie alle nuove indicazioni fornite dalla riforma a riguardo delle modalità di espletamento dei concorsi pubblici. La creazione di un “database” nazionale comprendente i risultati della ricerca auspicato dal Ministro Mariastella Gelmini e dai suoi Predecessori dovrebbe consentire una valutazione più obiettiva della produttività e permettere una distribuzione più efficiente e meritocratica dei fondi ministeriali destinati alla ricerca.
A questo proposito appare necessario puntualizzare alcuni aspetti riguardanti la particolare condizione della ricerca in Italia. La valutazione della ricerca sulla base di parametri scientifici oggettivi utilizzati dalla comunità scientifica internazionale è sicuramente da considerarsi un criterio valido di valutazione della produttività ma non del tutto sufficiente. Sarebbe opportuno, infatti, prendere in considerazione anche altre pratiche, come la brevettabilità o meno dei risultati stessi, soprattutto nell’ottica di attrarre investimenti privati che possano in qualche modo fronteggiare la riduzione progressiva di fondi destinati alla ricerca sostenuta ed applicata negli ultimi anni dal governo; o anche informazioni e direttive più precise da parte del legislatore di turno– in accordo con la Crui, con il Consiglio Universitario Nazionale e con gli altri Istituti di Ricerca - per quanto riguarda la distribuzione dei fondi all’interno delle singole Università ed Istituti. Ciò al fine di evitare che i ricercatori che hanno contribuito all’accreditamento della propria Università si ritrovino con una disponibilità di fondi e di personale assolutamente insufficiente per continuare i propri progetti di ricerca.
Un altro aspetto che ha suscitato interesse a livello internazionale, in quanto peculiarità del panorama italiano, riguarda le nuove indicazioni sulle modalità di reclutamento dei professori universitari e la situazione dei precari. La legge italiana prevede che, per l’accesso ai ruoli di ricercatore e di professore, i candidati debbano sostenere e superare un concorso pubblico. La commissione è costituita, secondo la nuova legge, da un professore universitario di prima fascia appartenente all’Istituzione, per cui è bandita la procedura di valutazione comparativa, e da altri due professori ordinari sorteggiati tra 12 professori ordinari eletti appartenenti al settore, per cui è bandita la valutazione comparativa o a settori affini. Per le procedure di valutazione comparativa a posti di professore di prima e seconda fascia, il numero dei Commissari è elevato a 5 e la commissione è costituita da un professore ordinario, nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando, e da quattro professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando. Un siffatto sistema di costituzione delle commissioni giudicatrici dovrebbe assicurare una maggiore trasparenza ed una selezione più meritocratica del personale docente e ricercatore ma, in sostanza, non migliora la condizione dei cosiddetti “precari” ossia di tutti quei giovani ricercatori che lavorano presso le Università e gli istituti di ricerca grazie a contratti e a borse di studio.
In realtà, indipendentemente dai cambiamenti politici in Italia, la finanziaria 2006 ha proposto un programma di stabilizzazione dei precari che riguarda il personale tecnico-amministrativo, escludendo chiaramente i ricercatori precari che sono sostenuti da contratti annuali e da borse di studio. Anche se la legge italiana non consente di accedere alla posizione di ricercatore e di docente senza superare un concorso pubblico, e dunque improponibile una stabilizzazione di tutti i precari come ricercatori, ci sembra altrettanto inadeguata la sostituzione del ruolo permanente di ricercatore con quella di professore-aggiunto temporaneo. L’art 49 della legge 133 del 2008, concernente l’utilizzo di contratti di lavoro flessibile, riporta che le pubbliche amministrazioni non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio. E, a complicare le cose, vi è la nuova legge che prevede anche e soprattutto un taglio dei costi sostenuti dallo Stato per la ricerca. In queste condizioni, diventa quasi utopistico pensare che tutti i ricercatori precari possano aspirare ad una sistemazione permanente di professore aggiunto, unica posizione possibile al momento, considerato che il ruolo di ricercatore è stato abolito con una legge del 2005 e che tra meno di quattro anni operativamente non verranno più espletati concorsi per l’accesso al ruolo di tale nomina.
In sostanza, i giovani ricercatori a contratto, i borsisti, gli assegnisti saranno costretti a cambiare Istituzione regolarmente, impossibilitati a portare avanti una linea preferenziale di ricerca per lunghi periodi e con una crescente consapevolezza di non avere molte possibilità di ottenere un lavoro stabile. Situazione questa che li scoraggerà sempre più , promuovendo il loro esodo verso Paesi come il Regno Unito, la Francia, la Germania e gli USA che offrono maggiori opportunità di lavoro e stabilità lavorativa, salari più vantaggiosi e, aspetto non trascurabile, un’atmosfera lavorativa caratterizzata da laboratori ampi e ben attrezzati e dalla presenza di fondi per portare avanti le proprie ricerche.
Alla luce di tutto ciò che è stato detto, appare dunque improbabile che, nel panorama internazionale in cui l’Italia è chiamata a competere a livello politico, scientifico e finanziario, ci sia spazio per un rientro dei cervelli come i riformatori proclamano. La politica di rientro dei cervelli sostenuta dal Ministro Gelmini non può sostituire una politica interna rivolta a promuovere la ricerca scientifica e tecnologica nazionale ed a favorire la permanenza dei ricercatori in Italia. Gli scienziati, anche quelli italiani, non producono solo beni di consumo ma svolgono soprattutto un lavoro necessario per il miglioramento della condizione umana. Lo Stato, quindi, dovrebbe finanziare la ricerca in quanto fondamento della società moderna.

martedì 24 marzo 2009

Precari: ecco la prima proposta di legge fatta su Facebook


Milano - Maggioranza e opposizione dialogano insieme per risolvere la crisi. Quel che ormai accade raramente nelle aule di Montecitorio è invece avvenuto a Milano grazie all'iniziativa del gruppo Facebook "Analysis", che sabato ha presentato "Liberiamo il lavoro": la prima proposta di legge sul lavoro nata per mezzo di un social network.

Ospiti d'onore dell'incontro, il parlamentare del Pdl Benedetto Della Vedova e il senatore del PD Pietro Ichino, intervenuto telefonicamente per dialogare coi tanti ospiti presenti: dal vicedirettore del Giornale Vittorio Macioce all'editorialista del Sole 24 ore Alessandro De Nicola, passando per l'assessore comunale all'Ambiente Edoardo Croci e il professor Alberto Mingardi dell'Istituto Bruno Leoni. Obiettivo della proposta modificare l'attuale normativa sul lavoro, valorizzando con incentivi e sgravi fiscali la fascia dei precari: un popolo, siega il gruppo Analysis, che rappresenta ormai una consistente fetta dei lavoratori italiani e che meriterebbe ben altro trattamento.

P.A: Brunetta: 40.000 precari, fenomeno gestibile


I precari della pubblica amministrazione,
esclusi i comparti scuola e università, risulteranno circa 40.00, dei quali la metà solo in Sicilia. Ne è convinto il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, che in una conferenza stampa a Palazzo Chigi ha diffuso i dati parziali del monitoraggio dei contratti di lavoro flessibile (che terminerà il 31 marzo) per censire il fenomeno del precariato in tutti gli uffici pubblici con l'invio di 10.000 questionari ad altrettanti enti.
Secondo l'inquilino di Palazzo Vidoni si tratta di “un fenomeno, per fortuna, molto più gestibile di quello che credevamo. La montagna ha partorito un topolino, non ci sono né grandi numeri né grandi scontri con buona pace della Cgil”. Dei 15-20.000 precari da stabilizzare che potrebbero risultare a fine monitoraggio, aggiunge Brunetta, “nel 25 per cento dei casi le amministrazioni non hanno intenzione di assumerli a tempo indeterminato”. Pertanto, il numero reale scenderebbe a circa 10-12.000. Ad oggi sono 13.173 i lavoratori in possesso dei requisiti per la stabilizzazione secondo la normativa Prodi-Nicolais e 13.717 quelli che non hanno i requisiti per essere assunti a tempo indeterminato".
Concluso il monitoraggio, il ministro della Funzione pubblica invierà un rapporto al governo e al parlamento: “Ne parlerò anche con gli amici del sindacato, poi ci sarà tutto il tempo utile per avviare i concorsi”. Intanto, domani si terrà sempre a Palazzo Vidoni un incontro tra i tecnici del ministero e i rappresentanti di Regioni, Comuni e Province, proprio per discutere di precari.

P. A:BRUNETTA, STIMIAMO 40 MILA PRECARI, LA META' IN SICILIA


(AGI) - Roma, 24 mar. - Sono in tutto circa 40 mila i precari nella pubblica amministrazione e la meta' solo in Sicilia: e' questa la stima preliminare che emerge dal monitoraggio ancora in corso del ministero della Funzione Pubblica. Secondo i dati forniti oggi nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi dal ministro Renato Brunetta, i lavoratori in possesso dei requisiti, in base alla normativa Prodi-Nicolais, sono 13.173 e le stime lasciano prevedere che, a fine monitoraggio, saranno circa 15-20 mila, e altrettanti solo nella regione Sicilia.
Altri 13.717, invece, non hanno i requisiti per essere assunti a tempo indeterminato. "La montagna sta partorendo un topolino - ha commentato Brunetta - e' un fenomeno che si sta rilevando molto piu' gestibile di quello che pensavamo. Non c'e' niente di piu' fisiologico in un sistema di oltre 3 milioni di dipendenti. Se i numeri sono questi - ha aggiunto - sono tranquillamente gestibili sia dal punto di vista dell'organico che delle risorse". Il ministro ha precisato che dei 15-20 mila da stabilizzare "per il 25% dei casi gli enti non hanno interesse a procedere alla regolarizzazione" e quindi alla fine il numero sara' di 10-12 mila.

P.A.: BRUNETTA, NUMERO PRECARI A QUOTA 30-40MILA. LA META' IN SICILIA


(ASCA) - Roma, 24 mar - Si attestera' tra 30 e 40 mila il numero dei precari della pubblica amministrazione italiana al termine del monitoraggio varato dal dicastero della funzione pubblica e i cui risultati ufficiali si sapranno solo alla fine del mese (la scadenza e' fissata per il 31 marzo).
La stima e' stata fornita oggi dal ministro Renato Brunetta, il quale ha sottolineato, sulla base dei dati relativi a quasi due settimane di monitoraggio, che l'80% dei lavoratori precari della P.A. si trova al Sud e, piu' in particolare, in Sicilia, dove il numero e' pari a quello nazionale. In pratica, secondo Brunetta, al termine del monitoraggio il numero dei precari della P.A. si aggirera' tra 15 e 20 mila, escludendo pero' la Sicilia, dove invece ce ne saranno altrettanti. Il totale dei precari, secondo i calcoli del ministro, sara' dunque di 30-40mila persone.
Sulla base dei numeri raccolti finora dalle 2773 amministrazioni (su un totale di 9186) che hanno risposto al questionario, il personale flessibile in possesso dei requisiti per essere stabilizzato e' di 13mila e 173 unita'.
Quelli che lavorano in un ente che ha manifestato l'interesse di procedere a stabilizzazione sono 10mila 574, mentre le amministrazioni che non vogliono assumere personale a tempo determinato sono circa il 25%: esclusa la Sicilia, ha spiegato Brunetta, resteranno a casa in 10-12mila. Agli Enti che vorranno regolarizzare i propri precari il ministero offrira' la propria disponibilia' e assistenza per avviare il percorso di stabilizzazione che avverra' tramite concorso.
''La montagna ha partorito un topolino - ha sottolineato il titolare della Funzione pubblica - se il fenomeno fosse stato davvero di 400mila il problema sarebbe stato serio.
Molto probabilmente alla fine ragioneremo su 10-15 mila lavoratori flessibili che potranno essere regolarizzati attraverso concorso e altrettanni potranno essere nella regione Sicilia. Il mio ministero - ha concluso Brunetta - dara' l'assistenza per aiutare i processi di regolarizzazione e di concorso, in modo tale da risolvere tutto entro giugno con grande e piena soddisfazione''.

P.A.: BRUNETTA, STIMIAMO 40MILA PRECARI, LA META' IN SICILIA


Roma, 24 mar. (Adnkronos) - A fine monitoraggio, al 31 marzo, i precari nella Pubblica amministrazione saranno circa 40mila, la meta' solo in Sicilia. E' quanto stima il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta nel dare un secondo bilancio del monitoraggio avviato ai primi di marzi per censire il fenomeno del precariato in tutti gli uffici pubblici, con l'invio di 10mila questionari ad altrettanti enti. "Da una prima stima, generale sulle amministrazioni - ha spiegato Brunetta - si puo' fare una previsione del personale con contratto di lavoro flessibile con i requisiti che va dai 15mila ai 20mila lavoratori, e di altrettanti solo in Sicilia". Si tratta comunque, per il ministro di un "fenomeno, per fortuna, molto piu' gestibile di quello che credevamo". Anche perche' dei 15-20mila precari da stabilizzare che potrebbero risultare a fine monitoraggio "nel 25% dei casi le amministrazioni non hanno intenzione di assumerli a tempo indeterminato" e quindi il numero reale scenderebbe a circa 10-12mila. Fino ad oggi comunque, dalla rilevazione che doveva terminare ieri e che invece e' stata prorogata al 31 marzo, emerge che "13.173 sono i lavoratori in possesso dei requisiti" secondo la normativa Prodi-Nicolais, e "13.717, quindi altrettanti, sono coloro che non hanno i requisiti per essere assunti a tempo indeterminato". In ogni caso i precari saranno regolarizzati attraverso concorso.

Importante sentenza su mobbing

Una sentenza incoraggiante dalla Cassazione: e nel nostro caso i ricatti, le minacce di licenziamento, i discorsi sibillini e quindi i licenziamenti veri e propri, spesso "mirati", non costituiscono forse mobbing???


Una sentenza della Cassazione dà ragione a una lavoratrice di milano

Troppi rimproveri sono mobbing

Reintegrata un'impiegata licenziata

Alla dipendente è stato anche riconosciuto un danno "biologico" pari a 9.500 euro

ROMA - Anche ai rimproveri ci deve essere un limite. Almeno a quelli sul lavoro. Infatti, se si eccede sempre contro lo lo stesso dipendente, sul posto di lavoro, costituiscono mobbing e come tale devono essere risarciti. Parola di Cassazione che ha confermato il risarcimento per danno biologico pari a 9.500 euro, a una impiegata milanese che per nove mesi, dal gennaio al settembre 1999, era stata sottoposta dal datore di lavoro a «ripetuti rimproveri orali» davanti ai colleghi di lavoro, fino ad essere pure licenziata.

LA VITTIMA REINTEGRATA SUL POSTO DI LAVORO - Secondo la Sezione Lavoro della Suprema Corte, che ha respinto il ricorso della società Ivm. srl, legittimamente la Corte d'Appello di Milano, ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro di Anna D., oltre al riconoscimento dei danni da mobbing sulla base «dei rimproveri orali da parte dei superiori che venivano effettuati adottando toni pesanti e in modo tale che potessero essere uditi dagli altri colleghi di lavoro». Anna D., ricostruisce la sentenza 6907 di piazza Cavour, era stata assunta nel marzo dell'87 come centralinista, per poi passare alla gestione dei cartellini e alla elaborazione delle agende dell'azienda. Poi dal gennaio '99 fino a settembre dello stesso anno la responsabile dell'azienda aveva iniziato a prenderla di mira, consigliandole di trovarsi un nuovo lavoro in un'altra azienda perché la società non era più soddisfatta del suo lavoro. Quindi erano seguite tre contestazioni che avevano poi portato al licenziamento dell'impiegata. La vicenda di Anna D. è finita in tribunale e sia in primo che in secondo grado (Corte Appello Milano, aprile 2005), i giudici avevano ritenuto eccessivo il provvedimento di espulsione, riconoscendo all'impiegata il danno da mobbing nella somma di 9.500 euro sulla base del fatto che i continui rimproveri le avevano procurato un danno biologico, «sia pure modesto», nella misura del 6%.

Lo Stato affonda la ricerca e i suoi precari



'iniziativa di gennaio
davanti al ministero...

purtroppo ancora attuale dato che ancora
nessuno dei 21 non rinnovati è tornato al lavoro...riflettiamo
ragazzi...non ci chiudiamo nelle nostre stanze...