Sacconi annuncia un disegno di legge delega per riformare l'astensione dal lavoro nei settori di pubblica utilità, in senso maggiormente restrittivo e punitivo. Guarda caso proprio quando scuola e P.A. hanno minacciato e annunciato la mobilitazione di protesta contro il governo.
Un passato in Cgil e da socialista che proprio non ha lasciato traccia nel suo attuale dna politico. Se ci fosse bisogno di un'ennesima conferma, ecco che il diretto interessato la fornisce oggi, in occasione del convegno organizzato dal Cnel e dedicato al tema "Diritto di sciopero e assetto costituzionale". Sacconi prende la parola e annuncia la volontà dell'esecutivo di varare nei prossimi giorni "un disegno di legge delega per riformare l'attuale regolazione del diritto di sciopero nei servizi di pubblica utilità". Avendo visto in azione il ministro (ed il governo) in questi mesi e su vari fronti -dalla riforma dei contratti alla vertenza Alitalia fino al piano precari- l'annuncio non può che essere percepito come una minaccia. Del resto, la ragione di rimettere mano alla materia appare piuttosto superflua perché, come ha commentato Giorgio Cremaschi (ala sinistra della Cgil), la regolamentazione "esiste già ed una legge, la 146 del 12 giugno del 1990, modificata dalla 83 dell'11 aprile 2000". Una norma "molto precisa e restrittiva", insiste Cremaschi, a cui si affiancano ulteriori paletti posti anche "nei contratti privati". Dunque, perché agire in tal senso? Una motivazione in verità l'avanza lo stesso Sacconi molto candidamente quando spiega che si deve procedere ad una riforma "anche in relazione a questa stagione di scioperi". Riferimento al passato recente, ma anche al futuro, ovvero le annunciate mobilitazioni per fine mese della pubblica amministrazione e della scuola. Si teme il fronte sindacale e la protesta del mondo del lavoro? Allora si decide di risolvere il problema alla radice, scegliendo di azzerare il diritto ad astenersi dall'occupazione in segno di protesta. Il tentativo in atto risulta ancora più chiaro e preoccupante quando Sacconi snocciola i contenuti di questo futuribile ddl delega. Primo punto, l' obbligatorietà del referendum consultivo-preventivo in occasione di ogni sciopero e dell'adesione individuale (del singolo lavoratore) alla protesta, allo scopo di "evitare l'annuncio di scioperi che determinano un danno ai servizi di pubblica utilità e che poi vengono interrotti all'ultimo momento". Al contrario attraverso consultazione e partecipazione singola si garantirebbe, secondo il ministro, "che gli utenti siano informati circa il livello di adesione alla protesta" e che i diretti interessati, cioè gli scioperanti, paghino il dietrofront. "Spesso si annuncia uno sciopero e poi lo si revoca all'ultimo minuto-secondo, in modo che il danno è stato fatto senza pagare il pegno della perdita del salario", ammonisce. Per questo la revoca di astensione dal lavoro deve essere "adeguatamente anticipata", tranne qualora si arrivi in extremis ad un accordo, ma attenzione "un accordo che risolva in via definitiva il problema". Secondo punto, l'intervallo tra gli scioperi "deve essere più robusto e garantito". Terzo, si deve favorire il ricorso allo sciopero virtuale. "Si può fare - spiega sempre Sacconi- ad esempio con un fazzoletto al braccio per dire che io sono in uno stato di agitazione, perdo il salario e però il mio datore di lavoro paga una cifra congrua per ogni lavoratore che si astiene virtualmente dal lavoro". In questo modo, comunque, "la controparte paga ugualmente" e queste risorse "vanno in un fondo solidaristico", evitando "l'interruzione del servizio ma legittimamente manifestando un disagio". Ultimo aspetto, le sanzioni saranno affidate ai prefetti, perché a detta di Sacconi in questo modo "vengono effettivamente applicate", visto che spesso sono "di poca misura e poco applicate". Attualmente infatti spetta alle commissioni di garanzia esprimersi in merito, per poi affidare al datore di lavoro l'applicazione, che però "normalmente" procede ad imporle "quando il conflitto si è esaurito e di solito non lo fa mai". Le proposte del responsabile Welfare naturalmente non piacciono al sindacato della Cgil. Carlo Podda (Segretario Funzione pubblica) ci spiega quale sia la ragione di questa controriforma prospettata dall'esecutivo. "Evidentemente il governo pensa di affrontare il conflitto nel settore pubblico impedendo che il conflitto stesso possa democraticamente svilupparsi". A sostegno di questa tesi, dice Podda, c'è il fatto che le proposte di Sacconi, o meglio alcune di esse, sono scontante perché "già contenute nella presente disciplina". La rarefazione dello sciopero, l'impossibilità che le astensioni si ripetano nello stesso periodo e bacino, l'obbligo a rispettare una distanza temporale minima, la conciliazione come strada maestra: è tutto già normato e stabilito. Per quanto riguarda le altre misure prospettare, Podda è assolutamente critico e denuncia una tendenza "autoritaristica" da parte del governo che non può che preoccupare, anche perché in contrapposizione con la stessa legge. "L'idea di un referendum consultivo previo mette in discussione il principio costituzionale dell'astensione dal lavoro come un diritto individuale del lavoratore" per farne, ci spiega, "una forma di lotta che può essere decisa solo dopo che la maggioranza dei lavoratori l'ha approvata con la consultazione". Nei fatti, si tratta di uno svuotamento di senso che "mina e non rispetta la Costituzione". Per non parlare dell'adesione del singolo lavoratore: "una schedatura, una misura di intimidazione", la definisce il segretario. A condire il tutto dandogli un connotato repressivo, il ricorso ai prefetti, "che conferisce un aspetto poliziesco a questo progetto". Secondo Podda il piano di Sacconi non trova fondamento neanche dal punto di vista statistico e reale, visto che "il sindacato fino ad ora si è sempre comportato correttamente tanto da non essere mai stato sanzionato in modo eclatante", perché "ha sempre cercato di tenere insieme il diritto del lavoratore con quello dell'utenza". Anche sullo sciopero virtuale il responsabile della Funzione pubblica cigiellina non è persuaso da quello che bolle nella pentola governativa: "E' una modalità che propose nel ‘96 la stessa Cgil, ma come alternativa, come possibilità, non come un obbligo come vorrebbe Sacconi". Non solo. Questa modalità non conviene nemmeno allo Stato (la proposta del ministro infatti riguarda i settori di pubblica utilità). Chiarisce Podda che "viste le finanza pubbliche sarebbe molto oneroso da realizzare: lo Stato infatti dovrebbe versare il doppio di quello che attualmente versa il sindacato". Allora perché volere riformare lo sciopero dei settori pubblici? "Per intimidire i lavoratori, proprio nel momento in cui scuola e P.A. hanno preannunciato giornate di mobilitazione", conclude Podda.
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