Secondo il Financial Times il premier è trattato dai media come il dittatore della Corea del Nord. Veltroni forse l’ha capito o forse il nuovo vigore del Pd è dettato dalla preoccupazione per la crescita di Di Pietro.
Il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni, sembra essersi accorto che nel Paese si respira un’aria pesante. Tuttavia non è chiaro se gli ultimi attacchi al governo Berlusconi siano determinati dalla volontà di ridefinire il ruolo dell’opposizione (fino ad oggi ondivago e sbiadito) o dal timore che l’Italia dei valori di Di Pietro sia considerato dagli analisti in forte crescita.
Ieri Veltroni, attaccando il centro-destra, ha detto: “C’è un fastidio per tutto ciò che non rappresenta il consenso, per l’opposizione, per i sindacati, per i giornalisti e per l’Europa. Chiunque non è nella scia del pensiero unico è visto come un marziano”.
Secondo l’uomo della ‘pacatezza’, “l’attuale maggioranza è stata scelta da meno del 50 per cento del Paese. Queste persone elette pro tempore, però, hanno un atteggiamento e una arroganza di chi invece di aver vinto le elezioni ha preso il potere”.
Dopo una campagna elettorale nella quale il tema della sicurezza è stato al centro del dibattito anche del Pd, oggi la più numerosa forza di opposizione si e resa conto del disagio sociale diffuso nel Paese e dei pericoli per le libertà democratiche.
Veltroni ha sostenuto: “Imputo al governo una manovra economica che non si preoccupa dell’economia reale, dei precari, delle piccole e medie imprese, dei lavoratori che hanno 1.300 euro al mese. Si sono occupati di giustizia e televisioni, ma non di questo. Hanno tolto 2,5 milioni all’Ici” producendo u vantaggio per cittadini che “non ne avrebbero avuto bisogno, mentre 1,5 milioni di Alitalia sono stati accollati sulle spalle dei contribuenti”.
Inutile ricordare al leader del Pd l’assoluta latitanza del suo partito durante la durissima vertenza Alitalia, fino al tardivo e singolare tentativo di saltare sul carro ‘vincente’ della ‘cordata patriottica’ (voluta da Berlusconi), nel tentativo di attribuirsi il merito di una ’soluzione’ pasticciata e discutibile per correttezza ed anche certamente contraria agli interessi dei lavoratori della Compagnia.
E viene fuori il rapporto con l’Italia dei valori: “L’alleanza è finita - afferma Veltroni - quando Antonio Di Pietro ha stracciato l’impegno dopo le elezioni per costituire un gruppo comune con noi. Con Di Pietro avevamo sottoscritto un programma per costituire un unico gruppo, quando si è accorto che aveva un numero sufficiente di parlamentari per costituirne uno da solo, Di Pietro ha stracciato quell’impegno”.
Veltroni dimentica l’opposizione dell’ex magistrato alle ‘aperture’ che il Pd faceva fino a pochi giorni fa centro-destra e le cause reali della rottura con Di Pietro.
L’attacco al leader dell’Italia dei valori sembra confermare l’ossessione di Veltroni per la solitudine. L’idea di Veltroni di poter essere autosufficiente ha già prodotto la sconfitta alle ultime elezioni, la scomparsa di una parte importante della sinistra dal Parlamento e l’oggettivo isolamento del suo partito, senza alleati coi quali estendere lo schieramento da opporre al centro-destra, ormai padrone del Parlamento.
La manifestazione del 25 ottobre prossimo, voluta dal leader del Pd per recuperare un consenso popolare decisamente in ribasso, potrebbe rivelarsi un boomerang, perché non è assolutamente certo che il partito di Veltroni abbia la capacità di coinvolgere le decine di migliaia di cittadini necessarie per dimostrare la propria tenuta.
Intanto, come hanno riferito alcuni organi di informazione italiani, l’autorevole Financial Times, quotidiano britannico, ha pubblicato un breve, ma durissimo articolo su Berlusconi e in generale sulla situazione Italiana.
Nell’articolo si legge: “Le banche e i mercati stanno crollando, ma il beneficiano della crisi è Silvio Berlusconi, il premier italiano, trattato da una parte dei media in un modo simile ai livelli di adulazione utilizzati in Corea del Nord, mentre il suo governo esercita un’autorità mai vista da decenni”.
Contestando la nuova svolta ’statalista’ del premier il FT aggiunge: “Il primo ministro ha dichiarato sulle prime pagine dei giornali italiani che ‘gli aiuti di Stato, che fino a ieri erano considerati un peccato, ora sono assolutamente essenziali’ ed ha promesso denaro per l’industria automobilistica e di altre imprese. Ilvo Diamanti, sociologo, ha dichiarato: “Vergognoso negli anni ‘80, indescrivibile negli anni’90, lo Stato è tornato… Come garante, salvatore, esposto come una icona, un’immagine sacra”. Mentre le banche, come all’estero, gli crollavano intorno, l’onorevole Berlusconi ha coltivato un’immagine di calma e di controllo, fino ad andare in un un centro termale umbro”.
Gli inglesi nel loro articolo hanno non solo criticato il presidente del Consiglio, ma rilevato come in Italia i media siano quasi tutti del tutto allineati con le posizioni del governo.
Osservando le scelte dell’esecutivo, il FT ha rilevato: “Diamanti ha detto che questo nuovo Stato darà soccorso alle banche e ai mercati azionari, ma non alle scuole e al welfare“.
A spiegare il clima nordcoreano denunciato dagli inglesi lasciano di stucco i dati diffusi dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Il governo supera quota 33 per cento nelle presenze in video, superando il tetto di un terzo per ciascuno assegnato a governo, maggioranza e opposizione. Lo squilibrio è maggiore nei canali Mediaset e al Tg2.
Il premier Silvio Berlusconi ha parlato direttamente in voce (’tempo di parola’) per il 44,34 per cento sul Tg4 (governo al 20,56), per il 42,08 per cento a Studio Aperto (governo al 29,18) e per il 19,42 per cento al Tg5 (governo al 38,54).
In Rai, il Tg2 si distingue per lo spazio concesso al governo (37,79 per cento), col premier al 9,02. Oltre allo spazio per l’esecutivo il TG2 offre al Pdl un ulteriore 11,36 per cento. L’opposizione col Pd raggiunge 13,24 per cento.
Il Tg1 di Riotta affida il 27,7 per cento del tempo al governo, poi il 5,27 al premier e il 15,83 al Pdl. In tutto oltre il 48 per cento. Il Pd è fermo al 23,93 per cento.
Al Tg3, il governo ottiene il 16,26 per cento, Berlusconi il 7,33 e il Pdl il 15,73. Nella rete controllata dall’opposizione il centro destra occupa quasi il 40 per cento ed il Pd è al 26,41.
Al TgLa7 il governo è al 29,31 per cento, Berlusconi al 9,30 e il Pdl al 3,18. Il Pd si ferma al 25,36.
I tempi dei soli Tg non vogliono dire molto, perché a questi si debbono aggiungere quelli dei programmi di rete, dove un numero enorme di ‘opinionisti’, più o meno vicini al centro destra, ingolfano salotti e tinelli.
Udc, radicali, comunisti di diverse organizzazioni, socialisti, verdi e sinistra democratica non compaiono quasi mai in televisione.
Mentre Veltroni scopre i problemi, nella stanza dei bottoni stanno già cambiando l’arredamento. Con il ventilato sbarramento anche alle elezioni europee in Italia la ’semplificazione’ politica potrebbe raggiungere la perfezione del partito ‘quasi’ unico, facendo scomparire anche l’Udc.
Nessun commento:
Posta un commento