Dal sito Autoambiente - Le storie dei precari ISPRA Lavoro “verde” – Precariato e ambiente | |
giovedì 23 luglio 2009 | |
Opinioni Le voci dei professionisti dell’Ispra Mentre il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti dichiara in una riunione Ecofin a Bruxelles di inizio luglio che in Italia non c’è allarme per la disoccupazione, la percentuale dei senza lavoro si avvicina alla doppia cifra e quella dei “cassintegrati” è in costante aumento. A farne le spese sono i lavoratori di tutti, o quasi, i settori, compresi coloro che operano nella tutela ambientale. Un comparto, quest’ultimo, di estrema importanza per la salvaguardia di salute e patrimonio naturale come emerge chiaramente dal “Caso Ispra”. Per rimarcare la necessità di preservare l’occupazione nel settore pubblichiamo alcune storie dei professionisti dell’Ispra tratte dal Blog Precari Ispra o inviateci dai lavoratori. Ispra, per i precari oltre al danno la beffa Il ministro Brunetta premia i precari dell’Ispra. Non è una battuta, ma quanto accaduto di recente in occasione del Forum PA, in cui il titolare della Funzione Pubblica ha assegnato una serie di riconoscimenti ai progetti più innovativi promossi dalle amministrazioni. Tra questi, nel corso della cerimonia finale è stato premiato il progetto SI-URP, creato dall’Ufficio relazioni con il pubblico dell’Ispra in collaborazione con le Agenzie regionali per l’ambiente (Arpa), che ha l’intento di “promuovere e realizzare un sistema Integrato di servizi e informazioni tra l’URP dell’Istituto e quelli delle agenzie regionali, con l’obiettivo di fornire un servizio migliore agli utenti finali”. Un esempio di meritocrazia, insomma, quella che il ministro “più amato dagli italiani” dice di voler promuovere. Peccato che il progetto sia stato gestito e coordinato dal precario Fabrizio Alaimo, che tra pochi mesi probabilmente non avrà più un contratto con l’Ispra. Fabrizio, 41 anni, vincitore di un concorso a tempo determinato, in scadenza a gennaio prossimo, era presente quando Brunetta (accompagnato da Mara Carfagna) consegnava il diploma di merito e per le foto di rito. Probabilmente, però, non ci sarà per il Forum dell’anno prossimo, essendo uno dei 430 precari di cui l’Istituto farà a meno da qui a fine anno, e senza di lui è difficile che il progetto possa essere ancora un esempio di buona amministrazione. Il progetto di Fabrizio non è l’unico che si bloccherà con il venir meno dei lavoratori a tempo. Lo racconta Roberta Alani, che lavora all’Ispra (ex Apat) dal 2002, per tre anni a tempo determinato e poi “retrocessa” collaboratrice a co.co.co. Lei si occupa della certificazione ambientale Ecolabel, che testimonia il ridotto impatto ambientale dei servizi e prodotti offerti dalle aziende che l’hanno ottenuta, ha contratti che vengono rinnovati ogni sei mesi e con tutta probabilità dal 30 giugno sarà disoccupata, quindi non riceverà più i 1100 euro netti (spesso versati con grande ritardo) di cui vive oggi. Finora è stata responsabile delle istruttorie per l’assegnazione del marchio Ecolabel (basato sul Regolamento europeo 1980 del 2000), che ogni anno porta nelle casse dello Stato centinaia di migliaia di euro. Roberta ricorda che le aziende, “tra cui grandi realtà come il Gruppo Concorde e la Cartiera Lucchese, versano ogni anno fino a 25mila euro l’una alla tesoreria statale”, quindi basterebbe la quota di una sola impresa per trovare i soldi del suo contratto. Nel settore Ecolabel, che peraltro secondo il nuovo regolamento del Ministero dell’Ambiente potrebbe passare armi e bagagli a via Cristoforo Colombo, ennesimo esempio di svuotamento dei compiti dell’Ispra, i precari sono il 70%, tutti in scadenza e senza ammortizzatori sociali. I tagli riguardano anche la ricerca finanziata con fondi privati: all’Ispra (ex Icram), un progetto per lo studio degli effetti del petrolio su organismi marini come sogliole, ricci e piccoli crostacei, è in ritardo di oltre sei mesi sulla data di partenza. Infatti, l’unica persona che poteva occuparsene è a casa a gennaio e non si sa se tornerà mai in servizio. Si chiama Donatella, è laureata in scienze naturali con specializzazione in gestione ambientale, ha lavorato in Canada, occupandosi di eco tossicologia, ed è quindi perfetta per studiare gli effetti sul mare dei depositi da versamento accidentale di petrolio. Il 7 gennaio ha scoperto che non le era stato rinnovato il contratto co.co.co., perché ha avuto la “colpa” di essere stata già precaria all’ex Icram, con varie tipologie contrattuali, a partire dal 1995. Rossana De Rossi Tagli nella prevenzione delle emergenze nucleari Maurizio è laureato in ingegneria, e da quasi sei anni si occupa di monitoraggio radiologico dell’ambiente, per poter dare un pronto allarme in caso di incidenti ad impianti nucleari nazionali ed oltrefrontiera. Cura anche i sistemi internazionali di scambio dei dati, che sono previsti da accordi sottoscritti da tutti i Paesi dell’Unione Europea, per prevenire le emergenze nucleari. È paradossale che, in un paese che dice di voler tornare all’atomo e ha appena creato un’agenzia ad hoc per questo, probabilmente un esperto come Maurizio andrà a casa a fine mese. Anche per lui, niente più 1100 euro, seppur versati con mesi di ritardo. Precari da 25 miliardi Ci sono poi i precari che curano il registro di tutte le emissioni in atmosfera prodotte dalle aziende italiane, per adempiere al protocollo di Kyoto ed evitare danni alla salute dei cittadini. Fino a poco tempo fa, erano quasi il 70% degli addetti a questo settore (19 su 27), ora qualcuno è stato stabilizzato ma restano in tanti. In particolare, quelli che lavorano all’ufficio specifico che si occupa di conteggiare ciò che le imprese immettono in atmosfera: se saltassero, nessuno più potrebbe riconoscere e registrare ufficialmente l’acquisto e la vendita di emissioni da parte degli operatori industriali, causando un grave danno economico alle stesse aziende. Si calcola che nel registro Ispra risiedano ad oggi circa 25 miliardi di euro: le aziende pagano 25 euro per ogni tonnellata di inquinante emessa, ma se salta il registro è probabile che non lo faranno più, come è probabile l’ennesima apertura di una procedura di infrazione europea, con multe tutte a carico dei contribuenti. I “fortunati” dell’Ispra All’Istituto però ci sono anche i “fortunati”: come Luca e Andrea, stabilizzati solo una settimana fa, dopo anni di attesa, nonostante fossero vincitori di un concorso e rientrassero nelle leggi sulle stabilizzazioni scritte dal tanto vituperato governo Prodi. Andrea è un geologo, ha 46 anni ed è stato precario per “soli” 20 anni, tra università ed enti, di cui tre trascorsi all’estero. Ora è tra quei lavoratori che hanno avuto un contratto stabile, che viene usato dalla Prestigiacomo e dai commissari Ispra come una clava verso i colleghi che non ce l’hanno. Luca, anche lui geologo (tra le altre cose l’Istituto incorpora il Servizio Geologico d’Italia) è stato di recente nominato segretario dell’organismo che raggruppa tutti i servizi geologici d’Europa (EuroGeoSurveys, con sede a Bruxelles), ma quando è stato scelto dai massimi esperti del continente, per l’Italia era ancora un precario. Infatti, anche lui è stato stabilizzato una settimana fa, nonostante il concorso vinto, il ruolo di responsabile in diversi progetti internazionali e un’esperienza pluriennale alla Commissione Europea. Lo Stato investe soldi per dare ai giovani un futuro da baby sitter Ho iniziato a lavorare all’Apat che era un’agenzia governativa che lavorava per il ministero dell’ambiente, con uno stage di formazione nel 2004. Poi dal 2005 sono passata con co.co.co e poi co.co.pro. La durata dei contratti di collaborazione non ha mai superato la durata dei 6 mesi. A volte i contratti erano anche di 4 mesi e 20 giorni. Lo scorso anno, con l’accorpamento, sono passata all’Ispra. Una persona studia, si laurea, dedica anni della propria vita a specializzarsi e poi il contratto scade, arrivederci e grazie. Tutto questo dopo aver lavorato senza diritto alle ferie, ai fondi pensionistici, a tutto ciò a cui una persona normale anela ad avere diritto per costruirsi un futuro. Ci siamo impegnati tutti seriamente a portare avanti le nostra attività di ricerca e di lavoro. Come tutte le persone ricattabili lavoriamo tanto e cerchiamo di portare a termine tutti gli impegni lavorativi. Abbiamo chiesto un incontro alla Ministra Prestigiacomo, ma non ce l’ha mai concesso. Sono specializzata nel settore di analisi dei metalli, nei suoli, nei sedimenti, nelle acque, nel particolato atmosferico. Il problema è che questo tipo di analisi viene richiesto solo nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Abbiamo svolto campagne di supporto per la guardia forestale, di monitoraggio delle discariche, alcune mie colleghe sono state chiamate per l’analisi delle diossine per l’emergenza dei rifiuti in Campania. Speravamo tutti di ottenere qualcosa di più: non mi sarei mai aspettata un comportamento del genere da una Pubblica Amministrazione. Sia nei confronti del cittadino che ha diritto ad avere un’informazione indipendente e trasparente sui dati dell’inquinamento ambientale: questo tipo di obiettività può essere garantita solo da una struttura pubblica e non da un privato che ha un profitto economico. Ma speravo in qualcosa di più anche per noi lavoratori che ci impegniamo e ci dedichiamo. Ad oggi mi trovo, dopo una laurea e 5 anni di lavoro, a cercare un’occupazione come commessa o come baby sitter, con l’aggravante che quando cerchi un lavoro generico, chi vede il nostro curriculum ti dice “sei troppo qualificata ed esperta”. Siamo costrette a trasferirci all’estero, perché le nostre competenze sono apprezzate solo all’estero. Prima ci è stato detto che i contratti a tempo determinato non potevano esserci applicati perché nella Pubblica Amministrazione si entra solo per concorso. I concorsi non sono stati banditi e a quelli che sono stati banditi non abbiamo potuto partecipare perché non avevamo l’anzianità. Di certo c’è che i nostri contratti sono scaduti. Noi tecnici potremo aspettare un futuro concorso, che a oggi non è uscito. È assurdo che la Pubblica Amministrazione dopo aver investito e speso soldi per rendere così altamente specializzati me ed i miei colleghi poi ci manda a casa. Tutto quello che abbiamo imparato, ma anche tutte le strumentazioni di lavoro, laboratori anche molto costosi che sono state acquistati e per le quali siamo altamente specializzati, vengono abbandonati così. È assurdo non voler rinnovare i nostri contratti. Lo dico come precaria e come donna separata: ho il diritto di potermi mantenere da sola senza dover stare a chiedere a 34 anni ai miei genitori di mantenermi a casa loro. Monica, 34 anni separata. L’esperta di frane che vede il mondo “franarle” addosso Lavoro nel Dipartimento di difesa del suolo di Ispra. Mi sono laureata a 24 anni, in regola con gli studi. Ho lavorato per l’Apat, il primo anno con partita Iva e poi con contratti di collaborazione della durata massima di 6 mesi. Sommando i vari periodi arrivo a 5 anni. All’interno del Dipartimento di difesa del suolo mi sono occupata di un progetto di censimento di tutte le frane sul territorio nazionale, realizzato in collaborazione con le Regioni e le Province autonome d’Italia. Il rischio idrogeologico del Paese comprende sia la componente legata alle frante, che quella delle alluvioni. Io mi sono occupata della parte relativa alle frane. Il mio contratto è scaduto ieri (30 giugno, ndr). Chiediamo di trovare uno strumento per restare a lavorare fino al 31 dicembre, dato che la capienza economica c’è. Chiediamo che i nostri contratti vengano prorogati. Per 5 anni lo Stato Italiano ha investito su di noi, sulla nostra formazione, siamo persone altamente specializzate in settori specifici che sono tipici di una Pubblica Amministrazione, di un Ente di ricerca ambientale. Non bisogna dimenticare che l’Ispra ha il compito fondamentale di comunicare i dati ai cittadini. La nostra attività è fondamentale ed ha una rilevanza particolare perché li rendiamo partecipi di dati come i livelli di inquinamento in atmosfera. Ogni anno vengono prodotti dei rapporti in cui vengono comunicati i dati, ad esempio quelli sui rifiuti. Poi viene pubblicato un annuario ambientale, in cui ci sono tutti gli indicatori dell’ambiente, dall’inquinamento delle acque, dell’aria, i rifiuti, il rischio elettromagnetico. Copriamo tutte le componenti ambientali. Far mancare il nostro lavoro significa anche dare un servizio in meno ai cittadini. Gli altri Paesi, dagli Usa al Canada, hanno impostato un’attività di diffusione delle informazioni ai cittadini, ad esempio sul rischio frane. Questo perché aumentare la consapevolezza dei cittadini significa ridurre i rischi. Soprattutto nel rischio idrogeologico la memoria degli eventi del passato è fondamentale per prevenire dissesti futuri. Questo vale soprattutto per le frane: c’è un’altissima percentuale di fenomeni che si riattivano nello stesso luogo attraverso il tempo. La diffusione delle informazioni è fondamentale per la prevenzione. La conoscenza del passato è indispensabile per evitare che quando accade qualcosa si dica sempre “è una strage che si poteva evitare”. Ho fatto sempre questo lavoro con grande passione. Voglio cercare di farlo in Italia con tutto l’entusiasmo e la dedizione possibile. Ho pensato di andare via, ma cerco di restare qui. Carla, 30 anni, laureata in ingegneria per l’ambiente indirizzo difesa del suolo |
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giovedì 23 luglio 2009
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