La busta paga degli italiani è tra le più leggere tra quelle dei grandi Paesi industrializzati: colpa soprattutto del cuneo fiscale, la differenza cioè tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008. Sui trenta Paesi che fanno riferimento all’organizzazione di Parigi, l’Italia si colloca al 23° posto: davanti, in termini di salari, ci sono non solo Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Germania e Francia ma praticamente tutti i Paesi europei. Gli italiani nel 2008 hanno guadagnato il 17% in meno della media Ocse; la busta paga media non arriva a 16mila euro l’anno, poco più di 1.300 euro al mese. A influire negativamente è soprattutto il cuneo fiscale: il peso di tasse e contributi per un lavoratore dal salario medio (single e senza carichi di famiglia) è del 46,5%. In questa classifica l’Italia risulta infatti al sesto posto tra i trenta paesi Ocse, partendo da quelli dove è maggiore il peso fiscale sulle buste paga. La situazione migliora se si considera il caso di un lavoratore, sempre con un salario medio ma sposato e con due figli a carico. In questo caso il cuneo è al 36% e l’Italia si colloca all’undicesimo posto nell’Ocse. «I dati Ocse sono da tenere in considerazione, ma non va dimenticato il grosso sforzo che il governo italiano ha fatto finora sul fronte dell’economia aiutando, con una serie di provvedimenti mirati, le fasce più deboli della società, le piccole e medie imprese, i giovani». Lo afferma in una nota il ministro dell’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi sottolinea: «I bassi salari italiani sono stati causati dalla vecchia contrattazione collettiva centralizzata, che ora le parti sociali, d’accordo con il governo, hanno dovuto cambiare». Quanto alla pressione fiscale, ci sono novità come «la tassazione agevolata al 10%» per tutta la parte di salario legata alla produttività «che viene decisa in sede aziendale». E a Paolo Ferrero del Prc che parla di «dati scioccanti» e a Cesare Damiano del Pd, secondo cui «sarebbe necessario un intervento del governo, con risorse fresche e aggiuntive per potenziare il potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni», Daniele Capezzone del Pdl risponde: «La sinistra che commenta i dati Ocse sui salari è stranamente smemorata. Furono Prodi e Visco ad aumentare le tasse a tutti, alzando le aliquote fiscali anche alle fasce più deboli in una fase espansiva dell’economia mondiale, che fu così sciupata dall’Italia. Invece, il governo Berlusconi sta facendo i conti con una fase delicata a livello internazionale, e, ciononostante, non ha messo le mani nelle tasche degli italiani, ha esteso la copertura degli ammortizzatori sociali anche ai precari, ha previsto misure sociali e ora ha impostato misure per la ripresa, dal piano delle grandi opere al piano casa. La differenza è evidentissima», conclude Capezzone.
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lunedì 18 maggio 2009
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