Gli italiani incassano ogni anno uno stipendio che è tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Con un salario netto di 21.374 dollari, l’Italia si colloca al 23/o posto della classifica dei 30 Paesi dell’organizzazione di Parigi. Buste paga più pesanti non solo in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, ma anche Grecia e Spagna. È quanto risulta dal rapporto Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato. La classifica riguarda il salario netto annuale di un lavoratore senza carichi di famiglia. È calcolato in dollari a parità di potere d’acquisto. Gli italiani guadagnano mediamente il 17% in meno della media Ocse. Salari italiani penalizzati anche se il raffronto viene fatto con la Ue a 15 (27.793 di media) e con la Ue a 19 (24.552).
Consumatori. «Non solo l’Italia è tra gli ultimi paesi per i bassi salari percepiti dai lavoratori, ma risulta in pessima posizione anche per quanto riguarda il potere d’acquisto dei cittadini». Lo afferma il presidente Codacons Carlo Rienzi, commentando l’indagine. «Considerando infatti salari e livello di prezzi e tariffe, prezzi e tariffe che in Italia sono cresciuti dall’introduzione dell’euro ad oggi assai più rispetto ad altri paesi europei, il nostro paese ne esce davvero male. La riprova arriva dai dati sui consumi, da tempo al palo. Per consentire all’Italia di ritornare competitiva rispetto al resto d’Europa - conclude Rienzi - serve una reale detassazione degli stipendi e una riduzione generalizzata dei listini al dettaglio, consentendo ci cittadini italiani di acquistare tanto quanto i cugini europei».
Damiano (Pd). «I dati Ocse testimoniano una verità conosciuta: che le retribuzioni nette dei lavoratori italiani sono ben al disotto della media dei 30 Paesi più industrializzati. Il divario negativo è di 17 punti percentuali. Questo dimostra quanto sarebbe necessario un intervento del governo, con risorse fresche e aggiuntive per potenziare il potere d’acquisto delle retribuzione e delle pensioni, come una delle componenti essenziali per l’uscita dalla crisi. Lo dice il responsabile Lavoro del Pd, Cesare Damiano, che aggiunge: «Uno dei dati rilevato dall’indagine dell’Ocse è il divario tra retribuzione lorda e retribuzione netta in busta paga: il famoso cuneo fiscale, che il governo Prodi, con lungimiranza, aveva provveduto a diminuire in modo significativo. Occorrerebbe però proseguire su questa strada scegliendo di investire risorse per uscire dalla crisi, anzichè aspettare che passi la nottata».
Capezzone (Pdl). «Furono Prodi e Visco, con la loro sbagliatissima prima finanziaria, ad aumentare le tasse a tutti, alzando le aliquote fiscali anche alle fasce più deboli». Lo afferma Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. «La cosa - sottolinea Capezzone - è particolarmente grave perché avvenne in una fese espansiva dell’economia mondiale, che fu così sciupata dall’Italia». Secondo Capezzone, «il governo Berlusconi invece sta facendo i conti con una fase delicata a livello internazionale, e, ciononostante, non ha messo le mani nelle tasche degli italiani, ha esteso la copertura degli ammortizzatori sociali anche ai precari, ha previsto misure sociali (dalla social card al bonus fiscale), e ora ha impostato misure per la ripresa (dal piano delle grandi opere al piano casa)».
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