Altri tre vanno per le famiglie. La Corte dei Conti: federalismo fiscale farà aumentare le tasse.
Alle famiglie forse tre miliardi di euro; in prestito alle banche, a certe condizioni, una quindicina di miliardi. In concreto, dovrebbero essere questi gli elementi davvero nuovi, e validi subito, del piano anti-crisi, che il governo, contando stanziamenti già previsti nel triennio, da riallocare o da accelerare, fa assommare all’imponente cifra di 80 miliardi. Provvederà con uno o più decreti-legge il consiglio dei ministri di venerdì.
«Tremonti ci dica se i fondi di cui ha parlato sono veri o sono già stanziati - sfida dall’opposizione Pierferdinando Casini - perché se non sono nuovi si tratta di una presa in giro, se lo sono l’Udc li voterà». Il Pd ha già proposto aiuti ai redditi più bassi per 7-8 miliardi; ieri Walter Veltroni ha ufficializzato la svolta, abbandonando la fedeltà alla regole europee che era stata una bandiera del centro-sinistra: «si può rinviare il pareggio di bilancio, come ha fatto la Germania».
Dentro il governo si discute ancora a quali misure dare la precedenza. Il presidente della commissione Finanze della Camera, Gianfranco Conte (Pdl), ammette che in concreto ci sono «scarsi mezzi a disposizione», ma «si farà tutto il possibile». Non è escluso il ritorno a un po’ di «finanza creativa»; a erogazioni una tantum si farebbe pronte con quelle coperture una tantum che negli ultimi anni le regole europee non ammettevano più.
Tra le ipotesi più quotate è un soccorso una tantum alle famiglie più bisognose, in aggiunta o integrazione alla social card già decisa l’estate scorsa. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi studia come estendere l’indennità di disoccupazione ad alcune categorie di precari, come i Co.co.pro. La detassazione degli straordinari, che era temporanea, sarà estesa al 2009. Meno probabile è che si intervenga sui carichi di famiglia Irpef.
A favore del lavoro autonomo e dell’impresa minore, si potrebbe (ma il tempo stringe) ridurre le percentuali di acconto dell’autotassazione di novembre; in pratica un rinvio di versamenti all’anno prossimo. Sul pagamento dell’Iva «per cassa», cioè all’effettivo pagamento e non alla fattura, occorre il permesso della Commissione europea, che non ha tempi brevissimi. Improbabile, per ora, la deducibilità dell’Irap dalle impsote dirette.
Tra le decisioni di venerdì entrerà anche il soccorso alle banche se si riuscirà a risolvere in tempo i problemi tecnici. Occorre configurare lo speciale prestito obbligazionario subordinato perpetuo in modo tale che possa essere conteggiato nel «Core Tier 1». Questo parametro di solidità dei bilanci bancari la Banca d’Italia inviterà a elevarlo rispetto al 6%, finora suggerito; non è sicuro se proprio fino all’8%, oppure al 7,5%. Lo Stato presterà questi fondi indebitandosi a sua volta sui mercati finanziari (ci guadagnerà, perché riscuoterà dalle banche cedole più alte dei rendimenti pagati ai risparmiatori). La somma totale non è ancora certa, perché dipende da quanto le banche chiederanno; partendo da circa 3 miliardi per Unicredit e 4 per Intesa Sanpaolo, si potrebbe arrivare a una quindicina di miliardi, massimo a 20.
Per il resto, gli 80 miliardi constano: 1) dei 16,6 di investimenti in infrastrutture, da tempo in bilancio, i cui cantieri, garantisce il ministro Altero Matteoli, si apriranno «entro sei mesi» grazie a nuove procedure; 2) di 40 miliardi in un triennio di fondi europei, che saranno accorpati in pochi progetti importanti (ma le Regioni protestano); 3) in 10 miliardi di investimenti privati, sempre in un triennio, dalle società autostradali, con nuovi meccanismi tariffari.
Ma sui conti pubblici dei prossimi anni pesa un differente rischio. La Corte dei Conti teme che il federalismo fiscale, così come è delineato nel disegno di legge delega all’esame del Parlamento, con ampie quote di Irpef devolute agli enti locali, possa portare a un aumento delle tasse, e perfino a rendere meno trasparente il sistema tributario. Lo ha detto, pur nel quadro di un giudizio complessivamente positivo, il presidente della Corte, Tullio Lazzaro, in una audizione al Senato.
«Tremonti ci dica se i fondi di cui ha parlato sono veri o sono già stanziati - sfida dall’opposizione Pierferdinando Casini - perché se non sono nuovi si tratta di una presa in giro, se lo sono l’Udc li voterà». Il Pd ha già proposto aiuti ai redditi più bassi per 7-8 miliardi; ieri Walter Veltroni ha ufficializzato la svolta, abbandonando la fedeltà alla regole europee che era stata una bandiera del centro-sinistra: «si può rinviare il pareggio di bilancio, come ha fatto la Germania».
Dentro il governo si discute ancora a quali misure dare la precedenza. Il presidente della commissione Finanze della Camera, Gianfranco Conte (Pdl), ammette che in concreto ci sono «scarsi mezzi a disposizione», ma «si farà tutto il possibile». Non è escluso il ritorno a un po’ di «finanza creativa»; a erogazioni una tantum si farebbe pronte con quelle coperture una tantum che negli ultimi anni le regole europee non ammettevano più.
Tra le ipotesi più quotate è un soccorso una tantum alle famiglie più bisognose, in aggiunta o integrazione alla social card già decisa l’estate scorsa. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi studia come estendere l’indennità di disoccupazione ad alcune categorie di precari, come i Co.co.pro. La detassazione degli straordinari, che era temporanea, sarà estesa al 2009. Meno probabile è che si intervenga sui carichi di famiglia Irpef.
A favore del lavoro autonomo e dell’impresa minore, si potrebbe (ma il tempo stringe) ridurre le percentuali di acconto dell’autotassazione di novembre; in pratica un rinvio di versamenti all’anno prossimo. Sul pagamento dell’Iva «per cassa», cioè all’effettivo pagamento e non alla fattura, occorre il permesso della Commissione europea, che non ha tempi brevissimi. Improbabile, per ora, la deducibilità dell’Irap dalle impsote dirette.
Tra le decisioni di venerdì entrerà anche il soccorso alle banche se si riuscirà a risolvere in tempo i problemi tecnici. Occorre configurare lo speciale prestito obbligazionario subordinato perpetuo in modo tale che possa essere conteggiato nel «Core Tier 1». Questo parametro di solidità dei bilanci bancari la Banca d’Italia inviterà a elevarlo rispetto al 6%, finora suggerito; non è sicuro se proprio fino all’8%, oppure al 7,5%. Lo Stato presterà questi fondi indebitandosi a sua volta sui mercati finanziari (ci guadagnerà, perché riscuoterà dalle banche cedole più alte dei rendimenti pagati ai risparmiatori). La somma totale non è ancora certa, perché dipende da quanto le banche chiederanno; partendo da circa 3 miliardi per Unicredit e 4 per Intesa Sanpaolo, si potrebbe arrivare a una quindicina di miliardi, massimo a 20.
Per il resto, gli 80 miliardi constano: 1) dei 16,6 di investimenti in infrastrutture, da tempo in bilancio, i cui cantieri, garantisce il ministro Altero Matteoli, si apriranno «entro sei mesi» grazie a nuove procedure; 2) di 40 miliardi in un triennio di fondi europei, che saranno accorpati in pochi progetti importanti (ma le Regioni protestano); 3) in 10 miliardi di investimenti privati, sempre in un triennio, dalle società autostradali, con nuovi meccanismi tariffari.
Ma sui conti pubblici dei prossimi anni pesa un differente rischio. La Corte dei Conti teme che il federalismo fiscale, così come è delineato nel disegno di legge delega all’esame del Parlamento, con ampie quote di Irpef devolute agli enti locali, possa portare a un aumento delle tasse, e perfino a rendere meno trasparente il sistema tributario. Lo ha detto, pur nel quadro di un giudizio complessivamente positivo, il presidente della Corte, Tullio Lazzaro, in una audizione al Senato.
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