di ce.bu.
GUARDA IL VIDEO DEI PRECARI ISPRA
Hanno occupato una nave oceanografica, hanno scritto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si sono messi a lavare i vetri delle auto sotto il ministero dell'Ambiente. Ma tutto questo non è servito a niente. Malgrado gli impegni presi e le promesse fatte dal ministro Prestigiacomo dal 30 giugno 200 lavoratori e ricercatori dell'Ispra, l' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono stati licenziati. «Ci e' stato addirittura vietato, dopo la data del licenziamento, di accedere ai locali dove prestavamo servizio per radunare le nostre cose e consultare il proprio computer» spiegano. «Un trattamento - commenta il senatore del Pd Roberto Della Seta, capogruppo nella Commissione Ambiente e autore di una interrogazione parlamentare sul caso - da veri estranei per chi, nel corso di tanti anni ha anche ricoperto incarichi di responsabilità, contribuendo in maniera decisiva alla protezione dell'ambiente, alla tutela delle risorse idriche e alla difesa del suolo del nostro Paese». «Lo Stato ammazza la ricerca» dicono gli ex precari ormai disoccupati e con questo nettissimo messaggio hanno girato uno spot (GUARDA QUI IL VIDEO) nel cortile della sede centrale di Roma, dove un cecchino in giacca e cravatta armato di fucile fa fuori uno a uno la schiera di ricercatori in camice bianco: «Un'esecuzione fredda e calcolata». «La copertura economica per assumere questi lavoratori c'è» afferma Claudio Argentini, delegato nazionale delle Rdb-Cub Ricerca «ma il governo non vuole sentire ragioni. Ci sono decine di contratti a tempo determinato scaduti, nonostante siano finanziati da progetti di ricerca ancora in corso». Ma se i soldi potrebbero non essere il problema, allora di che morte muore la ricerca? Una risposta si può cercare nella vicenda dell'Ispra, nato a giugno 2008 dalla fusione tra Apat, Icram e Infs, gli enti deputati alla ricerca e al controllo ambientale, del mare e della fauna selvatica. «Ad appena un mese dall'insediamento del nuovo governo – racconta in una inchiesta il settimanale Left – il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo “per rispondere all'esigenza di riduzione dei componenti dei cda, con il conseguimento di risparmi” decide di accorpare i tre enti, inserendo la norma, a sorpresa, nel corso della conversione del decreto sull'emergenza rifiuti a Napoli. Vengono così spazzati via in un sol colpo i vertici dei tre enti insediati da Pecoraro Scanio. A capo del nuovo istituto la ministra nomina un commissario, l'ex vice capo della polizia, Vincenzo Grimaldi. E' la prima volta di un prefetto in un ente di ricerca: nel suo curriculum l'unica esperienza vicina è la gestione del G8 dell'Ambiente nel marzo 2001». Ma a dare il colpo di grazia alla ricerca pubblica e all'Ispra potrebbe essere una società chiamata Sogesid: nata nel 1994 con il compito di realizzare infrastrutture idriche, in seguito trasformata, con un emendamento della Finanziaria 2007, in società strumentale del ministero dell'Ambiente. Il timore che possa “sovrapporsi” all'Ispra viene formalizzato proprio da un deputato Pdl Ugo Lisi. Ma nei mesi successivi cambia poco. «Al posto dell'Ispra, ente autonomo deputato a seguire i frequenti problemi ambientali del Paese, si sostituisce una società sotto il totale controllo del ministero – racconta ancora Left –. Problema non da poco, dato i delicatissimi compiti svolti dall'Ispra: “Supporto e l'assistenza tecnica specialistica in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali, programmazione ed attuazione degli interventi di bonifica finalizzati al risanamento ambientale, il supporto tecnico allo svolgimento di attività internazionali di competenza e la costante assistenza tecnica al comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche”. Gli strumenti ci sono tutti per "ammazzare" la ricerca pubblica: da una parte la Sogesid, una società che può all'occorrenza fare tutto ciò di cui il ministero ha bisogno, e, dall'altra, un prefetto alla guida dell'Ispra».
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Hanno occupato una nave oceanografica, hanno scritto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si sono messi a lavare i vetri delle auto sotto il ministero dell'Ambiente. Ma tutto questo non è servito a niente. Malgrado gli impegni presi e le promesse fatte dal ministro Prestigiacomo dal 30 giugno 200 lavoratori e ricercatori dell'Ispra, l' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono stati licenziati. «Ci e' stato addirittura vietato, dopo la data del licenziamento, di accedere ai locali dove prestavamo servizio per radunare le nostre cose e consultare il proprio computer» spiegano. «Un trattamento - commenta il senatore del Pd Roberto Della Seta, capogruppo nella Commissione Ambiente e autore di una interrogazione parlamentare sul caso - da veri estranei per chi, nel corso di tanti anni ha anche ricoperto incarichi di responsabilità, contribuendo in maniera decisiva alla protezione dell'ambiente, alla tutela delle risorse idriche e alla difesa del suolo del nostro Paese». «Lo Stato ammazza la ricerca» dicono gli ex precari ormai disoccupati e con questo nettissimo messaggio hanno girato uno spot (GUARDA QUI IL VIDEO) nel cortile della sede centrale di Roma, dove un cecchino in giacca e cravatta armato di fucile fa fuori uno a uno la schiera di ricercatori in camice bianco: «Un'esecuzione fredda e calcolata». «La copertura economica per assumere questi lavoratori c'è» afferma Claudio Argentini, delegato nazionale delle Rdb-Cub Ricerca «ma il governo non vuole sentire ragioni. Ci sono decine di contratti a tempo determinato scaduti, nonostante siano finanziati da progetti di ricerca ancora in corso». Ma se i soldi potrebbero non essere il problema, allora di che morte muore la ricerca? Una risposta si può cercare nella vicenda dell'Ispra, nato a giugno 2008 dalla fusione tra Apat, Icram e Infs, gli enti deputati alla ricerca e al controllo ambientale, del mare e della fauna selvatica. «Ad appena un mese dall'insediamento del nuovo governo – racconta in una inchiesta il settimanale Left – il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo “per rispondere all'esigenza di riduzione dei componenti dei cda, con il conseguimento di risparmi” decide di accorpare i tre enti, inserendo la norma, a sorpresa, nel corso della conversione del decreto sull'emergenza rifiuti a Napoli. Vengono così spazzati via in un sol colpo i vertici dei tre enti insediati da Pecoraro Scanio. A capo del nuovo istituto la ministra nomina un commissario, l'ex vice capo della polizia, Vincenzo Grimaldi. E' la prima volta di un prefetto in un ente di ricerca: nel suo curriculum l'unica esperienza vicina è la gestione del G8 dell'Ambiente nel marzo 2001». Ma a dare il colpo di grazia alla ricerca pubblica e all'Ispra potrebbe essere una società chiamata Sogesid: nata nel 1994 con il compito di realizzare infrastrutture idriche, in seguito trasformata, con un emendamento della Finanziaria 2007, in società strumentale del ministero dell'Ambiente. Il timore che possa “sovrapporsi” all'Ispra viene formalizzato proprio da un deputato Pdl Ugo Lisi. Ma nei mesi successivi cambia poco. «Al posto dell'Ispra, ente autonomo deputato a seguire i frequenti problemi ambientali del Paese, si sostituisce una società sotto il totale controllo del ministero – racconta ancora Left –. Problema non da poco, dato i delicatissimi compiti svolti dall'Ispra: “Supporto e l'assistenza tecnica specialistica in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali, programmazione ed attuazione degli interventi di bonifica finalizzati al risanamento ambientale, il supporto tecnico allo svolgimento di attività internazionali di competenza e la costante assistenza tecnica al comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche”. Gli strumenti ci sono tutti per "ammazzare" la ricerca pubblica: da una parte la Sogesid, una società che può all'occorrenza fare tutto ciò di cui il ministero ha bisogno, e, dall'altra, un prefetto alla guida dell'Ispra».
25 luglio 2009
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