Le tematiche ambientali sono diventate una priorità mondiale. Persino gli Stati uniti, che non avevano aderito al Protocollo di Kyoto, se ne sono accorti ed hanno varato la scorsa settimana la prima legge sul clima, con l’obiettivo di ridurre del 17% entro il 2020 le e missioni di CO2 nell’atmosfera. La rivoluzione verde del Green New Deal voluto da Barack Obama, con un occhio al rispetto dell’ambiente ad un altro alla crescita economica. E in Italia ? Il 30 giugno sono scaduti i primi 200 Co.Co.Pro di altrettanti ricercatrici e ricercatori dell’ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ente posto sotto la diretta vigilanza del Ministero dell’Ambiente, nato nel giugno 2008 dall’accorpamento di tre enti preesistenti: l’APAT - Agenzia Protezione Ambiente e per i servizi Tecnici, l’ICRAM - Istituto Centrale Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare, e l’INFS - Istituto Nazionale Fauna Selvatica. 200 contratti precari che non sono stati rinnovati ai quali se ne aggiungono altri 230, in scadenza al 31 dicembre prossimo. L’ISPRA è un ente di ricerca, autonomo ed indipendente che opera in un settore di eccellenza, per il quale lavorano ricercatrici e ricercatori, persone specializzate in scienze naturali, scienze morfogenetiche, biologia cellulare, ingegneria ambientale. Quei cervelli che si vorrebbe, almeno a parole, trattenere dalla fuga all’estero. In Italia, Repubblica democratica fondata sul lavoro, a 200 ricercatrici e ricercatori è stato semplicemente disattivato il badge nel loro ultimo giorno di lavoro. Le lavoratrici ed i lavoratori precari dell’ISPRA hanno occupato la sede di Roma di Via Brancati. Women si è recata sul posto, e li abbiamo avuto conferma di un nostro sospetto: la maggior parte di quelle persone precarie altamente specializzate sono donne. Queste le testimonianze che abbiamo raccolto.
Cristina, 33 anni laureata in scienze naturali. “L’ISPRA è nato dall’unione di 3 enti che sono stati accorpati da circa un anno in un unico ente di ricerca nazionale che si occupa di protezione, controllo, monitoraggio ambientale e ricerca. I campi di attività sono molti: controllo della qualità delle acque, sia interne che marine, della qualità dell’aria, delle fonti di inquinamento. Ora lavoro all’ISPRA, ma sono un ex APAT. Lavoro da circa 6 anni con un contratto di collaborazione a progetto. Sono una ricercatrice, lavoro nei laboratori e mi occupo della qualità delle acque dolci, le c.d. acque interne. Mi occupo di ecotossicologia, test ecotossicologici, analisi delle acque mediante il bio-monitoraggio, ossia il monitoraggio degli organismi delle acque dolci. Siamo in molte a lavorare qui: il numero delle donne è molto elevato, forse superiore a quello degli uomini. Ad esempio nel mio laboratorio il rapporto è di 4 donne e 1 uomo. Molti di noi, me compresa, con l’ammazzaprecari di Brunetta siamo rimasti a casa esattamente ieri, 30 giugno. Ieri era il mio ultimo giorno di lavoro. Alle 14.30 sono entrata con il mio badge. Mezz’ora dopo sono uscita un attimo, e ho scoperto che mi era stato disattivato quando ho visto che non potevo più rientrare. Erano le 15.00 del pomeriggio. I nostri contratti sono scaduti e non c’è volontà di rinnovarli. Le possibilità legislative ci sono, ma non c’è la volontà. Ci sono anche le disponibilità economiche perché i nostri contratti hanno la copertura fino al 31 dicembre di quest’anno. Chiediamo delle risposte e un confronto diretto che fin ad ora ci è stato negato anche dal Ministro Prestigiacomo. Vogliamo avere delle risposte chiare e delle motivazioni precise all’impossibilità di rinnovare i nostri contratti e di mantenerci in servizio. Io lavoro qui da 6 anni, ma ci sono anche persone che hanno lavorato per questi enti anche da più tempo. Non possiamo essere licenziati in tronco così. Il numero complessivo dei precari dei 3 enti è di 430 persone. Ieri sono scaduti i primi 200 contratti, tra cui il mio, ma gli altri 230 scadranno entro il prossimo 31 dicembre. Quello che è accaduto a noi è indicativo di quello che accadrà agli altri nei prossimi 6 mesi.” .
Monica, 34 anni separata. “Sono un’ex APAT. Ho iniziato a lavorare all’APAT che era un’agenzia governativa che lavorava per il ministero dell’ambiente, con uno stage di formazione nel 2004. Poi dal 2005 sono passata con Co.Co.Co e poi Co.Co.Pro. La durata dei contratti di collaborazione non ha mai superato la durata dei 6 mesi. A volte i contratti erano anche di 4 mesi e 20 giorni. Lo scorso anno, con l’accorpamento, sono passata all’ISPRA. Una persona studia, si laurea, dedica anni della propria vita a specializzarsi e poi il contratto scade, arrivederci e grazie.
Tutto questo dopo aver lavorato senza diritto alle ferie, ai fondi pensionistici, a tutto ciò a cui una persona normale anela ad avere diritto per costruirsi un futuro. Ci siamo impegnati tutti seriamente a portare avanti le nostra attività di ricerca e di lavoro. Come tutte le persone ricattabili lavoriamo tanto e cerchiamo di portare a termine tutti gli impegni lavorativi. Abbiamo chiesto un incontro alla Ministra Prestigiacomo, ma non ce l’ha mai concesso. Sono specializzata nel settore di analisi dei metalli, nei suoli, nei sedimenti, nelle acque, nel particolato atmosferico. Il problema è che questo tipo di analisi viene richiesto solo nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Abbiamo svolto campagne di supporto per la guardia forestale, di monitoraggio delle discariche, alcune mie colleghe sono state chiamate per l’analisi delle diossine per l’emergenza dei rifiuti in Campania. Speravamo tutti di ottenere qualcosa di più: non mi sarei mai aspettata un comportamento del genere da una Pubblica Amministrazione. Sia nei confronti del cittadino che ha diritto ad avere un’informazione indipendente e e trasparente sui dati dell’inquinamento ambientale: questo tipo di obiettività può essere garantita solo da una struttura pubblica e non da un privato che ha un profitto eocnomico. Ma speravo in qualcosa di più anche per noi lavoratori che ci impegnamo e ci dedichiamo. Ad oggi mi trovo, dopo una laurea e 5 anni di lavoro, a cercare un’occupazione come commessa o come baby sitter, con l’aggravante che quando cerchi un lavoro generico, chi vede il nostro curriculum ti dice “Sei troppo qualificata ed esperta”. Siamo costrette a trasferirci all’estero, perché le nostre competenze sono apprezzate solo all’estero. Prima ci è stato detto che i contratti a tempo determinato non potevano esserci applicati perché nella Pubblica Amministrazione si entra solo per concorso. I concorsi non sono stati banditi e a quelli che sono stati banditi non abbiamo potuto partecipare perché non avevamo l’anzianità. Di certo c’è che i nostri contratti sono scaduti. Noi tecnici potremo aspettare un futuro concorso, che ad oggi non è uscito. E’ assurdo che la Pubblica Amministrazione dopo aver investito e speso soldi per rendere così altamente specializzati me ed i miei colleghi poi ci manda a casa. Tutto quello che abbiamo imparato, ma anche tutte le strumentazioni di lavoro, laboratori anche molto costosi che sono state acquistati e per le quali siamo altamente specializzati, vengono abbandonati così. E’ assurdo non voler rinnovare i nostri contratti. Lo dico come precaria e come donna separata: ho il diritto di potermi mantenere da sola senza dover stare a chiedere a 34 anni ai miei genitori di mantenermi a casa loro.” .
Carla, 30 anni laureata in ingegneria per l’ambiente indirizzo difesa del suolo. “Anch’io sono un’ex APAT, sono passata ad ISPRA e lavoro nel Dipartimento di difesa del suolo. Mi sono laureata a 24 anni, in regola con gli studi. Ho lavorato per l’APAT, il primo anno con partita IVA e poi con contratti di collaborazione della durata massima di 6 mesi. Sommando i vari periodi arrivo a 5 anni. All’interno del Dipartimento di difesa del suolo mi sono occupata di un progetto di censimento di tutte le frane sul territorio nazionale, realizzato in collaborazione con le Regioni e le Province autonome d’Italia. Il rischio idrogeologico del Paese comprende sia la componente legata alle frante, che quella delle alluvioni. Io mi sono occupata della parte relativa alle frane. Il mio contratto è scaduto ieri. Nel pomeriggio mi è stato disattivato il badge. Chediamo di trovare uno strumento per restare a lavorare fino al 31 dicembre, dato che la capienza economica c’è. Chiediamo che i nostri contratti vengano prorogati. Per 5 anni lo Stato Italiano ha investito su di noi, sulla nostra formazione, siamo persone altamente specializzate in settori specifici che sono tipici di una Pubblica Amministrazione, di un Ente di ricerca ambientale.
Non bisogna dimenticare che l’ISPRA ha il compito fondamentale di comunicare i dati ai cittandini. La nostra attività è fondamentale ed ha una rilevanza particolare perché li rendiamo partecipi di dati come i livelli di inquinamento in atmosfera. Ogni anno vengono prodotti dei rapporti in cui vengono comunicati i dati, ad esempio quelli sui rifiuti. Poi viene pubblicato un annuario ambientale, in cui ci sono tutti gli indicatori dell’ambiete, dall’inquinamento delle acque, dell’aria, i rifiuti, il rischio eletromagnetico. Copriamo tutte le componenti ambientali. Far mancare il nostro lavoro significa anche dare un servizio in meno ai cittadini. Gli altri Paesi, dagli USA al Canada, hanno impostato un’attività di diffusione delle informazioni ai cittadini, ad esempio sul rischio frane. Questo perché aumentare la consapevolezza dei cittadini significa ridurre i rischi. Soprattutto nel rischio idrogeologico la memoria degli eventi del passato è fondamentale per prevenire dissesti futuri. Questo vale soprattutto per le frane: c’è un’altissima percentuale di fenomeni che si riattivano nello stesso luogo attraverso il tempo. La diffusione delle informazioni è fondamentale per la prevenzione. La conoscenza del passato è indispensabile per evitare che quando accade qualcosa si dica sempre “E’ una strage che si poteva evitare”. Ho fatto sempre questo lavoro con grande passione. Voglio cercare di farlo in Italia con tutto l’entusiasmo e la deidizione possibile. Ho pensato di andare via, ma cerco di restare qui.” .
Roberta, 28 anni, laureata in biologia bioecologica:.“Lavoro da 2 anni per l’ex ICRAM con una borsa di studio che ho ottenuto tramite concorso pubblico. La borsa di studio scade il 31 dicembre. Sono toscana: il problema è che pago l’affitto e con 900 Euro al mese di borsa di studio devo essere aiutata dai miei genitori per vivere qui a Roma. Ho la borsa di studio fino al 31 dicembre, mi occupo di cetacei, censimento e monitoraggio. Hanno aggiunto un nuovo cavillo per cui non si può cambiare progetto. Noi dell’ex ICRAM lavoriamo sulla base di progetti esterni che vengono finanziati da enti o dal Ministero dell’Ambiente. Tramite i progetti vengono banditi dei bandi pubblici e pagato il personale per il progetto. E’ stato stabilito che quando scade il progetto, non si può essere più rinnovati con un altro progetto. Quindi il 31 dicembre mi scade la borsa di studio e non potrò essere riassegnata. Magari usciranno altri bandi, ma anche qui ci sono molte incertezze e la situaizone è molto instabile. E’ da poco che faccio parte di questo ente, ma vedo che ci sono persone molto preparate. E’ assurdo vedere che dopo 6, 7 anni le persone vengono mandate via, come è assurdo vedere le persone che vengono sfruttate, giovani laureati che non ricevono i giusti apprezzamenti e riconoscimenti economici.“ Le richieste dei sindacati. Anna Di Noi, 41 anni, biologa cellulare con un dottorato di ricerca in scienze morfogenetiche, delegata nazionale dell’USI RdB Ricerca ”Lavoro in ISPRA, ma sono ex APAT. Ho iniziato a lavorare dal gennaio 2000, prima per alcuni mesi senza contratto, poi sono stata stabilizzata a fine del 2007.
Chiediamo la riassunzione delle 200 persone alle quali ieri è scaduto il contratto e chiediamo che il Ministero dell’Ambiente, che ha la vigilanza sull’ISPRA, intervega sul decreto legge che è stato prodotto venerdì scorso (26 giugno ndr) dal Consiglio dei Ministri. Nell’ambito delle misure per fronteggiare la crisi, già sono state previste alcune proroghe delle scadenze dei termini dei contratti. Chiediamo che venga inserito un emendamento specifico per la proroga dei contratti ISPRA scaduti ieri, come è avvenuto per altri enti. Ci sono figure professionali che sono rimaste con contratti atipici, mai convertiti in tempo determinato, e che sono rimaste fuori dal percorso di stabilizzazione. In prima battuta chiediamo il reintegro dei lavoratori fino al 31 dicembre prossimo, dato che la copertura finanziaria c’è, e successivamente la predisposizione di un piano di stabilizzazione nel corso dei prossimi anni.”.
Le fa eco Enrico Morreale del Coordinamento Precari USI RdB Ricerca e Co.Co.Pro dell’ISPRA il cui contratto è scaduto ieri:
”Lo scorso anno è stata creata l’ISPRA che avrebbe dovuto armonizzare le attività degli enti preesistenti e sviluppare nuove sinergie. In realtà è mancato un progetto comune. Manca un piano di indirizzo politico di questa realtà: è una scatola vuota in cui noi stiamo affondando. I contratti precari in scadenza entro dicembre prossimo sono in tutto 430, la maggiorparte dei quali di donne. I nostri contratti sono scaduti ieri, compreso il mio. 170 ex APAT e 30 dell’ICRAM. Ci hanno disattivato i badge. Siamo rimasti qui, abbiamo occupato e abbiamo dormito qui stanotte. Stiamo tenendo un presidio continuo per sollecitare il Ministero dell’Ambiente a concedere una proroga dei contratti almeno fino al 31 dicembre. L'Amministrazione ha bandito dei concorsi che sono del tutto insufficienti a coprire la platea di precari che lavora da 6, 7 anche da 10 anni. Ora si trincera dietro al fatto che, avendo coperto la capienza dei posti disponibili per la stabilizzazione, i concorsi che potrebbero essere banditi devono essere aperti a tutti, senza riserva di posti per gli interni. Il che significa non riconoscere l’anzianità di servizio, le qualifiche e il lavoro che abbiamo svolto negli enti di provenienza per anni e anni. Le risposte che abbiamo avuto sono vaghe ed elusive. Abbiamo auto un incontro al Ministero giovedì della scorsa settimana (25 giugno ndr) e ci era stata paventata la possibilità che con il decreto milleproroghe potesse esserci qualcosa per noi. Non c’è stato nulla ed il risultato è stato il licenziamento. Cercheremo di tenere questa occupazione ad oltranza anche contro il parere dell’amministrazione che ce l’ha sconsigliato. I fondi per il rinnovo dei nostri contratti fino al 31 dicembre sono stati già stanziati a bilancio. Lo Stato non deve metterci neanche un Euro. Vogliamo un atto di buona volontà fino al 31 dicembre, data fino a cui c’è la copertura integrale. E poi chiediamo di allestire un percorso nomrativo condiviso con l’Amministrazione per integrare il personale. Serve un piccolo atto normativo che autorizzi l’Amministrazione a rinnovarci i contratti. La situazione è drammatica: ci sono famiglie in cui questo è l’unico reddito. Parliamo di retribuzioni che variano da un borsista che percepisce 900 Euro, un collaboratore diplomato circa 1.000 Euro, e un laureato 1.200 Euro. In un contesto in cui si vuole combattere la crisi economica licenziare 200 persone è contrario ad ogni logica.”
Perché smantellare l’ISPRA ? C’è forse un disegno di privatizzazione dei servizi di controllo e di ricerca ambientali ? A questo farebbe pensare la ricerca di personale avviata dalla SOGESID per alcune selezioni di personale con profili professionali che combaciano con quelli dell’ISPRA.
La SOGESID è una società interamente a capitale pubblico c.d. in house, ossia strumentale alle esigenze e finalità del Ministero dell’Ambiente che se ne avvale affidandole, in virtù del rapporto di esclusiva, le sue commesse direttamente senza bandire gare pubbliche. Servizi di consulenza, prestazioni ingegneristiche, soluzioni di criticità ambientali quali bonifiche, emergenza e gestione rifiuti, dissesti idrogeologici, e quant’altro. Insomma, le stesse competenze che svolge l’ISPRA.
Coincidenza sospetta tant’è che l’anomalia di questa sovrapposizione è stata oggetto di diverse interrogazioni parlamentari presentate alla Camera in maniera assolutamente bi-partisan (PDL-PD), con la richiesta di messa in liquidazione o soppressione della SOGESID. Non solo SOGESID non è stata eliminata, ma al vertice del suo CdA è stato nominato l’avvocato Vincenzo Assenza, concittadino della Ministra per l’Ambiente, e quale consigliere di Amministrazione l’avvocato Luigi Pelaggi, capo della segreteria tecnica della Ministra. C’è dell’altro. In realtà SOGESID non opera solo in funzione strumentale al Ministero dell’Ambiente, ma agisce anche per conto di altre amministrazioni quali Regioni, Province e Comuni. Il Sindaco di Lipari, ad esempio, ha conferito direttamente alla SOGESID l’incarico per la risoluzione delle problematiche connesse al ciclo dell’acqua delle Isole Eolie. La questione è stata afforntata in una “Lettera aperta sulla concorrenza sleale della SOGESID ” del 22 giugno scorso inviata, tra l’altro, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, alla Ministra per l’Ambiente, al Presidente della Regione Sicilia, all’Autorità di Vigilanza degli Appalti Pubblici e all’Antitrust. In particolare si lamenta l’alterazione del libero mercato causata da una società pubblica che gode di un sostanzioso margine di “ricarico” sui servizi d’ingegneria che le vengono assegnati senza gare al valore delle tariffe professionali vigenti, per essere poi subappaltati a terzi, per giunta in violazione delle norme di affidamento degli incarichi professionali. Tra l’altro, in un’interrogazione presentata al Senato il 21 luglio 2008 sugli incarichi affidati a SOGESID senza alcuna gara dal Sindaco di Lipari, veniva chiesto conto del fatto che SOGESID che è una società pubblica viene pagata come una società privata (in contrasto con la legge n. 109 / 1994) e pertanto non producendo alcun risparmio per l’amministrazione rispetto al mercato.
Quando si parla di gestione efficiente della cosa pubblica.
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