di Francesca Assennato
FLC CGIL ISPRA
Mi chiamo Francesca Assennato, lo ripeto, perché questa è una battaglia in cui ciascuno ci dovrebbe mettere il proprio nome, la propria faccia, dovrebbe farne una questione personale.
Sono una lavoratrice precaria dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione ela Ricerca Ambientale dove lavoro come ingegnere ambientale da più di cinque anni con vari contratti. Ho 37 anni, e dico anche questo per sgombrare il campo dalla favola che i precari in fondo sono giovani ed è giusto che facciano un po’ di esperienza prima di ottenere un lavoro stabile. Come me, la maggior parte dei precari del mio Istituto lavorano da tanti anni con contratti precari, siamo 600 su una dotazione organica di 1500 circa.
Voglio testimoniare con questo intervento la nostra condizione di cittadini che dopo anni di studi, di lavori ed esperienze fatte sempre con l’obiettivo di crescere e migliorare, dopo tanta strada sentono di non avere un posto degno in questo paese. Voglio parlare di una vita da precario.
Arrivi magari a volte anche per caso a lavorare in un ente pubblico. Ti porti le tue speranze, la tua energia di giovane persona, ti conquisti uno spazio, un mestiere, dai un senso alla tua vita. E magari sei pure contento di poter dedicare il tuo impegno e la tua fatica al tuo Paese, questo ti riempie di orgoglio, ti fa lavorare di più.
Sai anche che all’inizio è dura, che tutto è un po’ precario, ma ti dici che vale per tutti, che bisogna iniziare in qualche modo. E, inoltre, ti fidi, perché tutti quelli intorno a te, familiari, maestri, amici, colleghi, perfino i ministri ti ripetono in continuazione che non devi preoccuparti. Ti ripetono tutti “vedrai prima o poi ti assumeranno, figurati se dopo tanto tempo non ti assumono, sarebbe assurdo!”.
Poi però passano anni in questo modo, e tu speri ancora ma hai anche paura. E poi ancora arriva uno in alto, che ha deciso di fare i comodi suoi e che per fare bella figura con il suo padrone, pur non capendo niente di ciò che tocca, inizia a giocare con la tua vita. E si inventa ogni giorno una nuova regolina che butta fuori qualcuno. E tu stai li che aspetti il tuo turno per finire fuori.
Vorrei che la testimonianza delle persone in carne ed ossa aiutasse a capire la situazione di grande disorientamento sia lavorativo che della sfera personale, un disorientamento creato da questa condizione di precario protratta per anni, allungata sempre di più senza fine.
Cercate di immaginare cosa significa pensare alla propria intera vita da precario. Significa sentire che non sei parte di un progetto comune, che non c’è spazio per te, perchè tu possa lavorare bene. E significa anche che sei solo con la tua precarietà e lo rimarrai, perché è difficile che in questa situazione tu riesca a pensare alla solidarietà, a ciò che potresti donare alla causa comune, a come migliorare il lavoro che fai. Ci hanno incastrati in una rete di egoismo. E così una intera generazione di persone in questo paese muore sena dare alcun contributo.
Ma perché è successo tutto questo? Questo male viene da lontano, viene dallo svilire l’importanza del lavoro, quello con al L maiuscola, per dare importanza solo a denaro e consumo. Abbiamo dimenticato che quel Lavoro significa affermazione umana, significa riscatto dalle proprie condizioni di origine siano esse misere o più fortunate, quel Lavoro sul quale altre donne e uomini come noi hanno fondato la nostra Repubblica? Quel Lavoro si chiama sviluppo umano e Libertà.
Noi lavoratori scioperiamo, come estremo segno del nostro disagio davanti a questa situazione, davanti alla negazione del diritto al futuro, alla negazione della speranza. E diciamo NO con tutta la forza che abbiamo, No a questo schifo di affari, annunci e inciuci. Noi lavoriamo, vogliamo lavorare e volgiamo lavorare bene, perché è il nostro futuro che vogliamo costruire. Per poterlo fare, però, abbiamo bisogno di una cosa: abbiamo bisogno della dignità del lavoro e della persona, che oggi dobbiamo difendere. Perché non c’è futuro che valga la pena vivere senza dignità.
E non è degno un lavoro che fai da anni col contratto che ti scade ogni sei mesi, e il ricatto ogni volta per riaverlo; non è degno lo strapotere dei vari potenti che con soldi pubblici, i nostri soldi, giocano a risiko con noi come pedine; non è degno lavorare per meno di 1000€ al mese quando l’affitto di casa ti costa di più; non è degno un contratto di collaborazione, che non ti dà le forme minime di sostegno CIVILE, come maternità, malattia e ammortizzatori sociali.
Questo di cui parlo è il senso di impotenza di una intera generazione che così stiamo distruggendo. Però siamo scesi in piazza in tanti a protestare, per mesi e ancora ci siamo, ma penso anche a tutti quelli che non partecipano attivamente ma condividono questa preoccupazione. Ci siamo e significa che siamo vivi, che possiamo riprenderci il nostro diritto a lavorare bene e chi ce lo nega semplicemente sbaglia e se ne deve andare a casa lui.
Concludo con la speranza che ciascuno di noi si opponga e difenda la propria dignità di lavoratore e di persona quando e quanto può, in ogni stanza, ad ogni livello, in ogni discussione anche al bar e con gli amici. Bisogna fare di questa battaglia una questione personale, perché non c’è nulla di più personale della nostra vita e del nostro futuro.
Voglio testimoniare con questo intervento la nostra condizione di cittadini che dopo anni di studi, di lavori ed esperienze fatte sempre con l’obiettivo di crescere e migliorare, dopo tanta strada sentono di non avere un posto degno in questo paese. Voglio parlare di una vita da precario.
Arrivi magari a volte anche per caso a lavorare in un ente pubblico. Ti porti le tue speranze, la tua energia di giovane persona, ti conquisti uno spazio, un mestiere, dai un senso alla tua vita. E magari sei pure contento di poter dedicare il tuo impegno e la tua fatica al tuo Paese, questo ti riempie di orgoglio, ti fa lavorare di più.
Sai anche che all’inizio è dura, che tutto è un po’ precario, ma ti dici che vale per tutti, che bisogna iniziare in qualche modo. E, inoltre, ti fidi, perché tutti quelli intorno a te, familiari, maestri, amici, colleghi, perfino i ministri ti ripetono in continuazione che non devi preoccuparti. Ti ripetono tutti “vedrai prima o poi ti assumeranno, figurati se dopo tanto tempo non ti assumono, sarebbe assurdo!”.
Poi però passano anni in questo modo, e tu speri ancora ma hai anche paura. E poi ancora arriva uno in alto, che ha deciso di fare i comodi suoi e che per fare bella figura con il suo padrone, pur non capendo niente di ciò che tocca, inizia a giocare con la tua vita. E si inventa ogni giorno una nuova regolina che butta fuori qualcuno. E tu stai li che aspetti il tuo turno per finire fuori.
Vorrei che la testimonianza delle persone in carne ed ossa aiutasse a capire la situazione di grande disorientamento sia lavorativo che della sfera personale, un disorientamento creato da questa condizione di precario protratta per anni, allungata sempre di più senza fine.
Cercate di immaginare cosa significa pensare alla propria intera vita da precario. Significa sentire che non sei parte di un progetto comune, che non c’è spazio per te, perchè tu possa lavorare bene. E significa anche che sei solo con la tua precarietà e lo rimarrai, perché è difficile che in questa situazione tu riesca a pensare alla solidarietà, a ciò che potresti donare alla causa comune, a come migliorare il lavoro che fai. Ci hanno incastrati in una rete di egoismo. E così una intera generazione di persone in questo paese muore sena dare alcun contributo.
Ma perché è successo tutto questo? Questo male viene da lontano, viene dallo svilire l’importanza del lavoro, quello con al L maiuscola, per dare importanza solo a denaro e consumo. Abbiamo dimenticato che quel Lavoro significa affermazione umana, significa riscatto dalle proprie condizioni di origine siano esse misere o più fortunate, quel Lavoro sul quale altre donne e uomini come noi hanno fondato la nostra Repubblica? Quel Lavoro si chiama sviluppo umano e Libertà.
Noi lavoratori scioperiamo, come estremo segno del nostro disagio davanti a questa situazione, davanti alla negazione del diritto al futuro, alla negazione della speranza. E diciamo NO con tutta la forza che abbiamo, No a questo schifo di affari, annunci e inciuci. Noi lavoriamo, vogliamo lavorare e volgiamo lavorare bene, perché è il nostro futuro che vogliamo costruire. Per poterlo fare, però, abbiamo bisogno di una cosa: abbiamo bisogno della dignità del lavoro e della persona, che oggi dobbiamo difendere. Perché non c’è futuro che valga la pena vivere senza dignità.
E non è degno un lavoro che fai da anni col contratto che ti scade ogni sei mesi, e il ricatto ogni volta per riaverlo; non è degno lo strapotere dei vari potenti che con soldi pubblici, i nostri soldi, giocano a risiko con noi come pedine; non è degno lavorare per meno di 1000€ al mese quando l’affitto di casa ti costa di più; non è degno un contratto di collaborazione, che non ti dà le forme minime di sostegno CIVILE, come maternità, malattia e ammortizzatori sociali.
Questo di cui parlo è il senso di impotenza di una intera generazione che così stiamo distruggendo. Però siamo scesi in piazza in tanti a protestare, per mesi e ancora ci siamo, ma penso anche a tutti quelli che non partecipano attivamente ma condividono questa preoccupazione. Ci siamo e significa che siamo vivi, che possiamo riprenderci il nostro diritto a lavorare bene e chi ce lo nega semplicemente sbaglia e se ne deve andare a casa lui.
Concludo con la speranza che ciascuno di noi si opponga e difenda la propria dignità di lavoratore e di persona quando e quanto può, in ogni stanza, ad ogni livello, in ogni discussione anche al bar e con gli amici. Bisogna fare di questa battaglia una questione personale, perché non c’è nulla di più personale della nostra vita e del nostro futuro.
un commento di pancia....
RispondiEliminaMi chiamo Michela Mannozzi. Precaria ex-ICRAM/ISPRA da 5 anni e mezzo. Precaria dello Stato (tra CNR ed Università e ICRAM) da 10 anni.
Credo che quello che stiamo subendo, che il nostro coinvolgimento a singhiozzo per la difesa dei nostri diritti, che le nostre reazioni (a corrente alternata e, contro ogni legge della fisica, caratterizzate da bassa tensione….e anche bassa resistenza) siano frutto dell’apatia e del diffuso senso di impotenza che si respira anche a livello nazionale.
Infatti, dopo un’iniziale reazione spontanea ai provvedimenti del governo e della struttura commissariale ha fatto seguito un rassegnato silenzio….come quello di tante italiane ed italiani che dissentano ma arrancano.
Chi ha il potere (di decidere, di amministrare, di giocare con le nostre vite) è abile e conosce il modo per estenuare e scoraggiare ogni forma di dissenso.
Credo che molti di noi si sentano scoraggiati perché si sentono soli in un mare d'indifferenza...ma se ci contiamo siamo tanti a disapprovare e SOFFRIRE in solitudine per quanto sta succedendo.
Sapete che vi dico?
Io mi sento in colpa per questa finta quotidianità "a tempo" che sto vivendo. Mi sento in colpa perché per puro caso ho ancora qualche mese di "finta vita lavorativa" da condurre mentre gli sfigati che, in seguito ad una sorta di roulette russa, sono rimasti fuori ad inizio anno....SONO ANCORA FUORI!!!
Vorrei che leggeste tutti le motivazioni ed i pretesti che, settimana dopo settimana, vengono recapitati ai vari responsabili di progetto per procrastinare (forse fino all'infinito) il rientro a lavoro dei colleghi CoCoCo.
Mi sento in colpa perché più di 30 nostri colleghi sono passati, nel giro di 6 mesi, dalla quasi assunzione AL QUASI LICENZIAMENTO (i profughi della stabilizzazione ICRAM)….ed io???? Cosa sto facendo???? COSA STIAMO FACENDO??????
Ma ci rendiamo conto che stanno giocando con le nostre vite? Abbiamo deciso che nulla è in nostro potere per migliorare la situazione e per fare una necessaria controinformazione sul precariato negli enti pubblici di ricerca? Siamo stanchi? Non mi sembra che stiamo impiegando molte energie fisiche ed intellettuali???????!!!!!!
VORREI SOLAMENTE CAPIRE SE HA VINTO L’INDIVIDUALISMO SPINTO ED IL SENSO D’IMPOTENZA. VORREI CAPIRE SE CI SIAMO ARRESI O SE CI SONO ANCORA DELLE ENERGIE DA METTERE IN CAMPO.
SIAMO ANCORA VIVI O SIAMO DEI MORTI CHE CAMMINANO???
DOBBIAMO E POSSIAMO ANCORA SPERARE QUANTO MENO DI POTER VENDERE CARA LA NOSTRA PELLE?
COSA RACCONTEREMO AI NOSTRI FIGLI? CHE LA RASSEGNAZIONE AIUTA IL PROGRESSO DELLA SOCIETÀ? CHE LA DIFESA DEI PRINCIPI GENERALI DEVE ESSERE ACCANTONATA A FAVORE DEL PRIVILEGIO INDIVISUALE?
NELLA RETE SENTO SOLO LE ECO DI PENSIERI SBIADITI….CHE TRISTEZZA…
da dieci anni potresti anche aver parassitato per quel che ne sappiamo. Chi spende del tempo proficuamente non si va a sviolinare ovunque per avere una vetrina, pensiamo a cose serie e non a baggianate populiste.
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