LA PETIZIONE DA FIRMARE
giovedì 26 marzo 2009
Precarispra Forum
Il ministro della Funzione Pubblica in redazione a testa bassa contro il maggior sindacato, la sinistra, gli studenti dell’Onda
«Della Cgil ne faccio ameno. Il 25 Aprile? Non si festeggia»
«No ai vincoli e alle regole ferree. Causano schifezze»
«Niente scuse a questi studenti guerriglieri»
Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, ospite della redazione de l’Unità, ha risposto alle domande della redazione e a quelle inviate dai lettori attraverso il sito internet. Domande sui temi caldi del dibattito politico: dai precari della pubbica amministrazione agli studenti «guerriglieri» dell’Onda, dal suo modo “tranchant” di parlare al paese al piano casa. Ministro, perché ha scelto una strategia comunicativa così scioccante? È il suo modo normale di comunicare o lo fa con la consapevolezza di scatenare delle reazioni? «Questo è un Paese molto ipocrita e chi parla schietto viene chiamato provocatore. Io dico quello che penso: per esempio, dico che se si rottama l’archiettura comunista di questo Paese sarà un bene». Ma davvero crede che sia tutta comunista? «Comunista e palazzinara». Nella sua“lotta ai fannulloni” ha ripescato un’espressione che veniva usata anche dalle Brigaterosse: colpirne uno per educarne cento... «Veramente il primo a pronunciarla è stato Mao Dze Dong. Sì, ma come saprà bene è stata poi adottata in Italia dalle Br. «Io vivo sotto scorta da 25 anni e comunque ricordo Mao. Certo non intendevo citare le Brigate rosse. In ogni caso, quanto ai “fannulloni” quella battaglia l’ho vinta: oggi siamo arrivati a meno 45% di assenteismo». Ha anche calcolato quanto, con la sua azione, è migliorata l’efficienza nella pubblica amministrazione?. «Lei sta parlando con un professore ordinario di Economia del lavoro: tutto quello che dice potrebbe essere usato contro di lei... scherzo. Ridurre l’assenteismo è già una rivoluzione, anche se il sindacato mi ha accusato di mettere agli arresti domiciliari i dipendenti pubblici. Nella scuola le assenze per malattia sono scese del 35%, il risparmio in supplenze è di 250milioni l’anno». Sì, ma il problema dell’efficienza è stato risolto? «No. Il fatto è che non si può aumentare la produttività di chi non lavora. Cominciamo a portarli al lavoro, poi ci occuperemo anche del lavoro». Il principale sindacato, la Cgil, non ha siglato l’accordo sugli statali. «Peggio per il più grande sindacato, quello che conta è che da febbraio un milione e 800mila dipendenti pubblici hanno 70 euro in più in busta paga, compresi gli iscritti alla Cgil». Torniamo al suo modo di comunicare. Perché disse che la Cgil è il suo principale nemico? «Ho detto anche: chi se ne frega della Cgil». Ministro, la Cgil ha avuto e ha una funzione storica molto importante... «Sono stato iscritto alla Cgil». E come ha potuto cambiare in questo modo il suo giudizio? «Un grande sindacato si giustifica di per sè, ma penso che la Cgil sia diventato un partito, agli inizi degli anni Novanta. Tangentopoli non toccò chissà perché ilmondo sindacale e i sindacati si sostituirono ai partiti. La Cgil lo fece con particolare determinazione». La Cgil svolge una funzione impropria? «Non ho detto impropria. Politica. La Cgil ha fatto lobbing in Parlamento affinchè il Partito democratico votasse contro la mia legge di riforma. Non ci è riuscita al Senato, ma alla Camera sì». Ma non pensa che la Cgil agisca per affermare e difendere i diritti dei lavoratori? «Esiste un loro pregiudizio... Non è possibile che tutto quello che faccio sia sbagliato. Ho chiesto mille volte la collaborazione della Cgil alla mia riforma». Con gli altri sindacati ha mai trattato? «Mai, e perchè dovrei?». Perchè allora parla di collaborazione con la Cgil? «Il mio interlocutore è il Parlamento. Per discutere sui contratti con i sindacati c’è l’agenzia Aran». Quando era iscritto alla Cgil le cose erano diverse? «Sì, anche se alla Cgil mi iscrisse, a metà degli anni Settanta a Padova, un’allieva di Toni Negri che poi è stata accusata di essere una brigatista». Non ritiene che i sindacati siano fondamentali per una democrazia? «Un’opposizione sindacale e politi-giudiziale mi mal dispone». A proposito di pregiudizi. Lei è stato considerato un economista di sinistra, ha anche scritto un libro intitolato «La società dei salariati». Adesso la ritroviamo in Forza Italia... «Sono di sinistra. Ma, da buon socialista, sono un anticomunista». E, assieme al suo collega Sacconi, ha un atteggiamento pregiudiziale verso la Cgil. «Sono anticomunista e anche anti-Cgil». Anche Epifani è socialista. «È un ex socialista. Io sono un socialista in Forza Italia e lo rivendico». L’innesto dei socialisti in Fi in effetti ha seguito vari rivoli. Il tratto comune è che siete molto aggressivi verso l’opposizione. «Perchè li conosciamo. Dove stanno i comunisti io sto dall’altra parte». Ma il comunismo non era morto? «Non è vero, sono sempre vivi». Che tipo di socialista è stato? «Lombardiano». E non la imbarazza stare nel governo con un premier che quando gli domandano se è antifascista non risponde?. «Rispondo delle mie azioni, del mio linguaggio, della mia coerenza». Considera irrilevante che il capo di un governo democratico e occidentale non dica di essere antifascista? «Questo lo dice lei. Berlusconi ha salvato l’Italia dalla “gloriosa macchina, da guerra” di Achille Occhetto. Ha salvato la democrazia italiana». Ma non festeggia il 25 aprile... «Neanche io: è una festa egemonizzata dai comunisti». Cisl e Uil non fanno politica? «Un buon sindacato tratta duramente ma poi firma. Non sono della linea del mio amico Fausto Bertinotti che si vantava di non avermai firmato un contratto. 70 euro sono meglio di niente: i dipendenti degli enti locali e delle Asl non hanno il contratto perchè la Cgil si è messa contro». Che rapporti ha con Bonanni e Angeletti? «Pochi, non sono Sacconi». Tutti i suoi discorsi creano divisioni, mail Paese non ha bisogno di coesione sociale? «Ho un consenso del 70%. Questo Paese ha una maggioranza politica molto chiara e i sondaggi sono molto buoni. Non confondo la coesione sociale con la Cgil». Quando si concluderà la “lotta ai fannulloni”? Lei aveva detto che se entro un anno non avesse ottenuto risultati, si sarebbe dimesso. «I conti li faremo l’11maggio esattamente a un anno e tre giorni dalmio giuramento, al Forum della Pubblica amministrazione». C’è modo di farli anche prima. Per esempio, girando l’angolo: qui dietro c’è l’Agenzia dell’entrate con una fila inferocita... «Non sono Mandrake, sono “gusto lungo” come la gomma del ponte di Brooklyn». Si vede che i problemi sono più complicati... «Rispondo con i fatti: meno 45% il tasso di assenteismo per malattia, rinnovo del contratto del pubblico impiego, approvata la legge di riforma della Pubblica amministrazione e a maggio ci sarà il decreto delegato che a giugno diventerà operativo» . Veniamo alle mail dei lettori: gli insegnantisi sono molto risentiti delle sue parole, non si “vergognano” del loro lavoro. «Gli insegnanti che incontro per strada mi dicono: “sto dalla sua parte, non si lasci intimorire”. Si vede che ci sono insegnanti comunisti e insegnanti anticomunisti». Non le pare che gli insegnanti della scuola dovrebbero essere incentivati invece di essere sottopagati? «Sto lavorando perchè nella pubblica amministrazione si entri per concorso, mentre la gran parte degli insegnanti sono stati stabilizzati senza concorso». È l’opposto, semmai: se sostiene il contrario fornisca le percentuali. «I conti li faremo. Comunque, è solo attraverso la meritocrazia che si puòcreare la premialità economica: sinora invece c’è stato un eccesso di sindacalizzazione e appiattimento». Si ha l’impressione che lei non ami il settore pubblico, lo Stato: prendiamo il “piano casa”: distrugge i vincoli a salvaguardia del territorio. «È una sensazione sbagliata. Quei vincoli sono astratti, viviamo in un Paese ipocrita che fa leggi e piani regolatorima produce schifezze. Io voterò per la rottamazione delle schifezze. Non mi piace l’ipocrisia delle regole ferree a cuipoi seguono i condoni». Lei propone l’alienazione del patrimonio immobiliare degli ex Istituti autonomi delle case popolari. Ma una sentenza della Corte Costituzionale non lo consente. «Quella è una sentenza del 2006, ora abbiamo una nuova legge: la 133 del 2008. Vedremo cosa dirà la Corte. Sono 800mila le case ex Iacp in Italia: è un patrimonio morto che rende tutti infelici. Le morosità raggiungono il 40%, non ci sono i soldi per le manutenzioni, le Regioni spendono 3miliardi l’anno. E il problema sociale non si risolve, perché nessuno lascia la casa, anche se ormai ha perso i requisiti. A questo punto vendiamo tutto agli inquilini, ad un prezzo capitalizzato dell’affitto». Macome potrà acquistare chi non ha soldi? «L’affitto medio è 70euro, riscattare la casa costerà in media intorno ai 25mila euro, per immobili che poi varranno 5 volte tanto». Fra gli affittuari ci sono i pensionati. «Anche loro hanno figli e altri hanno un reddito medio-alto e faranno un affare. Voglio vendere a tutti, anche ad abusivi e fricchettoni: se la rivendano e se la fumino! Voi avete una visione sfigata della vita». Ma in questo modo non si rischia una svendita in blocco che, alla fine, non darà il denaro sufficiente a fare una nuova politica per la casa? «La svendita c’è già. Il patrimonio abitativo non è più utilizzato per i fini per cui era stato costruito. Io non faccio altro che prendere atto del fallimento di una grandissima idea sociale, realizzata con il contributo dei lavoratori dipendenti. A mano a mano che i redditi miglioravano la gente avrebbe dovuto lasciare le case popolari. Non è andata così. Quell’idea, nata ai tempi di Fanfani, è fallita per colpa di tutti: Dc, Pci, Psi e della nostra idea di Stato». Perché non verificare i requisiti di chi oggi vive nelle case? «Non ce l’ha fatta nessuno. Se fai la radiografia agli inquilini, scoppia la rivoluzione. Il vero scandalo è questo. Meglio azzerare e ripartire». Per costruire nuove case popolari? «Lamia idea è un’altra. Siamo un Paese che non fa rispettare le regole. Meglio interventi sugli affitti o mutui a tasso zero». Il piano casa presenta un altro problema: come i condoni, è una violazione della cultura delle regole. «La cultura delle regole ha prodotto l’abusivismo. Questo Paese è profondamente cattolico e ipocrita. Disattende le regole che si dà: questo si definisce “azzardo morale”. È la cultura catto-comunista, socialista, liberale etc. La borghesia dell’unificazione d’Italia, tanto incensata dalla storiografia risorgimentale, fu una borghesia delle mani libere. Sarebbe bello far rinascere la cultura delle regole, ma se lei, un ministro, risponde che nessuno c’è riuscito, è una grande sconfitta collettiva. «Chi governa è tenuto al pragmatismo. A me piacerebbe far rispettare le regole. Non ci riesco. Ho uno strumento che mi consente di ricominciare? Allora dico: pochi soldi, maledetti e subito». A proposito di cultura delle regole: per far votare correttamente i deputati abbiamo speso 450mila euro... «In Europa, dove sono stato eletto per nove anni, nessuno si è mai sognato di fare il “pianista”. Evidentemente c’è una diversità culturale di fondo». Passiamo a un argomento un po’ personale. È vero che sta scrivendo un romanzo d’amore intitolato la «Lista di Spagna»? «Mi piacerebbe, ma non è vero. È vero, però, che la “Lista di Spagna” è il luogo dove per un decennio ho lavorato d’estate alla bancarella di souvenir di mio padre. È a Venezia e si trova fra la Ferrovia e il ponte delle Guglie. Là ho imparato a dire i prezzi in tutte le lingue». Come sono i rapporti fra lei e Tremonti? Stando a quanto lei ha detto in un’intervista, sembra ci sia una competizione ventennale... «Meno tempo: Tremonti è arrivato dopo. Siamo solo di carattere diverso. Io sono di buon carattere: mi arrabbio, ma mi passa». Si vuole scusare congli studenti dell’Onda che ha definito “guerriglieri”? «Neanche morto, finché ci sarà questa guerriglia autorappresentiva con le prime file che spingone e le seconde che filmano...». Non teme di alimentare lo scontro? «Non credo che una parola del sottoscritto alimenti lo scontro». Gli studenti dell’Onda tengono i corsi di recupero a scuola, visto che non ci sono i fondi statali. «Questa è la rappresentazione un po’ edulcorata che ha fatto “Report”. Ma ci sono tante iniziative, tanti studenti cattolici che fanno solidarietà». Come affronterà la questione dei precari nella Pubblica amministrazione? «La Cgil dice che sono 400mila. Li sto contando, saranno meno». Ma il monitoraggio non è finito... «Siamo a metà e statisticamente si possono fare delle previsioni». Al di là dei numeri, con il blocco del turn over si è andati avanti con i contratti a termine. «Lo dice la parola stessa, questi contratti sono temporanei. La norma Prodi-Nicolais li ha prorogati fino a tutto il 2009. Io dico, invece, che vanno fatte delle regolarizzazioni con concorso. Ci sono 30mila vincitori di concorsi mai entrati nella pubblica amministrazione. Ma la gran parte delle regolarizzazioni è già stata fatta: lo Stato non ha contratti a termine. Questi contratti sono tutti nelle regioni». Hanno sorpreso le sue dichiarazioni sul fatto che non sarebbero più necessari gli ammortizzatori sociali che, invece, Marco Biagi aveva proposto. «Biagi era un amico e collega. Dieci anni fa diceva che in Italia c’è il peggior mercato del lavoro. Io parlo di lui all’indicativo presente, per me è come fosse ancora vivo, e per questo posso permettermi di dire “non sono d’accordo” con lui sugli ammortizzatori sociali». Altre domande dei lettori: perchè, negli uffici pubblici, non mette i voti anche ai dirigenti? E i politici non dovrebbero essere anche loro sottoposti a un giudizio? «Il pesce puzza dalla testa, quindi sui dirigenti sono d’accordo. Il giudizio per i politici invece si esprime attraverso le elezioni. Certo, era meglio quando nelle elezioni politiche c’era il sistema delle preferenze. Io stesso mi sentivo più libero allora». Lei ce l’ha con Tremonti? «È lui che ce l’ha con me». C’è un esponente del centrosinistra che vorrebbe al governo? «Sicuramente Enrico Letta»
Berluschini, milionari in erba
La crisi vi deprime? Imparate un po' di sano ottimismo (come esorta papà Silvio) da Barbara, Luigi ed Eleonora Berlusconi, che in tempi così magri (per gli altri) si sono "regalati" un premio sulle proprie azioni della holding di famiglia. Utile ricavato: un milione e mezzo di euro circa ciascuno.
Secondo quanto rivela Italia Oggi, i tre rampolli del Cavaliere hanno imparato a giocare con profitto a Monopoli: attribuitisi un premio di 4,30 euro per ciascuna delle 977.600 azioni della Holding italiana quattordicesima spa in loro possesso, i "Berluschini" si sono accaparrati, grazie alla titolarità del 31,33% del capitale, buona parte dell'assegno di 4,203 milioni di euro diviso tra gli azionisti.
In soldoni, la manovrina finanziaria fatta in casa ha fruttato loro 1.401.228,1 euro ciascuno. Un tesoretto per le spesucce previste di immobili di prestigio. E i tre infatti spendono, investono, non lasciano certo ammuffire i 55 milioni di utili che macina la loro Holding.
Costerà loro per esempio cinque milioni di euro l'ingresso nel fondo di private equity Sator creato da Matteo Arpe. Quello stesso fondo per il quale tempo fa si sussurrava che Luigi Berlusconi - aspirante finanziere dopo che è sbollita, forse, la vocazione mistica - volesse essere liquidato dal padre per godere di mezzi e libertà di impresa con l'amico Arpe.
Se i rumors di qualche tempo fa testimoniavano le presunte preoccupazioni di Veronica Lario per il patrimonio reale destinato ai suoi tre figli, considerati i ruoli preponderanti nell'azienda di famiglia ricoperti dalla primogenita Marina e dal fratello Piersilvio, nati dall'unione di Silvio con la prima moglie Carla Elvira Dall'Oglio, questi giri milionari sembrerebbero destituire di fondamento quelle illazioni.
Tanto più che la montagna di utili della società dei Berluschini dipende quasi interamente dal dividendo distribuito dalla Fininvest. Rischio imprenditoriale prossimo allo zero, insomma. Investimenti nel mattone (attività nel dna dei Berlusconi), soldi che fanno soldi: sarà questa la finanza etica di cui si è fatta promotrice Barbara Berlusconi e di cui s'è discusso al convegno organizzato dalla sua Milano Young? Così è facile essere ottimisti: sono le imprese che producono il vero made in Italy che oggi chiudono i battenti, schiacciate dalla crisi, soffocate da un mercato selvaggio e per nulla difese né aiutate. (Libero News)
Berlusconi: "No alla settimana corta I disoccupati si inventino un lavoro"
da il Giornale - Roma - "Io ho detto che deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo. Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa fare, io non stareI con le mani in mano". Il premier Silvio Berlusconi torna sulle sue affermazioni dei giorni scorsi, per le quali gli italiani devono lavorare di più. E cerca di spronare disoccupati e imprenditori a uscire dalla crisi rimboccandosi le maniche e cercando di fare quanto possibile. "Io spero comunque che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa - ha aggiunto il premier - anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa".
La ricetta anticrisi Da uomo del fare, il Cavaliere nella hall dell'Hotel Vesuvio afferma: "Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare. Io non starei con le mani in mano". Poco prima in prefettura un incontro con i lavoratori della Fiat di Pomigliano d'arco, ai quali il premier ha promesso di mettere "testa e cuore" nella soluzione dei loro problemi, garantendo un tavolo a Palazzo Chigi con governo e azienda ed il prolungamento della cassa integrazione. Ma piangersi addosso non si deve, dice Berlusconi, che torna sulle polemiche dei giorni scorsi e ribadisce di aver detto che "deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo".
Il sostegno di governo e banche "La situazione in generale è veramente difficile - osserva il premier senza perdere il suo piglio ottimista - però c'é il sostegno del governo e delle banche", che "grazie al governo, che ha dato una bella somma per le garanzie, hanno ora la possibilità di fare credito". E qui l'invito ai meno fortunati a rimboccarsi le maniche, che Berlusconi fa per poi aggiungere: "Io spero comunque che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa. E anche gli imprenditori devono inventarsi qualcosa". Berlusconi boccia, quindi, senza riserve l'idea della settimana corta per uscire dalla crisi. E assicura che il governo la sua parte l'ha fatta e la sta facendo, con cose concrete come il termovalorizzatore che lui stesso inaugurerà domani ad Acerra "cavando energia elettrica pulita, inquinando come tre auto di cilindrata media".
Il nodo del piano casa Altra cosa concreta, per una iniezione di fiducia nel settore edilizio, il piano casa. Sul quale, assicura Berlusconi, "non c'é nessuna frenata". Anzi, "venerdì ci sarà in Consiglio dei ministri qualcosa sulle abitazioni. Qualcosa di positivo, che darà il via al piano in accordo con le Regioni". Il Cavaliere non nega che qualche problema i governatori italiani lo stiano ponendo, perché "sono gelosi delle loro competenze". Ma è convinto che, in ogni caso, "le Regioni non potranno sottrarsi, perché c'é in giro una aspettativa fantastica" riguardo al piano casa. Perciò Berlusconi ha affidato ai tecnici un confronto con le Regioni. Ma assicura: "Poi decideremo noi".
I poteri al premier L'ultima parola la riserva all'esecutivo, non senza rilanciare il refrain sugli scarsi poteri in mano al presidente del Consiglio. "Io non ho poteri, posso solo convicere, poi devo trattare con tutti: alleati, Parlamento, capo dello Stato. Altro che cesarismo, altro che vezzi napoleonici". Ed è qui che si colloca una frase diretta al co-fondatore Gianfranco Fini: "Sul pensiero unico non so cosa rispondere, avrei una battuta ma preferisco non farla...". Il congresso che a fine settimana darà vita al Pdl resta sullo sfondo, anche se Berlusconi afferma: "Ho fatto le tre e mezzo di notte per scrivere il mio discorso". Si sorprende però, il Cavaliere, delle polemiche sul mancato invito ad altri partiti. "E' un congresso fondativo, deve andarci chi sta fondando il partito. E poi per gli altri sarebbe un disturbo venire di sabato mattina".
Berlusconi: chi è licenziato trovi qualcosa da fare, non starei con le mani in mano
ROMA (25 marzo) - «Io ho detto che deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo. Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa fare, io non stareI con le mani in mano...»: lo ha detto il premier Silvio Berlusconi tornando sulle sue affermazioni dei giorni scorsi, per le quali gli italiani devono lavorare di più. «Io spero comunque che si faccia di tutto affinchè non si lasci nessuno a casa - ha aggiunto - Anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa. Ora le banche hanno la possibilità di fare credito. Non c'è nessuna furbizia da parte delle banche, ma mettetevi nei panni di un direttore che ha una propria moralità e vuole dare i soldi solo a chi ritiene che li restituisca. Lo Stato, comunque, deve dare garanzie e noi lo stiamo facendo e abbiamo messo per questo a disposizione una bella somma».
Berlusconi: non sono d'accordo sulla settimana corta. «Non sono d'accordo. Ci sono tante ricette, ma le cure non le ha nessuno»: così il premier risponde a chi gli chiedeva se fosse d'accordo con l'idea di introdurre la settimana corta per aiutare a superare la crisi nel mondo del lavoro, sulla scia del piano adottato in Germania dalla cancelliera Angela Merkel sulla riduzione dell'orario di lavoro, in modo da permettere a tutti di mantenere l'impiego.
Di Pietro: lavoratori cornuti e mazziati. «Cornuti e mazziati. Così il presidente del Consiglio tratta gli italiani che, per colpa delle sue scelte sbagliate in campo economico, si ritrovano senza lavoro»: lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, a proposito delle dichiarazioni di Berlusconi sui lavoratori licenziati. «E poi - aggiunge - c'è ancora qualcuno che dice che viviamo in uno Stato democratico. Se questo fosse vero, il governo dovrebbe pensare ai cittadini, alle fasce sociali più deboli e non a difendere gli interessi dei soliti noti».
Pdci: dal premier parole indecenti sui licenziati. «Sui lavoratori licenziati il presidente del Consiglio ha superato ogni limite - dice Pino Sgobio, esponente del Pdci - Le sue sono parole vergognose e offensive. A questo punto appare chiaro che Berlusconi non è degno di ricoprire il ruolo che ricopre. Nei confronti dei lavoratori e di chi vive il dramma del licenziamento porti rispetto e, invece di fare dichiarazioni indecenti, si adoperi seriamente a ridare loro una speranza. In caso contrario lasci perdere, si ritiri e faccia altro...».
Berlusconi: «I licenziati trovino qualcosa da fare»
Il premier a Napoli: «La situazione è difficile, ma io non me ne starei con le mani in mano»
ROMA - «Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare. Io non starei con le mani in mano». Lo dice Silvio Berlusconi conversando con i giornalisti all'Hotel Vesuvio a Napoli, dove si trova per l'inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra. A proposito dei lavoratori della Fiat di Pomigliano (in giornata c'è stato l'incontro tra il premier e una delegazione delle rappresentanze sindacali), il Cavaliere promette di aprire «un tavolo a Palazzo Chigi affinché si arrivi innanzitutto ad un prolungamento della cassa integrazione».
SITUAZIONE DIFFICILE - «È una situazione veramente difficile» osserva il premier. «Io - aggiunge Berlusconi riferendosi alla situazione in generale - spero che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa. Anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa», sottolinea il Cavaliere. «Ci sono tante ricette - spiega - ma nessuno ha una cura precisa. Deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo» ribadisce il presidente del Consiglio, che si dice contrario alla proposta della settimana corta così come auspicata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
«ALTRO CHE CESARISMO» - Berlusconi torna poi a parlare dei poteri del presidente del Consiglio. «Non ne ha - dice - Può solo convincere, utilizzare la propria moral suasion, ma poi deve trattare con tutti. Altro che cesarismo, altro che vezzi napoleonici dei quali vengo accusato solo perché un architetto mio amico ha visto due statue non esposte da 30 anni e ha pensato di utilizzarle nel luogo in cui vengono accolti i capi di Stato e di governo di tutto il mondo».
LE REAZIONI - Immediata la reazione di Antonio Di Pietro alle frasi del premier. «Cornuti e mazziati. Così il Presidente del Consiglio tratta gli italiani che, per colpa delle sue scelte sbagliate in campo economico, si ritrovano senza lavoro» dice il leader dell'Italia dei Valori. «E poi - continua - c’è ancora qualcuno che dice che viviamo in uno Stato democratico. Se questo fosse vero, il governo dovrebbe pensare ai cittadini, alle fasce sociali più deboli e non a difendere gli interessi dei soliti noti».
Il complesso ‘caso’ del ministro Brunetta
Ieri il ministro ‘castiga fannulloni’, Renato Brunetta, è stato ospite di un forum del quotidiano l’Unità. L’uomo appare molto compreso nel suo ruolo, forse troppo. Parlando di sè Brunetta si è definito ” “Mr. Brooklyn, gusto lungo” e poi “un riformista determinato di lunga lena”. Ed ancora “un vero socialista”, “più bravo di Tremonti” e senza macchia e paura “non porto a cena i sindacalisti”. Il ’socialista’ vero e puro ha una formidabile idea, “quella di vendere le ex case Iacp” e creare altri “ due milioni di nuovi proprietari”. Il ‘castiga fannulloni’ crede nella “lotta al comunismo” e non vede di buon occhio la Cgil di Epifani, diventata “sindacato che ormai è un partito”. Da repubblicano convinto “non festeggerà il 25 aprile”, perchè è una ricorrenza “egemonizzata”. Il pragmatismo efficientista del ministro, in verità, appare come un vacchio armamentario ideologico, nel quale il dogma della forza delle proprie capacità di interpretazione e direzione politica superano la ‘diualettica’, per diventare un discorso solitario, autocelebrativo e autoritario. Brunetta pensa che le scelte di titpo amministrativo ed urbanistico degli ultimi anni siano state una “architettura di stampo comunista” e per questo appoggia il ‘Piano casa’ di Berlusconi. “Io parto da un dato di fatto: la cultura delle regole ha prodotto l’abusivismo - ha detto il ministro - questo Paese è un Paese cattolico e ipocrita. Che si rifà a vincoli e piani regolatori per poi disattenderli. Si chiama azzardo morale. Si sottoscrivono patti sapendo di volerli rispettare”. Meglio allora il “fai da te”. Naturalmente i rapporti ’stretti’ tra amministrazioni pubbliche, partiti politici e grandi costruttori non rietrano nelle interpretazioni di Brunetta, così come le responsabilità di chi, grazie ad un mandato ricevuto dagli elettori, ha commesso anche reati, consentendo la devastazione dell’ambiente italiano. E basta spostarsi olteconfine, in Francia, per vedere che anche nelle aree peggio urbanizzate esistono dei criteri che nel nostro Paese non sono stati dissattesi dal ‘cattolicesimo ipocrita’, ma dalla corruzione. La foga ‘modernizzatrice’ ha permesso al ministro di elaborare un suo personale piano edilizio, facile da sintetizzare: vendere il milione di case ex Iacp. Ma non solo, perchè poi ci sono gli edifici di proprietà comunale, per cui si potrebbe arrivare anche a duee milioni di appartamenti. E voilà “avremmo così due milioni di nuovi piccoli proprietari”. E si tratterebbe di un vero affare, perchè òa vendita sarebbe a un prezzo capitalizzato d’affitto, intorno ai 30mila euro ad alloggio, secondo un calcolo del Sole 24 Ore. Una cuccagna, “se la comprano subito tutti” ha detto il ministro, anche “i fricchettoni” che “se la comprano e poi se la possono anche fumare”. Lo stato incasserebbe 20 miliardi e nessuna preoccupazione per gli attuali inquilini, che sono in gran numero anziani, perchè anche “questi hanno i figli”. Si deve solo tener conto che quel patrimonio immobiliare fu costruito moltissimi anni fa in aree periferiche, mentre oggi qurgli stessi quartieri sono diventati semicentrali. Per cui è facile comprendere come una vendita massiccia produrrebbe un fenomeno speculativo di dimensioni imprevedibili. Brunetta già pensa ad una sua autobiografia ed ha sostenuto durate il Forum: “Ho il 70-80 per cento del consenso rispetto alle cose che faccio”. “Per strada mi fermano gli insegnanti e mi ringraziano”. Lo criticano solo gli “insegnanti comunisti”. Molto chiare le idee di Brunetta sui precari del sistema pubblico, ma ancora ‘riservate’. Tuttavia non è lontano il tempo in cui si sapà. L’11 maggio, al precisto Forum della pubblica amministrazione, il ministro racconterà cosa ha scoperto grazie alle sue ricerche. Potrebbe addirittura avere un quadro preciso sul loro numero, collocazione, funzione. A spanne potrebbero essere circa 40mila, ma 10-12 mila saranno assunti. Quindi Brunetta ha annunciato “sorprese” per Raffaele Lombardo, presidente dell’Mpa: “La metà dei precari italiani è in Sicilia…”. E gli studenti dell’Onda? Quelli che aveva definito “guerriglieri”? Qualcuno aveva sostenuto che avrebbe dovuto chiesere scusa, ma lui “neanche morto”. Infine una nota sulla cultura politica di Brunetta. Pare abbia un tempo anche lui manifestato, “ma solo contro i brigatisti”. Sarebbe anche nella Cgil, “mi ha iscritto una ragazza di Padova, una terrorista, che non so che fine abbia fatto”. Informazione, naturalmente, tutta da verificare, perchè non si ha notizia di dirigenti di quel sindacato che fossero terroristi. Il ministro ha detto: “Da buon socialista sono anti comunista e quindi anche contro la Cgil”. Quando gli hanno ricordato che Guglielmo Epifani è socialista lui ha precisato: “Era socialista. I veri socialisti ora sono con Berlusconi”. La confusione di Brunetta nei confronti della storia politica del Paese è grande, così come appare difficile pensare che un socialista possa essere contemporaneamente ‘liberista’, ma questa stagione italiana permette a chiunque di sostenere qualunque cosa. E il Cavaliere? “Che piaccia o no è un vero leader”, ha anche salvato l’Italia “dalla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto” e “salvato la democrazia in Italia”. Berlusconi è “un leader di rango” che non ha mai detto di essere antifascista. Il ministro lo è, ma il premier fa bene a non festeggiare il 25 aprile. “E fa bene. E’ un festa egemonizzata” dai comunisti. C’è solo da pensare come avrebbero commentato Andrea Costa, Turati, Treves, Bissolati. E poi Matteotti, Morandi, Nenni, Pertini o De Martino. Per non citarli tutti. Certo, il ministro Brunetta era craxiano, ma questa è un’altra storia.