LA PETIZIONE DA FIRMARE

giovedì 5 marzo 2009

«Noi comparse, noi fantasmi dobbiamo elaborare un pensiero»


di Chiara Faiolo - La mia è una generazione senza futuro. Di comparse, quando va bene, di fantasmi, quando va male. Il problema più grosso è l'invisibilità. Cerchiamo faticosamente, con tenacia e puerile sicumera, di crearci attorno dei micro-mondi fatti di relazioni, il compagno di vita, gli amici, i figli che siamo riusciti ad avere e quelli che ancora vorremmo fare, e chissà se ci riusciremo mai. Ci chiudiamo in queste piccole stanze rassicuranti, dove tutto è, o ci sembra, come noi, dove troviamo, sappiamo di trovare, conforto, calore, familiarità, condivisione. Non viviamo di massimi sistemi, ma di piccole cose, di dettagli insignificanti e importantissimi, essenziali, vitali in ogni nostro giorno su questa terra. Cerchiamo anche di tenerci svegli, di accendere il nostro cervello la mattina, dopo il caffè, per ripeterci fino alla nausea che abbiamo un obiettivo, che senza progetti non si può vivere, che dopo uno ne verrà un altro. Leggiamo moltissimo, la TV è un brutto scatolone grigio che staziona in soggiorno solo per pigrizia, o abitudine familiare. Mi ricordo quando era appena nata mia figlia. Avevo la certezza che sarei riuscita a superare lo sconvolgimento che aveva portato nella nostra vita di adulti giovani e liberi solo leggendo. Mi ricordo che pensavo a quale libro leggere ancora prima di aver finito quello precedente, per la paura di restare senza. La finzione che ti àncora alla realtà. Dobbiamo elaborare un pensiero. Dobbiamo. Per vincere l'invisibilità. Per sapere di averlo. Perché pensare è futuro. Io sono iscritta a un dottorato di ricerca senza borsa di studio. Se c'è tanto allarme perché presto i dottorandi e i ricercatori spariranno dimenticati, noi senza borsa questa condizione la viviamo da sempre. Mai nessun distinguo, invisibili. Ma non riesco ad abbandonare. Si parla di letteratura, e attraverso questa di filosofia della politica, di critica sociale, di storia della cultura. Si parla del mondo di ieri per analizzare il mondo di oggi. Si cerca di interiorizzare categorie che permettano di capirlo, di interpretarlo. Di superarlo. Ne ho bisogno. Non posso fare senza. Mi serve per sopravvivere intellettualmente in questo mondo sempre più gretto. Personalmente ho trovato questo modo, ce ne sono altri. Per guadagnare faccio l'impiegata con una borsa di studio. Ripeto, di studio. Non sono contata nel personale, quando ci sono solo io è come se non ci fosse nessuno, sono invisibile. Tuttavia ogni giorno apro la porta, rispondo al telefono, rispondo alle mail, e non studio affatto, lavoro. Sono ricattabile, anche se ho capito tutto devo far finta di no e ringraziare per l’opportunità formativa che mi stanno dando. Per il nido comunale di mia figlia, se non fosse per un altro lavoro saltuario, sarei madre non lavoratrice. Però faccio 36 ore la settimana. Non ho maternità, non godo di un trattamento previdenziale. Non avrò mai un TFR. La borsista non è una madre lavoratrice, però lavora. Mi ripeto continuamente... questi sono i migliori anni della mia vita... Il problema più grosso è l'invisibilità. Se sei invisibile non hai prospettive, non hai un futuro. Questo oggi è un problema politico. La politica che tradizionalmente si rivolge a noi, generazione di anime alfabetizzate, non ha capito questo. Noi non siamo una categoria, e non vogliamo forse nemmeno esserlo. Non siamo "gli operai", non siamo "gli studenti" o "i pensionati". Siamo i precari? Senza dubbio, ma c'è così tanta disomogeneità che come si fa a definire questa una "categoria"? E' molto difficile raggiungerci, parlarci, trovare un linguaggio che vada bene per tutti come per ciascuno. Sappiamo che un obiettivo comune è quantomeno auspicabile, se non necessario, ma non sappiamo come si fa. Nessuno ce lo ha insegnato, e anche adesso chi dovrebbe guidarci è totalmente incapace di vederci per quello che siamo. Se sei invisibile, sei solo. La questione non è che gli elettori di Berlusconi sono di destra. Anche, certamente, ma il punto è che non si sentono invisibili. Si riconoscono in lui, nei tristi figuranti delle sue trasmissioni televisive, avevano bisogno di questo e l'hanno trovato. Non se lo lasceranno scappare. Si sentono fortissimi. Il nostro avvizzimento è il loro principale alleato. La nostra solitudine, la paura di parlare delle nostre aspirazioni e desideri, l'incapacità di uscire da quelle stanzette, di difendere la nostra identità. Sono stata cresciuta da un padre di un rigore disarmante, per il quale la logica, la coerenza, la correttezza non sono mai state opzionali. Ora mi sembra di vivere nel mondo dell’assurdo e l’istinto più forte che ho è di fuggire e portare via mia figlia da questo paese senza speranza. E' così faticoso ridisegnare ogni giorno i nostri contorni sempre più evanescenti che ci sentiamo debilitati, deboli, dove invece il paradigma dovrebbe essere "la forza fa l'unione". Questo è il problema di una certa politica, di un certo Paese, nel nostro oggi. Un debole esercito di comparse, quando va bene, di fantasmi quando va male.

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