LA PETIZIONE DA FIRMARE

lunedì 20 ottobre 2008

Il seme che non potrà crescere

Il seme che non potrà crescere. Una parabola del Vangelo, con la quale spesso ci ammonivano, diceva: i buoni semi non germinano se finiscono fuori solco, sul terreno non lavorato o poco ben preparato. In queste settimane in tutta Italia sta crescendo la protesta nel mondo della scuola pubblica e la ricerca. Il buon seme - le elementari - in testa, le Università, i Centri di ricerca, le insegnanti, le mamme, gli studenti, i docenti, i ricercatori, scendono in piazza. Con le decine di migliaia di precarie e precari minacciati di licenziamento, molto spesso cinquantenni. Sanno che la ministra Gelmini e il ministro Brunetta (la prima ha ricevuto l'abilitazione da Avvocato a Procuratore in uno dei tanti concorsi farsa non indagati, Brunetta risulta tra i parlamentari europei più assenteisti), sono ministri che si guadagnano da vivere, dimostrando al Governo di saper distruggere la formazione e la conoscenza di questo Paese. Il loro obiettivo è stroncare il sistema pubblico, per affermare il loro sistema privatistico che promuove le caste e si finanzia con i soldi pubblici. Come sta avvenendo ora con le Banche. Brunetta dei ricchi e poveri: da alle banche togliendo alla scuola e alla ricerca. Come può un Paese crescere in questo modo? Brunetta vuole il Paese a sua immagine e somiglianza: un seme che non potrà crescere. Ma l'opinione nostra è diversa e le parole chiare: «Noi non pagheremo la vostra crisi» e «Il futuro è di chi lo ricerca ».

Il seme che non potrà crescere. Il Presidente del Consiglio, facendo una figuraccia mondiale, ha chiesto all'UE uno slittamento delle politiche contenute nell'accordo «Europa 2020»: entro il duemilaventi per salvare il clima, propone di conseguire la riduzione del 20% gli sprechi di energia elettrica, di ridurre del 20% le emissioni di CO2 e di aumentare del 20% l'efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Perchè rinviare? Perchè c'è la crisi e le nostre imprese, dicono lui e Confindustria, non possono investire in innovazione e risparmio energetico (tanto la bolletta, qualunque essa sia, la paghiamo noi). Di fronte allo sfascio del sistema finanziario capitalistico, nessuno si preoccupa dell'economia reale e degli elementi veri della crisi, comune a tutti i sistemi produttivi, dell'attuale modello legato al petrolio e alle altre fonti fossili, con un livello insostenibile di emissioni di CO2 per unità di prodotto, e di altri gas che alterano il clima.

L'altro giorno alla FAO, per la giornata mondiale dedicata all'alimentazione, si è discusso della crisi alimentare dovuta alla limitatezza della risorsa idrica, conseguenza ulteriore dei mutamenti climatici e dei processi di desertificazione, vero flagello dell'umanità. Quindi della necessità di trovare alternative nelle fonti rinnovabili durevoli, come il biodisel da biomasse non alimentari, tra gli altri l'olio di jatropha con un progetto che seguo in Madagascar.

Al contrario in Italia, paese “d'o sole”, con questa politica neppure il seme delle fonti rinnovabili crescerà, eccetto la Puglia dove abbiamo invertito la rotta e investito in ricerca e innovazione. Al contrario, il nostro Governo centrale rinuncia alla ricerca e alla formazione.

Il seme che non potrà crescere. Nei giorni scorsi valorosi agricoltori, produttori di grano dell'Appennino e del Tavoliere, hanno simbolicamente bloccato il porto industriale di Manfredonia. Li stava attraccata una nave con la stiva piena di grano proveniente dal Messico. Un centinaio di TIR in uscita doveva distribuire questo grano ai nostri mulini, evidentemente. Obiettivo della protesta, era quello di prelevarne un campione per esaminare la sua qualità. Tutti sappiamo del nuovo impegno delle associazioni di categoria, la Coldiretti e la CIA, verso la tutela dei consumatori e dei nostri prodotti di qualità. Durante il blocco i dimostranti osservano con stupore che per tanti camion in uscita altri ne entrano. Anche questi pieni di grano, prodotto però nel nostro straordinario granaio, destinato ad essere imbarcato per chi sa dove. Ecco svelato il marcio di una globalizzazione dei mercati folle e idiota. Antieconomica ed antiecologica. Nessuno si preoccupa di quanta CO2 viene emessa per questo sconfortante, doppio passaggio di mercato. Chi ha partecipato alla protesta ha confermato per questo anno di non voler seminare: i costi delle sementi e delle lavorazioni sono improponibili per il valore riconosciuto ad un quintale di grano di pregiata qualità. Se posso permettermi un appello al Presidente Vendola, alle associazioni degli agricoltori e agli industriali pugliesi: senza una politica agricola, sviliamo gli agricoltori, facilmente seducibili dai lauti canoni di affitto proposti dalle compagnie per impianti solari ed eolici. Piuttosto che sacrificarsi a produrre inutilmente buon grano da scambiare con altro grano rischiamo di sostituire. Perché allora non creare mulini, pastifici e forni per le zone vocate della Capitanata, a cominciare dall'Appennino, dove le buone lavorazioni fanno crescere rigogliosamente quel seme ricordato dal Vangelo. Una buona pratica per contribuire ad accorciare la filiera dei prodotti, dalla terra alla tavola, soprattutto riducendo il prezzo della nostra spesa. Una politica alimentare per mettere a riparo i consumatori con il Made in Puglia di buona qualità alimentare. In questo modo il valore aggiunto del nostro seme, del nostro lavoro, sarebbe di gran lunga economicamente più vantaggioso. Invece degli inutili e costosi doppi viaggi da far compiere al grano, così come voluto dal mercato. Lo stesso che ha affossato le borse e fatto vittime a milioni, anche tra i nuovi poveri nel Mondo.

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