LA PETIZIONE DA FIRMARE

martedì 24 marzo 2009

Importante sentenza su mobbing

Una sentenza incoraggiante dalla Cassazione: e nel nostro caso i ricatti, le minacce di licenziamento, i discorsi sibillini e quindi i licenziamenti veri e propri, spesso "mirati", non costituiscono forse mobbing???


Una sentenza della Cassazione dà ragione a una lavoratrice di milano

Troppi rimproveri sono mobbing

Reintegrata un'impiegata licenziata

Alla dipendente è stato anche riconosciuto un danno "biologico" pari a 9.500 euro

ROMA - Anche ai rimproveri ci deve essere un limite. Almeno a quelli sul lavoro. Infatti, se si eccede sempre contro lo lo stesso dipendente, sul posto di lavoro, costituiscono mobbing e come tale devono essere risarciti. Parola di Cassazione che ha confermato il risarcimento per danno biologico pari a 9.500 euro, a una impiegata milanese che per nove mesi, dal gennaio al settembre 1999, era stata sottoposta dal datore di lavoro a «ripetuti rimproveri orali» davanti ai colleghi di lavoro, fino ad essere pure licenziata.

LA VITTIMA REINTEGRATA SUL POSTO DI LAVORO - Secondo la Sezione Lavoro della Suprema Corte, che ha respinto il ricorso della società Ivm. srl, legittimamente la Corte d'Appello di Milano, ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro di Anna D., oltre al riconoscimento dei danni da mobbing sulla base «dei rimproveri orali da parte dei superiori che venivano effettuati adottando toni pesanti e in modo tale che potessero essere uditi dagli altri colleghi di lavoro». Anna D., ricostruisce la sentenza 6907 di piazza Cavour, era stata assunta nel marzo dell'87 come centralinista, per poi passare alla gestione dei cartellini e alla elaborazione delle agende dell'azienda. Poi dal gennaio '99 fino a settembre dello stesso anno la responsabile dell'azienda aveva iniziato a prenderla di mira, consigliandole di trovarsi un nuovo lavoro in un'altra azienda perché la società non era più soddisfatta del suo lavoro. Quindi erano seguite tre contestazioni che avevano poi portato al licenziamento dell'impiegata. La vicenda di Anna D. è finita in tribunale e sia in primo che in secondo grado (Corte Appello Milano, aprile 2005), i giudici avevano ritenuto eccessivo il provvedimento di espulsione, riconoscendo all'impiegata il danno da mobbing nella somma di 9.500 euro sulla base del fatto che i continui rimproveri le avevano procurato un danno biologico, «sia pure modesto», nella misura del 6%.

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