LA PETIZIONE DA FIRMARE

martedì 4 novembre 2008

Se Brunetta gioca con le faccine

Il ministro propone le ‘emoticon’: così il cittadino esprimerà il suo consenso alla pubblica amministrazione. Mentre la Fp Cgil sciopera contro l’ipotesi di rinnovo del contratto

“Il mio sogno è che si realizzi un sistema che permetta uno scambio di ‘emoticon’ in tempo reale dal cittadino alla pubblica amministrazione: le ‘faccine’ per esprimere ‘bene, male, così-così’”. Il giorno in cui la Funzione pubblica ha manifestato in varie città del centro Italia in protesta contro l’ipotesi di rinnovo di contratto (aumenti di 45 euro nel prossimo biennio, nessun futuro per i 57 mila precari del settore), il ministro Brunetta, durante una conferenza stampa a Montecitorio, ha annunciato che è allo studio un nuovo programma per consentire alla gente di “inviare delle faccine” e dialogare così con la pubblica amministrazione. Attraverso questo sistema, il cittadino dovrebbe poter esprimere il grado di soddisfazione su “una delle milioni di transazioni che si fanno ogni giorno” con lo Stato. Inoltre, ha aggiunto Brunetta, si tratta di “un modo per avere, in tempo reale, il gradimento sulla Pubblica amministrazione. Se qualcuno avrà il record delle faccine negative qualcosa deve succedere: o cambia o cambiano i dirigenti”. Mentre i giornalisti parlamentari assistevano (vagamente allibiti, immaginiamo) all’utilità delle “faccine” per rimettere in piedi la dissestata macchina dello Stato, i lavoratori manifestavano per le vie di Roma, di Firenze e di alcune altre città del centro Italia. Nel pomeriggio di ieri è giunta puntuale la “guerra” sulle adesioni: oltre il 30% (addirittura il 50% nel comparto dei ministeriali) secondo Carlo Podda, il segretario Fp Cgil; il 10,95% a detta del ministero. In piazza, nella Capitale, si sono dati appuntamento circa 20mila lavoratori. Durante il comizio finale, lo stesso Podda ha ribadito “quelli che secondo noi sono i tre problemi principali: l’aumento proposto per il rinnovo dei contratti, 70 euro lordi al mese, che è solo la metà dell’inflazione programmata; i 57mila lavoratori precari; le risorse sottratte alla busta paga dei dipendenti del settore sanità e delle agenzie fiscali statali e parastatali, tra i 50 e i 250 euro al mese”. Al corteo, ha aggiunto, hanno partecipato anche “i lavoratori del comparto beni culturali per i quali il lunedì è un giorno di riposo e nonostante questo hanno voluto essere presenti”. Nei giorni scorsi Guglielmo Epifani, aveva definito l’accordo separato sul Protocollo per il rinnovo del contratto (firmato da Cisl e Uil con Brunetta) “un errore che non rimarrà senza conseguenze”. Bonanni, segretario generale Cisl, aveva replicato che “la Cgil è uscita dal tema del contratto degli statali, e così si rafforza il qualunquismo scavalcando il sindacato nei rapporti tra controparte e governo”. Ieri il suo vice Baretta ha sottolineato che “la Cgil continua a sostenere che il contratto è inadeguato ma con questo sistema non si può fare di più. Semmai – ha continuato – si può tenere in considerazione non più l’inflazione programmata ma il suo livello revisionale”. Il confronto sulla nuova modalità di calcolo dell’inflazione rientra nel più ampio confronto tra organizzazioni imprenditoriali e sindacati sul “nuovo modello contrattuale”. Ma la trattativa è in alto mare. Così come sono piombate nel caos più assoluto anche le relazioni sindacali in altre categorie significative. Se i prossimi scioperi, già proclamati dalla Fp-Cgil, si svolgeranno il 7 e il 14 novembre e riguarderanno rispettivamente i lavoratori del Nord e del Sud Italia, va segnalato che il 15 novembre sciopereranno anche i lavoratori del commercio e servizi (grande distribuzione, imprese di pulizia, vigilantes privati, operatori turistici) aderenti alla Filcams-Cgil, mentre il 12 dicembre sarà la volta dei metalmeccanici della Fiom. Il governo ha saputo spaccare l’universo sindacale, oltre le migliori aspettative della vigilia. Non è detto, però, che il meccanismo produca consenso, nel medio periodo, tra i lavoratori. Fiaccati ogni giorno di più dalla crisi economica e dalle sue conseguenze.

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