LA PETIZIONE DA FIRMARE

martedì 2 giugno 2009

Ma che sta succedendo al Ministero dell’ambiente?

Soppresso il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche sostituito con una Commissione e corre voce che la stessa sorte spetti anche alla segreteria tecnica per la aree marine protette, per non parlare dell’Ispra dove si respira già aria di smobilitazione a causa della totale assenza di prospettive

LIVORNO. Ma che sta succedendo al Ministero dell’ambiente? Tante, troppe voci si addensano sul dicastero di Via Cristoforo Colombo. Si è inteso sopprimere il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche sostituendolo con una Commissione e corre voce che la stessa sorte spetti anche alla segreteria tecnica per la aree marine protette, per non parlare dell’Ispra, l’ente nato solo otto mesi fa e dove si respira già aria di smobilitazione, per la totale assenza di prospettive. Ma andiamo con ordine: «Si chiamerà ISPRA, Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, il nuovo organismo nato dall’accorpamento di Apat (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici), Icram (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare) e Infs (Istituto nazionale per la fauna selvatica): è quanto disposto dalla L. 133/2008 (G.U. 21 agosto 2008) che ha convertito, con modifiche, il Decreto Legge 112/2008». Sono passati otto mesi (era il 25 agosto 2008) da quando sul sito del Governo è stato pubblicato questo annuncio, che spiegava che «l’istituzione del nuovo ente rientra tra le misure di semplificazione volute dal governo, al fine di razionalizzare le strutture tecniche statali e snellire le attività di gestione, garantendo maggiore efficienza e contenimento della spesa». L’Ispra sta sotto la vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e si legge ancora nella nota del Governo «svolge le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, dei tre enti predetti: l’APAT svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell´ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo; l’ICRAM è un ente di ricerca e sperimentazione che fornisce istituzionalmente supporto alle politiche delle Amministrazioni centrali competenti e agli Enti Territoriali nella risoluzione delle problematiche ambientali marine, anche attraverso la predisposizione di linee di indirizzo per lo sviluppo sostenibile; l’INFS censisce il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, ne studia lo stato ed elabora progetti con l’obiettivo di una riqualificazione faunistica del territorio nazionale». Viene posto a capo del nuovo organismo un commissario, il prefetto Vincenzo Grimaldi, su nomina del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Sono passati otto mesi, e a capo dell’Ispra c’è ancora il prefetto Grimaldi, non è stato varato uno statuto unico, ma permangono i precedenti statuti dei tre enti confluiti, e nonostante si continuino ad individuare compiti e a dare competenze a questo nuovo organismo, (l’ultima riguarda il supporto tecnico-scientifico e operativo alla nuova Commissione che la Prestigiacooha individuato in sostituzione del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche che verrà soppresso) non è chiaro quale sia il suo reale futuro. Anche perché per svolgere tutte le funzioni che gli sono state assegnate, è necessario che vengano garantite risorse economiche ed umane. E questo non sembra invece accadere nella misura necessaria. Già ad ottobre, con i tagli alla spesa pubblica operati dal Governo, che hanno significato centinaia di ricercatori mandati a casa entro la fine dell’anno, si è cominciato a togliere la sabbia sotto le fondamenta. E si è iniziato a delineare quale sarebbe stato il futuro dei controlli ambientali nel paese, della ricerca sul mare e sulla fauna selvatica e dei ricercatori ad esse correlate. Il caos. Quello che sembra essere venuto meno in questa operazione è la mission, al di là delle funzioni messe sulla carta, le prospettive dell’Istituto, il suo posizionamento rispetto ad analoghe strutture nel resto d’Europa (anche se è difficile trovarne di simili); quale il destino dei progetti avviati e delle convenzioni per l’attività di supporto agli enti pubblici (periferici oltre che centrali). In un completo abbandono al proprio destino delle persone che questi progetti garantivano venissero portati a termine, che venissero rispettati i tempi previsti e svolte le attività regolate da specifici contratti con i soggetti Pubblici e Privati. Una situazione che porterà se non affrontata allo sgretolamento progressivo delle strutture afferite ad Ispra, con una lenta emorragia delle migliori professionalità che in essa lavorano, che, non soddisfatti di timbrare un cartellino, cercheranno un riposizionamento in altri enti. E’ questo il disegno che sta dietro alle «misure di semplificazione volute dal governo, al fine di razionalizzare le strutture tecniche statali e snellire le attività di gestione, garantendo maggiore efficienza e contenimento della spesa»?

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